Fortezza Vecchia di Livorno - Arcate cortile d'armi
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Memorie

Livorno d'altri tempi

Bollettino portuale di fine secolo XVII

di Guido Battelli

Brano tratto dal Bollettino Storico Livornese n. 1 del gennaio-marzo 1937

In un volume delle Carte Strozziane (106, La serie) dell’Archivio di Stato di Firenze si conserva una interessante relazione sul commercio del porto di Livorno nell’anno 1674. Essa è anonima, ma si comprende che è stata scritta da persona bene informata e per servizio della Corte granducale. Vi si danno infatti esatte notizie sulla flotta dei Cavalieri di Santo Stefano, sul traffico delle merci, sui cambi e su le navi da corsa, che allora erano considerate perfettamente legittime.

Il granduca Cosimo III, che da giovane aveva fatto lunghi viaggi nella Spagna, in Portogallo, nelle Fiandre e in Inghilterra e che sotto la guida del suo segretario Lorenzo Malagotti aveva avuto occasione di veder da vicino il fiorente commercio degli scali atlantici, poneva il massimo interesse al suo porto di Livorno e alla sua marina, sia militare che mercantile. Egli capiva troppo bene che solo trovando uno sbocco oltremare ai prodotti delle manifatture fiorentine sarebbe stato possibile ravvivare quelle industrie tessili della lana e della seta che in altri tempi avevano formato la ricchezza di Firenze, ed ora andavano languendo per spietata concorrenza delle fabbriche inglesi e fiamminghe. Fedele alla Spagna per interessi dinastici e per tradizione più che secolare, egli sperava di potere avviare proficui commerci con le vaste colonie che essa possedeva nel Nuovo Mondo.

Aperto con saggia previdenza a tutte le genti d’Europa, il porto di Livorno offriva un curioso spettacolo di mescolanza di razze di lingue e di religioni: vi eran protetti così gli ebrei come gli ortodossi, e i protestanti fiamminghi e olandesi; e le navi corsare, che pirateggiavano le coste di Barberia e del Levante, vi traevano non di rado torme di schiavi mussulmani. Fiorentissimi i cambi, che si facevano per nove piazze d’Europa, e largamente praticata l’assicurazione contro i sinistri marittimi.

Questa relazione non è isolata, ma fa parte di tutta una serie che riguarda i paesi d’oltremare; dal che si comprende quanta larghezza di vedute – almeno in questo campo – avesse il governo d’allora. Ecco, senz’altro, l’interessante documento.

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[…] Livorno traffica parimente in ogni sorte di mercanzia, e ci sono genti di tutte le nazioni, e particolarmente vi hanno di molte case di negozio gli Inglesi, i Fiamminghi, i Francesi, gli Armeni, molti Fiorentini, alcuni Genovesi, Veneziani e Lucchesi, e gran quantità d’Ebrei.

Il porto è buonissimo, di gran capacità e sicurezza, havendo spiaggia buonissima, e dove concorrono gran quantità di navi inglesi; ma al presente partano e vengono convoiate con navi da guerra, stante la rottura con Algieri, e portano gran quantità di salumi, pannine, pepi, piombi, stagni et altre mercanzie d’Irlanda e Bristol, cioè cuoia, doghe, salomone e zuccheri.

Li fiamminghi lo frequentano con i loro convoi che vengono ricchi di spezierie, vacchette, zuccheri raffinati, robbie, pannine, piombo, ferro, telerie, salnitro e merci d’Indie Orientali, et alcune volte con grani, quando l’Italia ne ha bisogno; e detti convoi toccano il più delle volte diversi porti di Spagna, e di Cadis levano reali e argento in platta, cocciniglia, indaco e altri frutti della flotta di nova Spagna. E di Livorno, doppo di aver scaricate le mercanzie destinate per quivi, ricaricano per Smirne quel c’hè caso di mercanzie, secondo il bisogno, e se ne passano in Levante, et al ritorno fanno scalo qui, lasciando molte mercanzie di Levante, cioè sete, cotoni, corami, cere, fili di capra e semensini, telerie e droghe, dane, mocaiardi, ciambellotti, tappeti, manifatture di cotone e filo di capra, robe di Persia; e qui caricano allumi, risi, galle, anaci, tartaro, giaggiolo, le medesime mercanzie di Levante che sono in questi magazzini, e così tornano alla patria e lasciano per i porti di Spagna parte del carico, a dove tanto nel venire che nell’andare perdono molto tempo. Similmente le navi inglesi, dopo aver scaricato le loro mercanzie, alcune se passano in Levante e caricano quelle merci, molte per il Zante e Cefalonia a caricare uve pàssare. Questi sono porti dei Veneziani; il primo ha più traffico.

Gli Inglesi vi tengono i loro fattori e si fanno servire da’ Veneziani, e li più passano in Puglia a caricare olii, et alcuni altri passano a Venezia con le medesime mercanzie che portano qui, e ricaricano drappi di seta e d’oro et altre mercerie, specchi, etc. E nel golfo, per la costa d’Italia, caricano zolfo e risi; e di più, di Livorno levano molte seterie e drappi di Fiorenza et alcuni di Lucca e mercanzie grosse ancora, come sarebbero tartari, solfi, risi, ireos, acciughe, anici, zibibbi, nocciole, olii di Calci, vini e verdee di Fiorenza, olii di Riviera di Genova e limoni.

Le navi amburghesi vengono qua di Amburgo e di Moscavia, e di questo luogo portano i caviali, vacchette, pesci salomoni, doghe, cuoia, cera, pellami e catrame e tavole, e quelli d’Amburgo le medesime mercanzie che portano le navi fiamminghe.

Di Francia compariscono molti vasselli, e qui si spediscono per Alessandria, Palestina, Alessandretta, Cipro, Malta, Smirne, Sicilia et altri porti d’Italia e di Levante, e molti altri vasselli si spediscono per li scali di Barberia e per sale.

Sono in Livorno circa a 20 navi di diversi particolari e diversi altri barcherecci che sono nolleggiati per il Mediterraneo e navigano sino a Lisbona. Ci sono ancora 5 navi di bravi corsali, cioè due del sig. capitano Giov. Francesco Cardi, comandate da due suoi parenti; una del sig. capitano Francesco Franceschi, una del capitano Corvara e una del capitano Arrigo Cantelmo, che questa ha reso bordo [è ferma per riparazioni, ndc.], e l’altre corseggiano le coste di Barberia e per il Levante.

Ci sono quattro galere della religione di Santo Stefano comandate dal sig. cavaliere Mattia Ricasoli, e sono le meglio armate e corredate che vadino attorno, e vanno tre d’esse quasi ogni anno in corso, e quando ritornano alcune d’esse vanno a Palermo e Messina per caricar sete, conducendole per qui e per Genova e talvolta di Marsilia.

È mercato che fornisce diverse parti d’Italia e ci è pronto esito di ogni sorta di mercanzia, e le mercanzie che passano fuori godono franchigia di gabella, e ci è larghezza per provvedere le navi di vettovaglie, sarchiami, legnami e d’ogni sorta di bastimenti e si cambia per 9 piazze, cioè per Londra, Amsterdam, Lione, Venezia, Genova, Napoli, Roma e fiere di Besanzone; et a’ cambi marittimi seguono diversi negoziazioni, e ci sono assicuratori buoni.

 

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