Interventi

Impronta verde

Porti e ambiente, da mero adempimento a variabile strategica

di Domenico Spinelli

Managing Director di Wide Pilot

Negli ultimi anni si è assistito, sulla scorta del cambiamento climatico, all’intensificarsi delle politiche ambientali nel settore marittimo e portuale. Da un lato le normative europee e le direttive IMO incentrate sulla nave e i carburanti, dall’altra le norme nazionali (in particolare quelle introdotte dal legislatore in maniera organica con la riforma portuale del 2016 e demandate alle nuove Autorità di Sistema Portuale), caratterizzate da una forte attenzione al risparmio energetico e al monitoraggio ambientale.

Ne deriva la possibilità di isolare due ambiti di analisi: la nave e il porto. Il trasporto marittimo può essere inquadrato all’interno del trend della riduzione delle emissioni e della decarbonizzazione del sistema dei trasporti globali, tenendo conto che nel 2015 lo shipping ha contributo per circa il 2,6% di tutte le emissioni globali (qualcosa come 10 miliardi di tonnellate di CO₂).

Il porto va considerato come il fulcro di un sistema interconnesso dei trasporti via mare, orientato a garantire livelli di servizio a basso impatto ambientale a tutela degli operatori e del territorio circostante.

Il complesso sistema di norme e rimandi in materia ambientale non può essere visto come un mero adempimento ma come la stella polare del posizionamento strategico dei porti commerciali e turistici. Ripensare le operazioni logistiche in termini di efficienza e sostenibilità significa infatti ottenere maggiori risparmi, offrire agli operatori/clienti un migliore time to market, attrarre operatori più competitivi e green, tutelare il territorio.

Guardando da vicino lo scenario italiano possiamo considerare il sistema di norme ambientali come la cornice in cui collocare le vocazioni storiche dei principali scali marittimi. Per fare questo dobbiamo partire dalla definizione di un piano ambientale, dalla sua implementazione e dal monitoraggio continuo delle performance: operazioni non solo di tipo amministrativo-gestionale-tecnologico ma che implicano la definizione di una vera e propria carta d’identità ambientale del porto e di tutte le sue attività.

In particolare, per le emissioni possiamo definire un vero e proprio footprint portuale che individui e misuri tutte le fonti e possa attribuire incentivi e disincentivi a chi inquina o mette in atto comportamenti virtuosi.

Il successo delle esperienze di Oslo, Rotterdam e Singapore dimostra che il processo di definizione e implementazione del sistema ambientale generale sia partito dal carbon footprint portuale. Le prime esperienze risalgono al 2008: definiti gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO₂ si è passati a monitorare le emissioni dirette e indirette all’interno del porto nonché tutti gli operatori coinvolti.

Si è poi arrivati a costituire EMS (Environmental Management System), una vera e propria organizzazione in grado di mettere in atto tutte le azioni di monitoraggio e di mitigazione delle emissioni:  controllo, riduzione dei consumi energetici, riqualificazione degli edifici portuali e tutela delle costruzioni storiche, piantumazioni di specie vegetali compatibili con il territorio, politiche del personale per incentivare l’uso dei mezzi di trasporto a basso impatto e di formazione continua. In altre parole, un vero e proprio sistema di governo integrato dell’ambiente portuale.

La realtà italiana non è stata insensibile negli ultimi anni a questi temi ma si è lavorato a compartimenti stagni, senza una visione strategica d’insieme che tenesse conto delle diverse vocazioni commerciali, turistiche e ambientali dei nostri porti.

Scali marittimi come Livorno, Venezia, Bari, Trieste e Taranto sono già dotati di tecnologie per il monitoraggio ambientale e grazie all’accelerazione impressa dalla Riforma Delrio possono cogliere l’opportunità di indirizzare i sistemi di rilevamento e le risorse umane verso la costruzione di un modello organizzato e permanente al servizio dello sviluppo ambientale delle Autorità di Sistema Portuale.

Una volta reso operativo, questo sistema può consentire la fidelizzazione e l’attrazione di attività e di operatori ad alto valore aggiunto e – attraverso l’analisi di tutti i dati prodotti dai “sistemi gestionali” e dai “sistemi ambientali” – lo sviluppo di un processo di pianificazione, di supporto alle decisioni e di miglioramento continuo di tutte le attività della comunità portuale.

Il Porto del futuro dovrà conciliare il rispetto dell’ambiente con lo sviluppo delle infrastrutture, la creazione di ricchezza con l’occupazione qualificata. L’utilizzo di tecnologie e di informazioni derivate da grandi quantità di dati può aiutarci nel minimizzare il margine di errore e garantire, a chi ne ha la responsabilità, uno strumento di gestione del rischio ambientale e d’impresa più efficace che in passato.

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