© Michela Canalis
Interviste

Colloquio con Luigi Robba

AdSP e terminalisti, una gomena sfilacciata

di Marco Casale

«La ripresa italiana è messa a rischio dal caro bollette e dall’emergenza energetica. Il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, ha ragione da vendere quando dice che la lotta al cambiamento climatico rischia di tradursi in un boomerang per le nostre economie».

Dal quartier generale di Assiterminal, a Genova, Luigi Robba non esita a descrivere come un po’ contraddittoria la rivoluzione green che l’Europa ha fissato a vessillo della sua azione strategica per i prossimi trent’anni. «I Paesi del Vecchio Continente – dice – si trovano oggi nell’affannata condizione di non riuscire a gestire in modo compiuto il periodo di transizione verso la decarbonizzazione».

Per l’ex direttore generale dell’Associazione dei Terminalisti Italiani, «le energie rinnovabili non risulterebbero sufficienti a soddisfare una domanda energetica in crescita. Dall’altra parte, i minori investimenti nei combustibili fossili ci espongono, in modo insostenibile, alle fluttuazioni del mercato, con relativi impatti negativi su imprese, famiglie e consumatori».

Se per il n.1 di Assarmatori, Stefano Messina, la battaglia ecologista rischia di essere soltanto un’operazione mediatica se gli obiettivi non saranno tarati sulle tecnologie effettivamente disponibili, Robba invita a rimeditare il traguardo della neutralità climatica, fissato per il 2050: «È davvero molto impegnativo – afferma -, dobbiamo rendercene conto. Il settore dello shipping e quello portuale non sono ancora in grado di fare a meno dei combustibili fossili e non lo saranno per parecchio tempo ancora. Serve un po’ di realpolitik almeno per un decennio».

Da una posizione di vantaggio che gli deriva dalla lunga esperienza professionale – 58 anni alle spalle nel settore portuale, di cui 21 da segretario generale dell’Assoporti – Robba analizza la situazione congiunturale in modo lucido e disincantato: «La crisi, iniziata con la Pandemia nel 2020, ha portato alla luce situazioni latenti, non affrontate, che erano già a rischio. La corsa sfrenata dei noli, i problemi di congestione dei porti anche per effetto di ritardi o mancato rispetto delle cosiddette schedule (arrivi nave) e le crescenti difficoltà a veicolare una domanda la cui crescita è stata alimentata in parte dal boom dell’e-commerce, hanno fatto saltare il sistema logistico, ridefinendo gli equilibri. L’incognita dei contagi ha portato poi a generare nei porti situazioni di malessere, creando, in alcuni casi, delle criticità anche sociali, oltre che operative».

In un contesto caotico come quello sinteticamente descritto, caratterizzato da crescenti difficoltà operative, « gli operatori e le istituzioni si sono spesso trovati a dover giocare un ruolo delicato e a dover rispondere a una molteplicità di sollecitazioni, non sempre tra di loro coerenti» spiega il manager genovese.

Per Robba «le Autorità di Sistema Portuale hanno spesso dovuto affrontare in questi due anni problemi inediti, facendo uso di strumenti non sempre adeguati alle necessità, a volte interpretando correttamente il proprio ruolo di superpartes e di “intermediazione” tra organizzazioni sindacali e datori di lavoro privati, altre volte meno, adottando ad esempio regolamenti troppo rigidi sul monitoraggio degli avviamenti al lavoro da parte delle imprese, andando quindi ad alimentare quell’ipertrofia burocratica che anche per vari altri aspetti costituisce un vero male per il nostro Paese».

Secondo l’ex dg di Assiterminal, anche la qualità e il livello della relazioni tra le Port Authority e i terminal operator è andato via via indebolendosi nel corso degli anni. «Non voglio fare il nostalgico, o parlare dei bei tempi che furono, ma all’epoca in cui Francesco Nerli era presidente di Assoporti, la situazione, che ho vissuto, era assai diversa. A mutare in questi lustri non è stato soltanto il quadro normativo ma anche la qualità delle relazioni industriali. I presidenti della prima generazione, i Gallanti, Marcucci, Bucchioni, Boniciolli, solo per citarne alcuni, sapevano fare squadra e tenere relazioni costruttive con tutti i soggetti interessati alla portualità, a partire dai terminalisti, i quali sono i privati che più investono nei porti. Allora si riusciva ad incidere legittimamente sui processi decisionali, facendo sì che le Istituzioni centrali disponessero di elementi sufficienti per valutare implicazioni e conseguenze di tutte le opzioni di intervento. Fu una stagione avvincente e forse irripetibile».

E a proposito di norme, secondo il manager genovese, la definitiva scomparsa dei Comitati Portuali, luoghi di compensazione di eventuali conflittualità tra soggetti portatori di interessi diversi, ha contribuito a indebolire le Autorità Portuali, disancorandole dalla realtà e dai fabbisogni di intervento: «I Comitati di Gestione, composti esclusivamente da rappresentanti di enti pubblici locali, e gli Organismi di Partenariato, non sono riusciti in più casi a puntellare l’azione amministrativa dell’Ente di Governo dei Porti nello stesso modo in cui lo faceva il vecchio Organismo decisorio istituito con la legge 84/94. Oggi, ne paghiamo le conseguenze».

Anche il Ministero delle Infrastrutture non sta esercitando, secondo Robba, le leve strategiche che la riforma Delrio gli ha attribuito in materia di pianificazione e di coordinamento delle attività delle AdSP: «La Conferenza dei Presidenti delle Adsp nella forma allargata ai rappresentanti nazionali degli operatori non si è mai riunita; il vecchio MIT, oggi MIMS, è spesso apparso come non partecipe alle grandi questioni che hanno interessato la portualità nazionale» afferma.

Un esempio fra tutti, la questione del contenzioso con Bruxelles in relazione all’adeguamento da parte dell’Italia alle richieste comunitarie di assoggettamento all’IRES degli introiti dei canoni e delle tasse portuali incassati dalle AdSP: «È un fatto che il ricorso al Tribunale Europeo sia stato presentato soltanto dalle Autorità Portuali e da Assoporti. Il Ministero e, quindi, il Governo non ha presentato esso stesso un ricorso. Ora è ragionevole chiedersi quali siano gli intendimenti governativi».

Se è vero che taluni parlano da tempo della soluzione di una doppia contabilità per le Autorità Portuali, indicata come una possibile strada da seguire per evitare il rischio di una procedura di infrazione che affonda le sue radici in rilievi pregressi della Commissione UE, per Robba è fondamentale svolgere tutte le valutazioni in ordine alle ricadute che tale ipotesi può avere con riferimento ai rapporti tra Adsp ed imprese portuali. «La cosa più importante – dice – è  che non venga snaturata la natura delle Autorità Portuali quali enti pubblici non economici al servizio della collettività portuale».

Per l’esperto manager, «lo sviluppo dei traffici, la salvaguardia dei livelli occupazionali, la leale concorrenza tra gli operatori sono obiettivi da perseguire che trovano la loro rispondenza nella L. n. 84/94, con un impianto istituzionale ed un assetto operativo delle attività portuali molto chiaro. E’ naturale quindi che le Adsp rimangano soggetti autoritativi, cioè enti pubblici non economici autorevoli ed imparziali».

Luigi Robba
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