La competitività sulle banchine? Si rivela più come un miraggio in cui le storture della burocrazia italiana incontrano un deficit di visione strategica che attanaglia il sistema portuale italiano. Ad affermarlo è l’avvocato Massimiliano Grimaldi, esperto di diritto dei porti e insignito del premio Avvocato dell’Anno (Boutique di eccellenza), Diritto dei Trasporti nell’ambito delle FONTI AWARDS 2017.
«La crescita dei nostri porti – afferma – sconta un ormai endemico ritardo nell’attuazione delle norme. L’assenza poi di una reale e globale politica nazionale dei trasporti così come la sovrapposizione delle competenze amministrative compromettono nelle fondamenta l’azione di governo dei porti italiani». Per Grimaldi, rendere gli scali italiani davvero competitivi e recuperare traffici sta diventando sempre più complicato e varie sono le ragioni alla base di questa evidente difficoltà.
Una di queste è rappresentata dal mancato aggiornamento del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica (PGTL), che dovrebbe contenere le linee strategiche delle politiche della mobilità delle persone e delle merci, ma la cui ultima stesura risale al 14 marzo del 2001.
Anche il primo Documento pluriennale di pianificazione (DPP) che avrebbe dovuto essere redatto in coerenza con il PGTL – e contenere l’elenco delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese – non ha mai visto la luce. «Carenze di non poco conto, soprattutto se consideriamo che gli strumenti in questione costituiscono le fondamenta indispensabili per una coerente ed efficace politica globale dei trasporti» è il j’accuse del giurista.
Grimaldi ritiene che il Paese abbia avuto sino ad oggi un approccio spesso miope ai temi del rilancio e dello sviluppo della competitività portuale italiana: «La recente riforma della legge 84/94 (riforma Del Rio) ne fornisce purtroppo l’ennesima prova».
L’avvocato marittimista denuncia in particolar modo la scarsa attenzione che il legislatore ha dedicato al Sistema idroviario del Nord Italia, che collega i porti interni di Cremona e Mantova e che è stato definito di preminente interesse nazionale dalla legge n. 380/90.
«Con il secondo regolamento europeo del Connecting Europe Facility – spiega – l’intera connessione fluvio-marittima che da Milano (in prospettiva) raggiunge l’Adriatico è stata riconosciuta come Sezione del Corridoio Prioritario Mediterraneo. Ebbene, a fronte di tutto ciò e del fatto che il trasporto fluviale su questa direttrice consente di collegare il tessuto produttivo lombardo (uno dei più importanti d’Europa) con l’offerta di collegamenti marittimi dei porti dell’Adriatico, è stata varata una riforma portuale priva di ogni invece necessaria interazione con la modalità di trasporto per idrovie interne».
Soltanto in sede di Correttivo porti si è giunti quantomeno alla modifica dell’art. 11-ter includendo il trasporto per idrovie interne fra le modalità da considerare nell’ambito del coordinamento delle politiche di sviluppo della portualità in connessione con le altre reti di trasporto. Per Grimaldi si tratta comunque di un provvedimento solo parzialmente efficace: «Mi sembra evidente che non possa essere questo il modo di procedere se si vuole davvero puntare su una piena valorizzazione della portualità e della intermodalità».
A suo giudizio non si può continuare a lasciar operare le imprese in un contesto di incertezza normativa. «Ad oggi non sono state emanate le disposizioni di aggiornamento e coordinamento della normativa di settore rispetto al Regolamento (UE) 2017/352 che si applica a decorrere dallo scorso 24 marzo e che ha istituito un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti. Tutto questo sta portando a continui contenziosi (specie in materia di autoproduzione) che certo non giovano allo sviluppo dei traffici e dei porti».
A tutto questo si aggiunga il problema della sovrapposizione delle competenze, a suo tempo già denunciato su Port News da Pietro Spirito, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale. Grimaldi cita il caso emblematico della disciplina delle procedure per l’affidamento delle concessioni di aree e banchine per l’espletamento di operazioni portuali: «Nel 1994, in attuazione dell’articolo 18 della legge n. 84, il Ministro dei Trasporti avrebbe dovuto emanare uno specifico decreto con cui disciplinare la materia in conformità alla normativa comunitaria; tale decreto non ha mai visto la luce e solo nel febbraio del 2018 il Ministero ha dato qualche indicazione alle autorità competenti attraverso una semplice circolare».
Peraltro sulla stessa materia è intervenuta nel maggio del 2018 l’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) con la delibera n. 57/2018, recante l’approvazione di metodologie e criteri per garantire l’accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture portuali, di fatto sovrapponendosi al Ministero. Grimaldi sottolinea l’importanza di una adeguata distinzione dei ruoli e delle competenze dei vari attori nel settore. «Le imprese hanno bisogno di interlocutori affidabili e di regole chiare e certe – conclude – e sinceramente nutro qualche perplessità sul fatto che la riformulazione dell’articolo 8, comma 3, lettera n), della legge n. 84 operata in sede di Correttivo possa rispondere in modo efficace a questa esigenza».