La strada verso la parità di genere è ancora in salita eppure qualcosa sta gradualmente cambiando. Nel settore marittimo lavorano oggi 24.000 donne, circa l’1,28% della forza lavoro complessivamente impiegata sulle navi. Non una grossa percentuale. La buona notizia, però, è che valori sono aumentati del 45,6% rispetto a quelli del 2015. Lo certifica il Seafarer Workforce Report pubblicato stamani da BIMCO e dall’International Chamber of Shipping.
Il rapporto è particolarmente importante perché monitora lo stato dell’arte e i livelli di fabbisogno occupazionale, attuali e previsti per il prossimo quinquennio.
Lo studio sottolinea come di qui al 2026 sarà necessario assumere ulteriori 89.510 ufficiali per soddisfare le esigenze di competitività del settore. Attualmente sono 1,89 milioni i marittimi impiegati nella flotta mercantile mondiale, composta complessivamente da oltre 74.000 navi.
Sulla base dei dati forniti dal rapporto c’è attualmente una carenza complessiva di 26.240 ufficiali certificati. Nel 2021 la domanda di marittimi ha superato l’offerta. Che pure è aumentata del 10,8% rispetto ai valori del quinquennio precedente. Complessivamente, la domanda di ufficiali è cresciuta dell’11,8% rispetto ai valori del 2015.
I tre ruoli che si stanno già rivelando difficili da ricoprire sono quelli di ufficiali di sala macchine, ufficiali elettrotecnici e, soprattutto, di capo ingegneri.
Interessante risulta il dato sul tasso di turnover, che negli ultimi cinque anni è sceso dall’8 al 6%. I marittimi tendono a cambiare ruolo meno spesso e prestare più anni di servizio in mare. Rispetto alle stime del 2015 l’età media dei funzionari in servizio a livello dirigenziale e operativo è notevolmente aumentata.
Il Segretario generale della International Chamber of Shipping, Guy Platten, ha sottolineato come la formazione in campo marittimo sia un asset fondamentale. Senza di essa non sarà possibile coprire i fabbisogni occupazionali di qui al 2026.
Le intuizioni e i contributi sui dati delle compagnie di navigazione, delle amministrazioni marittime nazionali e degli istituti di istruzione e formazione marittima al nuovo rapporto sono chiaramente utili per ottenere un quadro chiaro sulle sfide che attendono il settore.
Come rimarcato su Port News dall’amministratore delegato di IMAT, Fabrizio Monticelli, il ruolo di connessione dei processi produttivi globali assunto dallo shipping nell’ultimo mezzo secolo, dal consolidamento della “rivoluzione del container” alle successive evoluzioni nel settore bulk carrier, ro-ro, energetico e crocieristico, ha portato con sé una esponenziale specializzazione delle unità navali che ha coinvolto la natura stessa del lavoro marittimo.
Ne è emersa la necessità da parte delle compagnie armatrici di poter contare su equipaggi adeguatamente formati e in grado di supportare in modo efficiente tutte le operazioni di bordo con le relative specificità.
«L’attività di formazione diventa servizio mirato più alle compagnie che al singolo marittimo. Dalla preparazione e specializzazione del singolo lavoratore del mare si può passare ad un innalzamento generalizzato degli standard qualitativi del singolo sistema portuale preso in considerazione» ha affermato Monticelli.
Ma per raggiungere quest’obiettivo non bastano però solo grandi investimenti in tecnologie, infrastrutture e personale docente. «È necessario perseguire una alleanza strategica tra compagnie, enti formativi e istituzioni per la messa a punto di portafogli di competenze in grado di rispondere in anticipo ai cambiamenti».