Il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture ha fatto molto negli ultimi anni sul piano della regolamentazione, a tutti i livelli, dei porti nazionali.
Il primo provvedimento, dopo anni di discussione, ha portato alla modifica della legge istitutiva delle Autorità Portuali, sostanzialmente riducendole da 24 a 15 e trasformandole in Autorità di Sistema Portuale. Un cambio di denominazione cui corrisponde un concreto cambio sostanziale di intendere la portualità italiana, che ora è chiamata ad operare nel segno del “fare sistema”.
Funzione che si esplica non solo attraverso la razionalizzazione delle attività e degli investimenti di porti che rientrano sotto una stessa giurisdizione, ma anche con uno sviluppo razionale e condiviso delle diverse componenti che danno vita ad una piattaforma logistica efficiente: nave-ferro-gomma-servizi tecnico nautici-dogane.
Si è inserito organicamente in questa visione politica ed economica il decreto “Correttivo Porti”, alla cui stesura hanno concorso tutti gli attori della portualità nazionale.
Oltre alla revisione del concetto di Piano Regolatore Portuale, il suo tema centrale è quello del lavoro portuale, elemento fondamentale nel traffico delle merci, da regolamentare ma al tempo stesso da rendere più efficiente e flessibile.
È opinione diffusa che il Correttivo Porti sia stato un buon passo avanti sulla strada della armonizzazione delle imprescindibili esigenze imprenditoriali e della necessità di ampliare alle fasce più deboli le giuste tutele sociali.
Ugualmente la funzione di indirizzo e coordinamento del Ministero nei confronti delle nuove Autorità di Sistema Portuale, voluta dalla riforma della Legge 84/94, ha finalmente intrapreso la strada giusta, con una corretta visione d’insieme e un controllo attento ma non invasivo.
L’auspicio è quello che in questa legislatura si possa proseguire sul tracciato delineato, considerato che la competitività nel settore della logistica e dei trasporti potrà soltanto salire di livello e intensità e che per reggere il confronto occorreranno norme sempre più chiare, applicabili e lungimiranti.
I porti, in particolare, devono essere degli hub logistici di filiera – dalla nave alla destinazione finale della merce – ma non possono prescindere dalla interlocuzione propositiva con il sistema manifatturiero per capire come organizzare al meglio la logistica.
Da questo lavoro di confronto fra gli attori istituzionali a tutti i livelli e le imprese, tramite le loro rappresentanze associative, sono nati la semplificazione normativa dei dragaggi, i provvedimenti per l’ultimo miglio ferroviario e per l’ultimo miglio stradale, il cargo ferroviario merci. Ferrobonus e Marebonus, quindi.
Tutto questo si riassume nel Piano Nazionale della Logistica e i conseguenti provvedimenti legislativi, che altro non sono che la trasposizione dei 10 interventi contenuti nel piano “Connettere l’Italia”.
Bisogna ora proseguire nello sforzo di completamento degli investimenti infrastrutturali in corso e al tempo stesso si deve accelerare nella modernizzazione tecnologica dei servizi amministrativi così come nell’adozione di nuove tecnologie capaci di ottimizzare tempi e costi del sistema logistico portuale. Senza cedere, però, a una irragionevole rincorsa di un’automazione esasperata e irrispettosa dei valori di solidarietà e dignità del lavoro umano.