© Michela Canalis
Interviste

Colloquio con Gaudenzio Parenti

Concorrenza o deregulation?

di Marco Casale

Appare ormai imminente il licenziamento del Decreto Concorrenza. Alcuni dei temi al centro del testo sono di grande importanza per la portualità italiana. È un fatto che il Governo nel PNRR abbia recepito le indicazioni della AGCM riguardo all’art. 18 comma 7 e al tema “autoproduzione” nelle operazioni portuali. Facciamo il punto della situazione con Gaudenzio Parenti, consulente giuridico portuale ed esperto del settore.

Parenti, il Decreto-legge Concorrenza conterrebbe le indicazioni dell’AGCM su autoproduzione e divieto di cumulo di concessioni (ex art.18, comma 7 l.n. 84/94). Da un punto di vista strettamente giuridico come vede la questione?
La possibilità per il vettore marittimo, prevista e non vietata dalla vigente legge, di operare in regime di autoproduzione non deve rappresentare una forma di detrimento della qualità delle operazioni e dei servizi portuali. Un diverso approccio potrebbe determinare, oltre a pericolose disfunzioni sotto il profilo operativo, una violazione dei principi in materia di concorrenza, in danno delle imprese portuali locali.

Si spieghi meglio
L’articolo 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che dispone il divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi, deve essere contemperato nella tutela del principio di concorrenza e, segnatamente, nelle norme che vietano gli Aiuti di Stato di cui all’art. 107 TFUE. Infatti, in virtù della regola della condizionalità, gli aiuti erogati devono esclusivamente andare a beneficio dell’attività svolta e non di attività collaterali o integrate, come invece, all’evidenza, risulta essere l’autoproduzione delle operazioni portuali. Il rischio è quello di incorrerebbe nella fattispecie del divieto di sussidi. In pratica le shipping line sono state autorizzate a ricevere incentivi ed esenzioni fiscali e previdenziali in ragione dell’iscrizione al registro internazionale navale, ma gli stessi non possono quindi essere estesi alle operazioni portuali in regime di autoproduzione poiché si configurerebbe una palese violazione del principio della concorrenza cagionata da altrettanto palesi sussidi incrociati.

Inoltre bisogna considerare l’aspetto economico. Gli armatori traggono ovvi vantaggi dall’autoproduzione. E’ così? 
Bisogna considerare l’articolo 17, co.13 l.n.84/94 che statuisce come gli atti per le autorizzazioni artt.16, 17 e 18, della medesima legge, debbano garantire un trattamento normativo ed economico minimo inderogabile per i lavoratori non inferiore a quello risultante dal vigente CCNL dei lavoratori dei porti. Tenuto presente che l’autoproduzione è un’autorizzazione dell’Autorità di Sistema Portuale, che non può derogare dall’articolo 16 in combinato disposto con il suindicato articolo 17 co. 13, vien da sé che gli eventuali lavoratori marittimi, indicati nella tabella di armamento come addetti anche al rizzaggio e/o derizzaggio, devono necessariamente avere un trattamento normativo ed economico minimo non inferiore al CCNL dei porti, che, a sua volta, risulta superiore a quello dei marittimi.
Vi sono poi dei profili legati all’aspetto sociale e alla sicurezza.

Quali?
Si potrebbero verificare alterazioni e degenerazioni con conseguente nocumento al lavoro e alle imprese portuali locali e nazionali, anche attraverso forme di dumping tariffario, con conseguente deperimento delle entrate fiscali e tributarie per le Regioni e lo Stato italiano, andando, ipoteticamente, anche contro agli obiettivi della politica di coesione europea. Dal punto della sicurezza, infine, la peculiarità del lavoro portuale è sottolineata dal fatto che lo stesso presenta dei rischi altamente specifici tali da motivare l’adozione di una normativa settoriale, il D.lgs n. 272/99, che integra norme generali sulla tematica della sicurezza ed igiene del lavoro, prima contenute nel D.lgs. n. 626/94 ed ora nel D.lgs. n. 81/2008.

E che mi dice del divieto di cumulo di concessioni oggi normato all’articolo 18 comma 7 l.n.84/94?
Riguardo alla prospettiva di addivenire al superamento del vincolo ex art.18 comma 7, il Legislatore dovrebbe contemperare, attraverso dei parametri oggettivi, l’assoluta esigenza di impedire che un unico soggetto giuridico ottenga un numero di concessioni, anche attraverso operazioni merger and acquisition, tale da creare un abuso di posizione dominante, ovvero di monopolio. Inoltre, dovrebbe produrre appositi dispositivi normativi per evitare che lo stesso soggetto attui eventuali traslazioni della forza lavoro tra i vari terminal ovvero concessioni sotto il proprio controllo, al fine di non destrutturare il mercato regolato del lavoro portuale. Un aspetto che invece avrebbe dovuto analizzare e considerare l’AGCM nelle segnalazioni per la Legge annuale sulla Concorrenza, riguarda le sempre più insistenti integrazioni verticali e orizzontali delle società armatoriali nel sistema portuale, sia dal punto di vista delle operazioni portuali che dei servizi tecnico-nautici, come reali ovvero potenziali fenomeni distorsivi della concorrenza. Fenomeni che si stanno verificando anche lungo tutta la supply chain e nel trasporto intermodale.

È necessario, secondo lei, un aggiornamento del nostro sistema portuale, guardando magari al modello di governance dei porti del Northern Range?
Il confronto con altri sistemi europei è sempre positivo ma non deve portare necessariamente alla snaturalizzazione e allo smantellamento di quello attuale. Anche analizzando i numeri, l’intero Sistema portuale nazionale non arriva a movimentare i volumi di Rotterdam e chi asserisce che deregolamentando lo stesso, ed il mercato del lavoro, si possa addivenire ad un aumento considerevole di merce movimentata non ha reale contezza della situazione. Di contro, la maggiore competitività ed attrattività dei nostri sistemi portuali deve necessariamente transitare attraverso un compiuto e razionale sistema infrastrutturale di collegamento sia fisico che digitale, un potenziamento dell’intermodalità sostenibile e dei retroporti, una mitigazione delle tasse, un’omogenizzazione e armonizzazione delle norme, una velocizzazione doganale e, aggiungerei,  alcune deroghe al codice degli appalti. Il nostro deve essere un efficiente modello euro-mediterraneo e non una inapplicabile copia del Northern Range.

Mi pare di capire che per lei la competitività di un Sistema non necessariamente debba passare dalla deregolamentazione. Lo stesso ragionamento vale anche per i servizi tecnico-nautici?
Assolutamente. E’ solo attraverso la regolazione che si può garantire operatività ed efficienza. Le norme sui servizi-tecnico nautici previste dal Codice della Navigazione e dalla Legge speciale dei Porti non sono obsolete o di intralcio alla competitività, come vorrebbe far credere qualcuno, ma  presentano ancora profili ed elementi giuridici efficaci e di tutela per l’interesse pubblico, per i servizi erogati, per le imprese e per i lavoratori. Potrebbero, comunque, essere necessarie alcune modifiche ed upgrade, soprattutto per la Legge 84/94 qualora giungesse un giudizio negativo in sede di Corte di Giustizia Europea per la questione tassazione delle AdSP, ma di certo non può essere stravolto l’intero apparato che deve rimanere nell’interesse pubblico. Dobbiamo tenere a mente che se il sistema portuale nazionale ha tenuto e sta reagendo positivamente alla crisi pandemica COVID-19 è anche grazie alla regolazione che ha impedito il fallimento del mercato portuale evitando conseguenze economiche e sociali disastrose.

È di pochi giorni fa la notizia della costituzione del Tavolo del Mare, strumento col quale il Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili si prefigge di gettare le basi per una nuova Riforma della governance portuale. Che ne pensa?
Confido che oltre agli accademici, indispensabili e “garanti” dei principi generali, vengano considerati anche i rappresentanti del cluster portuale nazionale e chi il diritto lo applica nell’operatività quotidiana. Concludo con un invito a tutto il cluster di monitorare e ragionare attentamente sugli effetti che si verificherebbero nel sistema logistico-portuale alla luce di possibili potenziamenti dei ruoli ed aumenti dei poteri applicativi dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART).

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