Pochi, mal pagati e gravati da costi di gestione ormai insostenibili. Gli autotrasportatori, che nel periodo pandemico, hanno garantito la continuità degli approvigionamenti, svolgendo un servizio essenziale, rischiano oggi il tracollo.
«L’impennata dei prezzi del carburante e il costo medio del lavoro stanno letteralmente mettendo in ginocchio il nostro settore» afferma a Port News il presidente di CNA FITA Livorno, Massimo Angioli. «Se continuiamo così, non riusciremo più a garantire il servizio».
Il caro-Energia sta al momento impattando in modo pesante sul mondo dell’autotrasporto: CNA FITA evidenzia come il prezzo medio del carburante abbia raggiunto gli 1,60 euro a litro, portando i costi di gestione di un singolo camion a 9.300 euro l’anno. «Già nel 2021 il prezzo del gasolio era aumentato del 22%» prosegue Angioli, «Quest’anno ci saranno sicuramente altri incrementi. Ad oggi, i rincari dell’energia incidono sui costi di gestione per circa 37 punti percentuali».
Il caro-carburante è addirittura più pesante per i veicoli green: «Un camion a metano deve sostenere oggi rincari nell’ordine di quasi il 90%. Non ci dobbiamo quindi meravigliare che molti autotrasportatori preferiscano tenere fermi i propri tir a metano. I costi per farli circolare sarebbero superiori ai margini di guadagno».
E poi c’è il problema del costo degli additivi e, in particolare, dell’AdBlue (Diesel exaust fluid), utilizzato sui tir dotati di catalizzatore per abbattere le emissioni di ossidi di azoto. «Il costo di questi prodotti ha sfiorato aumenti del 390%» fa osservare il n.1 degli autotrasportatori livornesi. «A causa della crisi del metano, dovuta all’aumento della domanda di gas, sintetizzare i costi necessari per la produzione di questo prodotto è diventato sempre più costoso e i pochi produttori italiani hanno dovuto rallentare bruscamente la sua fabbricazione, arrivando in alcuni casi a sospenderla».
Il settore è insomma impantanato in una crisi dalla quale è difficile uscire. «Purtroppo, a differenza delle compagnie di navigazione, che nel periodo della Pandemia hanno aumentato i noli di trasporto a piacimento, e non sempre in modo giustificato, gli autotrasportatori non hanno margini di manovra: non possono cioè imporre incrementi tariffari a giustificazione di condizioni contingenti avverse. I contratti nel settore non sono di tipo spot ma hanno tutti lunga durata, biennale o triennale. In molti sono quindi rimasti ancorati ai prezzi pre-Covid».
Anche il costo del lavoro sta diventando insostenibile: «I lavoratori specializzati sono sempre più difficili da reperire» sottolinea il presidente di CNA FITA Livorno. «La verità è che i nostri giovani non vogliono più lavorare nel settore: ha presente che cosa significhi per un ragazzo, con famiglia a carico, assentarsi per mesi da casa, passare la sua vita in strada, guidare semi-rimorchi da oltre 13 metri di lunghezza con tutti i rischi che ne conseguono? Oggi, poi, per via del Covid, c’è sempre una maggiore riluttanza a esercitare questa professione».
I soldi sono pochi e i sacrifici molti, forse troppi: «Questo dobbiamo metterlo in conto. Da noi il costo medio del lavoro è sensibilmente più alto che non altrove. Su una retribuzione media i contributi a carico del datore di lavoro pesano l’80%. In altri Paesi il cuneo fiscale non ha raggiunto gli stessi livelli e questo crea uno svantaggio competitivo rispetto, ad esempio, agli autotrasportatori stranieri». Che in molti casi risultano essere più competitivi…
«Innanzitutto, fuori dall’Italia, il gasolio costa 85 centesimi al litro, quasi un euro meno. Alla fine del mese, la vedi la differenza. Eccome» aggiunge Angoli.
E poi c’è anche una questione di flessibilità sulle ore di lavoro: «Secondo la normativa europea, gli autisti non devono guidare più di 9 ore al giorno, e 56 ore alla settimana. Gli autotrasportatori polacchi, ad esempio, hanno meno problemi a rispettare le norme perché dormono e vivono sul camion. Quelli italiani, invece, che hanno la sacrosanta necessità di passare delle ore a casa, in famiglia, devono poter tornare a casa. C’è quindi il rischio che debbano fermarsi a 10km di distanza dalla propria città perché obbligati ad effettuare le ore di riposo compensativo. Le regole devono essere rispettate, d’accordo, ma andrebbero applicate con maggiore flessibilità».
Queste sono soltanto alcune delle questione aperte per risolvere le quali CNA FITA ha chiesto un incontro urgente al Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili: «Servono dei correttivi, e in particolare delle misure da adottare con urgenza per far fronte al caro carburanti» è la chiosa finale di Angioli. «Vuole sapere la verità? Se continuiamo così rischiamo di non arrivare vivi al 2023. Oggi soltanto un pazzo potrebbe decidere di aprire un’azienda di autotrasporto».