«Non abbiamo bisogno di super-poteri ma di essere messi in grado di rispondere alle esigenze di un mercato che richiede infrastrutture adeguate e all’altezza delle nuove sfide che stiamo affrontando. Cerchiamo di profittare, non biecamente, ma positivamente di questo momento critico per cominciare a definire nuovi paradigmi di agibilità operativa», il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna, Massimo Deiana, lo afferma a Port News pochi giorni dopo la decisione da parte del Ministero delle Infrastrutture di disporre lo stop ai collegamenti marittimi per passeggeri dalle due isole maggiori del Paese.
«Si tratta di una fase particolarmente difficile per tutti. Anche per la Sardegna: dai nostri porti passa la totalità delle forniture alimentari e sanitarie di prima necessità – dice Deiana – dobbiamo affrontare il contingente con senso di responsabilità istituzionale e spirito di abnegazione ma parimenti non dobbiamo dimenticate di guardare al nostro futuro, a quel futuro che cominceremo a vivere quando ci saremo messi tutta questa situazione alle spalle».
Secondo il numero uno dei porti sardi una PA efficiente deve oggi poter operare con una sorta di “strabismo virtuoso”: un occhio fisso al presente, l’altro puntato sul domani. Purtroppo, «l’emergenza Coronavirus ha accentuato gli elementi di criticità di cui da tempo soffrono le nostre amministrazioni: come presidenti dell’AdSP siamo prigionieri di un combinato disposto di norme che limita notevolmente i nostri spazi di manovra».
Deiana cita esempi concreti: «Poco tempo fa, in Sardegna, l’AdsP – assieme a Regione, Provveditorato delle Opere Marittime, Capitaneria di Porto e Agenzia del Demanio – ha chiuso una Conferenza dei Servizi accogliendo all’unanimità la possibilità di rieditare quei vincoli paesaggistici che bloccano i programmi di espansione dello scalo portuale cagliaritano. Ci troviamo però oggi in una situazione di stallo perché il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha impugnato la nostra decisione davanti alla presidenza del Consiglio dei Ministri».
Siamo, insomma, «in un Paese dove pezzi dello Stato bloccano l’operatività di altri pezzi dello Stato». Deiana lo dice convintamente, chiamando in causa anche l’ultima Finanziaria, che prevede come a decorrere da quest’anno, le Autorità di Sistema Portuale non possano effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2016, 2017 e 2018.
A Cagliari il risparmio chiesto dalla legge di bilancio è di circa 10 milioni di euro sui 20 milioni di euro di spesa corrente interessata dai tagli: «Si tratta di una misura definita sulla base di criteri di mera contabilità generale che rischia però di mettere in ginocchio un’Autorità di Sistema chiamata gestire sette porti. Il presidente di Assoporti, Daniele Rossi, ha ragione quando chiede una revisione della norma che dimezza i nostri bilanci senza tenere conto di quelle che sono le esigenze degli scali portuali italiani».
Elasticità, elasticità, elasticità. Di questo ha bisogno il sistema portuale nazionale: «I porti devono poter adeguare le proprie infrastrutture alla crescita dimensionale del naviglio, e devono poter garantire al cluster marittimo tempi certi. Va detto che molte delle opere di ammodernamento di cui necessitano i nostri scali (dragaggi, adeguamento delle canalette di accesso) richiedono dai tre ai quattro mesi di lavori».
Un tempo relativamente corto: «Il problema è che prima di arrivare alla realizzazione di queste opere occorrono, se va bene, tre anni per ottenere una mezza dozzina di autorizzazioni, da quelle archeologiche a quelle paesaggistiche. Pensiamo soltanto a quanto sia faticoso oggi poter smaltire il materiale di escavo o reimmetterlo in mare: ci vogliono minimo 12 mesi di osservazioni periodiche».
Così non si può andare avanti. Ecco perché servono delle misure straordinarie: «Il modello Genova ha dimostrato come in casi eccezionali si possa operare in deroga alle normative attuali pur continuando a garantire elevati standard di sicurezza e controllo: oggi stiamo per completare il nuovo Ponte Morandi in un tempo che in condizioni ordinarie avrebbe consentito di partorire a mala pena un progetto preliminare».
IL Dl Morandi potrebbe essere un case study da estendere a tutti le opere infrastrutturali del Paese? Deiana non dice di no anche se afferma di non essere innamorato di un modello di riferimento preciso e cita come altri esempi virtuosi sia il DPCM col quale, nel 2012, furono assegnati al commissario straordinario Sergio Prete poteri speciali per lo sblocco di alcune opere strategiche sul porto di Taranto sia lo Sblocca Italia del 2012 che ha concentrato in capo all’amministratore delegato di FS una serie di poteri approvativi per accelerare le fasi procedurali relative alla realizzazione dell’Ala Velocità sulla Napoli-Bari (l’istruttoria tecnica in luogo della Struttura di missione del Mit e l’approvazione dei progetti in luogo del Cipe).
«Tutti questi modelli vanno bene. Ciò che ci preme davvero ottenere è la possibilità di essere competitivi sul mercato: servono forme semplificate di Conferenze dei Servizi, tempi contingentati per i pareri, poteri straordinari per far fronte alle emergenze».
Il numero uno della Port Authority sarda ricorda quanto affermato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti in occasione dell’ultima Conferenza dei Presidenti delle AdSP: «Il Ministro De Micheli lo ha detto chiaramente: i porti sono un anello fondamentale della logistica italiana. Si tratta di un’affermazione non banale né scontata che ci aspettiamo possa presto avere una concreta applicazione nella vita di tutti i giorni. Però non c’è tempo da perdere: a emergenza finita dovremo dare un segnale importante di ripresa a tutta la comunità internazionale. Se non vogliamo soccombere dovremo dimostrare di poter ripartire con un passo diverso rispetto al passato».