«Come vedo l’Italia nel panorama europeo di sviluppo dell’idrogeno? In ritardo e senza una vera e propria linea strategica precisa». L’ex eurodeputato Giovanni La Via non usa mezzi termini per inquadrare la situazione.
Di mestiere fa il docente universitario, all’Università di Catania, di cui è direttore generale, ma ha frequentato con una certa intensità i palazzi del potere per sapere che le strategie legate alla mitigazione del cambiamento climatico non si inventano dall’oggi al domani.
A Bruxelles, dove i funzionari gli riconoscono il merito di essere stato uno dei negoziatori chiave degli storici accordi di Parigi – sottoscritti nel 2015 da 196 Paesi e focalizzati sull’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto della soglia di 2 °C oltre i livelli pre-industriali -, La Via ha rivestito per dieci anni incarichi di prestigio, come quello di componente della Commissione Bilancio, della Commissione Agricoltura, della Commissione sulle sfide politiche e le risorse di bilancio per una Unione Europea sostenibile. È stato, inoltre, Presidente della Commissione Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare.
Il lungo tirocinio nel Parlamento Europeo gli ha insegnato quanto sia importante integrare la contingenza con la prospettiva. Sebbene i continui riposizionamenti tattici, e le tensioni che attraversano la sinistra come la destra, stiano aprendo nuove incognite sull’operatività e sullo stesso orizzonte temporale del Governo, che si trova oggi a dover affrontare la seconda ondata del Coronavirus tra mille difficoltà ed incertezze, La Via chiede al premier Conte un cambio di rotta sui temi ambientali legati allo sviluppo dell’energia pulita in un’Europa climate neutral.
Intervenuto, con un video messaggio, ad un webinar promosso dall’AdSP del Mar Tirreno Settentrionale, l’ex europarlamentare ha messo in luce le difficoltà del Paese ad andare oltre le contingenze del quotidiano: «Roma cerca di affrontare l’emergenza pandemica, dimenticandosi però di occuparsi della prospettiva post pandemia. Ed è questo il motivo per cui lo sviluppo dell’idrogeno da fonti rinnovabili rimane oggi un tema così poco dibattuto a livello nazionale».
La Via non si nasconde dietro a un dito: «A differenza di altri Stati membri, come la Germania o, persino, il piccolo Portogallo, che si sono dotati di un piano nazionale energetico ambizioso, il nostro Paese appare in ritardo. E’ un peccato, perché abbiamo condizioni di vantaggio strutturali legate alla nostra posizione geografica che è baricentrica rispetto al Continente europeo e all’Africa».
Il gas e le sue reti di trasporto giocheranno un ruolo chiave nel raggiungere gli obiettivi europei di mitigazione del cambiamento climatico e secondo La Via l’Italia potrà essere al centro della transizione se «riusciremo ad integrare queste infrastrutture sia con i canali esistenti che vanno verso la sponda sud del Mediterraneo, sia con alcuni canali est-ovest, che sono deboli e possono essere implementati».
Per l’ex europarlamentare l’idrogeno costituisce una prospettiva di grande interesse, che va coltivata, così come si è fatto col metano: «Pensiamo a quale importanza potrebbe avere il nostro Paese sul piano europeo nel momento in cui riuscissimo a diventare lo snodo per il movimento delle idrogeno di produzione nordafricana».
Per questo motivo, occorre sviluppare una strategia energetica nazionale mirata. E occorrono investimenti: «È arrivato il momento di destinare alla decarbonizzazone e allo sviluppo dell’H2 una quota parte delle risorse comunitarie, a valere per esempio sul Recovery Fund o sul Green Deal» dice La Via, cui preme inoltre sottolineare il ruolo strategico che le Regioni italiane del Sud potrebbero avere su questo fronte, grazie a «una insolazione tale da poterci consentire di essere competitivi sul piano della produzione di energia rinnovabile da fotovoltaico».
La Via chiede insomma al Governo Conte il coraggio del cambiamento: «Vedo con dispiacere che le risorse dei piani di sviluppo strategico che l’UE mette a disposizione dei singoli Paesi vengono impiegate più per lenire le difficoltà legate alla Pandemia che non per investire su un futuro lontano fondato sulla centralità dell’idrogeno nell’ambito della transizione energetica europea. Si tratta di una prospettiva che non possiamo e dobbiamo lasciarci sfuggire».