I nuovi processi di glocalizzazione, o globalizzazione regionale, richiedono la presenza di enti pubblici forti e ben radicati all’interno di un Sistema logistico sempre più integrato.
A Verona, dove è in corso la tre giorni di LET EXPO, giunta oggi all’ultimo giro di conferenze, è questo il leitmotiv che pulsa negli interventi dei relatori invitati dal moderatore Nicola Capuzzo a parlare della competitività della portualità nazionale.
Il nuovo fenomeno di rientro in Italia delle attività produttive delocalizzate all’estero, accentuato in questi anni dalla crisi pandemica, impone una ridefinizione del ruolo delle stesse Autorità di Sistema Portuali, non più semplicemente tenute a gestire i traffici portuali in arrivo o in uscita dai porti di riferimento, ma obbligate dalle nuove contingenze a mettere a punto una strategia complessiva di sviluppo sostenibile, in grado di riflettere gli effettivi bisogni della comunità.
E’ ciò che afferma nel proprio intervento il presidente dell’AdSP di Trieste, Zeno D’Agostino. Sebbene i dati del 2021 portino in dote ai nostri scali 11 milioni di container complessivamente movimentanti, facendo registrare il pieno recupero sui volumi del 2019, «i porti non possono più essere soltanto degli hub trasportistici. La globalizzazione regionalizzata presuppone da parte delle Port Authority capacità operative innovative, tra cui quella di utilizzare le infrastrutture esistenti per entrare in settori che hanno un valore aggiunto molto importante, dall’innovazione tecnologica alla quella energetica».
Il vice presidente di Espo porta l’esempio della pipe line che oggi trasporta petrolio da Trieste ai centri di raffinazione della Baviera: «L’infrastruttura che ospita le tubature è larga trenta metri: immaginate che cosa potrebbe ospitare oggi quel tunnel: dall’hyperloop all’idrogeno e alle autostrade digitali, le possibilità sarebbero infinite».
Le Autorità Portuali devono insomma oggi reinventarsi un mestiere e diventare promotori di una politica di cluster che favorisca la piena integrazione verticale delle attività operative, trasportistiche e logistiche.
Ne è convinto anche il presidente dell’AdSP di La Spezia, Mario Sommariva: «Per mettere in piedi un modello che integri in modo forte aree portuali e retroportuali e che crei le premesse per lo sviluppo del reshoring, servono Autorità Portuali pienamente agibili».
Ma le cose non stanno proprio così: «Per entrare nel consorzio della zona industriale apuana ho dovuto fare appello a tutta la mia proverbiale pazienza e ad ore e ore di discussioni con il Consiglio dei Revisori dei Conti» si lamenta Sommariva.
La competitività non si gioca soltanto sui maggiori fondali e sulle capacità infrastrutturali di un porto ma su una migliore capacità organizzativa: «E’ necessario dotare le Port Authority di liberà maggiori» dice. Per questo motivo andrebbe rivisto il Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica (legge Madia): «La logica – sottolinea Sommariva – non può essere quella di condannare le Autorità Portuali che vogliano promuovere iniziative economiche e sviluppare partecipazioni societarie, quasi fossero potenziali criminali. Non abbiamo a che fare con il Comune di Roccacannuccia che ha acquisito una partecipazione per la sagra della salsiccia ma con realtà complesse che hanno bisogno della necessaria flessibilità per dare le risposte che il mercato chiede».
Sommariva non chiede stravolgimenti di tipo giuridico: «Le AdSP non devono essere trasformate in Spa né chiedo che siano svincolate dal controllo della Corte dei Conti. Serve, però, un nuovo approccio».
In una parola, occorre una nuova mentalità. La stessa che il presidente dell’AdSP del Mar Tirreno Settentrionale, Luciano Guerrieri, conferma di voler sviluppare nei suoi porti: «Le attività di regolazione e programmazione delle Autorità Portuali, se ben svolte, possono costituire un elemento di attrattiva per gli operatori e i potenziali investitori» dice, prendendo ad esempio quanto di buono è stato fatto a Livorno: «Grazie al lavoro proficuo di questi anni, stiamo gradualmente uscendo dalla stagione dei contenziosi. Oggi siamo in grado di concentrarci sulle necessità del porto, puntando sull’innalzamento del livello dell’offerta in termini di aree e servizi».
Anche il porto di Piombino si trova a vivere una stagione di profondo cambiamento: «Siamo alle prese con uno scalo portuale su cui, in questi anni, hanno impattato le attività industriali importanti come quelle delle acciaierie. Abbiamo attraversato un lungo periodo di fallimenti di mercato, si avverte oggi più che mai la necessità di un ente pubblico forte che prenda in mano la situazione, completando le infrastrutture e i collegamenti di cui lo scalo ha bisogno per rilanciarsi».
Ma senza sostenibilità ambientale non ci può essere alcuno sviluppo: «Dobbiamo programmare una nuova modalità di competizione» conclude Guerrieri: «Le Port Authority devono oggi farsi partecipi di una nuova vocazione strategica, sostenendo iniziative economiche sull’innovazione digitale e sulla sostenibilità energetica e ambientale: per questo ci siamo assunti come obiettivo prioritario quello di perseguire e traguardare gli obiettivi di efficientamento e riduzione dei consumi energetici del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il cold ironing è una scommessa sulla quale stiamo investendo».
Anche la Darsena Europa – assicura Guerrieri -, verrà realizzata nel pieno rispetto delle esigenze di preservazione e riqualificazione dell’ambiente: «Stiamo per dragare 16 milioni di metri cubi di sedimenti: sono materiali che riutilizzeremo per costruire il porto. Quindi meno cave, più materiale utile per le nostre infrastrutture, che saranno comunque resilienti, perché verranno realizzate tenendo conto del livello di innalzamento del mare».
In conclusione, quello che è emerso dal dibattito è chiaro: le risorse a valere sul Piano Nazionale e di Resilienza e sul fondo complementare offrono nuove occasioni di crescita e sviluppo che i porti devono poter cogliere al meglio. Per farlo occorre però ridefinire i margini di operatività e agibilità delle Autorità Portuali, chiamate oggi ad affrontare le nuove sfide sulla base di un approccio che deve essere realmente integrato. In una parola, sistemico.
In fondo, così come evidenziato dal presidente dell’AdSP di Gioia Tauro, Andrea Agostinelli: «Il problema principale è quello di riverberare sul territorio le ottime performance dello scalo portuale. A noi manca la funzione di volano territoriale. L’altra sfida è quella della sostenibilità energetica: vedo procedimenti troppo complessi, sul cold ironing abbiamo bisogno di un piano energetico colossale».
La transizione energetica deve insomma innescare una transizione portuale. «Il tema vero – sottolinea ancora D’Agostino – è che devi completamente rivoluzionare il tuo lavoro: se il porto continuerà ad essere un hub trasportistico, dovrà continuare a competere con tutti gli altri scali. La capacità deve essere quella di andare a aprire nuovi confini non solo operativi ma anche culturali».