Focus

Tecnologia con luci e (ancora molte) ombre

Platooning, il nuovo autotrasporto che avanza

di Nedo Zacchelli

Ve li potete immaginare tre camion che percorrono due mila km per raggiungere il terminal Maaslavkte del porto di Rotterdam? Forza, non si tratta di una impresa particolarmente complicata. Ci siete riusciti? Bene. Ora rendiamo le cose più difficili: ipotizziamo che due dei mezzi pesanti in questione siano senza conducente e che si dispongano sulla strada ordinatamente in fila indiana dietro al veicolo guida, l’unico a essere provvisto di un autista in carne e ossa. Ipotizziamo anche che questi veicoli riescano a mantenere la stessa andatura e la stessa distanza l’uno dall’altro, circa 10/15 metri. No, non si tratta di un film di fantascienza ma di semplice e pura realtà. Ed è una realtà che ha un nome ben preciso: platooning.

Il fenomeno promette di rivoluzionare il trasporto su gomma ed è ormai questione di tempo, forse qualche anno, prima che venga usato su larga scala dai principali brand automobilistici. Già nel 2016 diversi costruttori (Daimler Trucks, DAF, Man, Iveco, Scania e Volvo) hanno partecipato all’European Truck Platooning Challenge, partendo ognuno con il proprio convoglio da un punto strategico e ritrovandosi tutti al porto di Rotterdam. I risultati di questi test sono stati eloquenti. È stato infatti dimostrato che il platooning può portare importanti benefici nella sicurezza dei trasporti, soprattutto perché il collegamento wireless tra i veicoli smart assicura una frenata sincronizzata per prevenire incidenti o urti.

Mentre di fronte a un imprevisto un uomo ha tempi di reazione di 1,4 secondi, i camion intelligenti riescono a comunicare tra di loro in meno di 0,1 secondi. Inoltre, la nuova tecnologia favorisce un uso più efficiente delle infrastrutture viarie grazie alla distanza di sicurezza che i veicoli riescono a mantenere l’uno dall’altro: un convoglio di tre Tir occupa la strada per una lunghezza di 80 metri contro i 150 metri che gli stessi occuperebbero se fossero guidati da esseri umani. Considerato che l’errore umano è alla base del 90% degli incidenti stradali che accadono ogni giorno, i veicoli robotizzati potrebbero essere una prospettiva reale per aumentare la sicurezza. Inoltre è stato anche provato che far viaggiare la merce sul convoglio di questo tipo può assicurare una importante riduzione del consumo di carburante (dal 10 al 15%).

Ma non è tutto oro quel che luccica. Nonostante aleggi nell’aria un certo ottimismo, le sfide che questa nuova tecnologia deve affrontare sono ancora molte. Tanto più che una cosa è fare un test e analizzare i risultati in un laboratorio, un’altra è provare il platooning nella realtà di tutti i giorni. Quanto è reale il risparmio di carburante? Si avvicinerebbe sempre a punte del 10-15% se i veicoli intelligenti si trovassero imbottigliati nel traffico durante una giornata di pioggia? E la qualità delle infrastrutture viarie? Una strada malmessa incide tanto o poco sulle prestazioni dei Tir? E come cambierebbe la situazione se i camion si trovassero a viaggiare di notte? Come si può intuire, non è così facile trovare una risposta per tutte queste domande.

Più che altro c’è un quadro di incertezza attorno a quale possa essere il livello di platooning desiderabile. Il traguardo finale da raggiungere – questo sembra chiaro a tutti – è quello della guida autonoma. Ma che fine faranno a quel punto i trasportatori? Chiunque, se potesse evitare di pagare più autisti, farebbe salti di gioia, su questo non ci piove. Ma a quel punto si aprirebbero x+n vertenze sindacali contro i possibili licenziamenti che sicuramente ci sarebbero se ci trovassimo a vivere in un sistema trasportistico completamente robotizzato.

Inoltre, ad oggi non esiste un quadro normativo che regolamenti l’uso dei veicoli semi-autonomi. Limitiamoci, per esempio, a parlare della distanza di sicurezza. Si è detto che nel platooning un veicolo distanzia l’altro di 15 metri, ma in Germania, la distanza legale minima richiesta è di 50 metri. E poi c’è la questione del numero massimo ammissibile di veicoli di cui può essere composto un convoglio: è chiaro che più lunga è la carovana maggiori sono i rischi per la sicurezza.

Altro tema è quello della responsabilità legale: chi sarebbe il vero responsabile di un veicolo semi-automatizzato se questo si trovasse coinvolto in un incidente? Di colui che ha costruito il camion o di quello che ha progettato il software per la guida intelligente? E che ruolo ha il conducente dell’unico veicolo guidato del convoglio? È chiaro che si tratta di questioni complesse.

«Quando metti questi veicoli su strada – avverte Alexander Mastrovito, capo della divisione trasporti sostenibili di Scania – non è possibile prevedere fino a che punto il software è in grado di interagire con l’ambiente circostante. Nel mondo reale ci sono tante eccezioni alla regola che rendono la vita imprevedibile. A tutto c’è una soluzione ma ci vorrà del tempo».

E allora, sacco in spalle, e via con altri test: niente è più propizio di un nuovo viaggio in Tir per sondare tutti gli aspetti meravigliosi dell’imprevedibile.

Torna su