Salgono a livelli mai visti i costi del detention and demurrage applicati nei principali venti porti del mondo.
In 12 mesi, tra marzo 2020 e marzo 2021, le extra tariffe applicate per la sosta in piazzale e/o per la riconsegna del container vuoto alla compagnia di navigazione oltre il periodo di franchigia sono mediamente raddoppiate rispetto ai valori dell’anno precedente.
Lo rivela la Piattaforma Container xChange in un report nel quale sottolinea come le tariffe varino notevolmente da porto a porto.
Riconsegnare un container all’armatore due settimane dopo averlo scaricato dalla nave costa 132 dollari extra nel porto di Busan (Corea del Sud), 2.500 dollari nei porti di Long Beach e Los Angeles.
Nei 20 porti container più grandi del mondo, le tariffe D&D sono aumentate in media del 104% nel periodo di riferimento (666 dollari in più a container). In media, a marzo gli extra costi per la sosta in piazzale e riconsegna del container oltre il periodo di franchigia sono stati pari a 720 dollari a container.
I maggiori aumenti sono stati registrati in Cina, dove i principali porti hanno visto le tariffe aumentare del 126% in un anno. A Qingdao l’aumento maggiore, pari al 194% su base annuale. A seguire il porto di Dalian (+187%).
In termini assoluti è comunque il porto di Long Beach a risultare il più costoso al mondo, dove a marzo sono stati registrati picchi pari a 2.638 dollari. Al secondo posto si è piazzata Los Angeles con i suoi 2.593 dollari.
All’estremità opposta, come anticipato, c’è Busan. A seguire gli scali portuali di Dalian e Tianjin, dove si applicano tariffe medie pari a 201 dollari. A metà classifica il porto di Rotterdam, dove le tariffe D&D hanno toccato quota 756 dollari, mentre Singapore viaggia sui 615 dollari a container.
Il Report sottolinea come il D&D non vari solo da porto a porto, ma anche in base alla compagnia di navigazione. Nel porto di Los Angeles gli extra costi applicati da CMA CGM ai caricatori sono aumentati del 167% nel periodo di riferimento, quelli di Maersk del 161%.
Si muove, invece, in direzione opposta Cosco. A differenza degli altri vettori, nel periodo di riferimento il gigante cinese ha chiesto ai caricatori 1213 dollari a container per la sosta e/o riconsegna di un container oltre il periodo di franchigia. I valori sono diminuiti del 15% rispetto all’anno precedente.
Mettendo insieme i dati combinati porto/vettore, risulta come la combinazione più economica sia quella di Cosco/Busan, mentre la più costosa è stata quella di CMA CGM/Long Beach.
Le surchages consentono di remunerare i carrier per i loro container e incoraggiano gli spedizionieri e i clienti diretti a restituire l’equipment quanto prima possibile. I problemi di congestione di cui hanno però sofferto, per tutto il 2020, molti porti internazionali ha esasperato la situazione creando nuove tensioni tra le compagnie di navigazione e i caricatori, i quali, per cause spesso esterne alla propria volontà, non sempre sono stati messi in condizione di ritirare o restituire i contenitori.
Per il direttore generale di Spediporto, Giampaolo Botta, la situazione sta diventando insostenibile: «A fronte di aumenti percentuali a 2 zeri il livello qualitativo dei servizi delle compagnie sui contenitori ha toccato il minimo storico. Il comparto delle spedizioni è sotto attacco da parte degli armatori ma a pagare il conto sono le PMI italiane».
Secondo Botta, i costi e i disservizi sia per chi importa che per chi esporta beni sono altissimi: «È necessario fare chiarezza da parte delle autorità su quello che sta accadendo, la situazione attuale è contraria ad ogni logica di ripresa economica. La domanda è dove sono i nostri politici o gli esperti di Governo. Questi costi alla fine ricadranno sui beni al consumo ed i cittadini subiranno a breve aumenti che picchieranno duro sui loro portafogli».