© Luigi Angelica
Interviste

Colloquio con Pierpaolo Castiglione

Banchine e lavoro, il Fattore umano

di Marco Casale

«Trovo del tutto sbagliato contrappore il destino dei lavoratori portuali a quello delle Compagnie, quasiché i primi non fossero parte integrante delle seconde. Si tratta di un funestissimo errore. Se diamo la stura a simili manicheismi, il rischio è che tutto si riduca a una disdicevole mistificazione».

Dal porto di Napoli, la voce di Pierpaolo Castiglione giunge forte e chiara. Il presidente della Compagnia Unica dei Lavoratori Portuali (CULP) liquida come del tutto generiche, quando non fuorvianti, la parole usate dall’avvocato Davide Santini in un intervento pubblicato giorni fa su Port News.

«Ritengo che Santini abbia vissuto a La Spezia un’esperienza traumatica che l’abbia condotto ad assumere una posizione radicale e difficilmente condivisibile» afferma Castiglione. «Le Compagnie, con il proprio modello cooperativistico, rappresentano ancora oggi un punto di riferimento nei porti italiani, e sono il “luogo” in cui un lavoratore, in quanto socio, può esprimere pienamente il proprio diritto di partecipare alla vita della società, determinandone anche le sorti».

Quanto agli art.17 della legge 84/94, ovvero ai soggetti deputati alla fornitura di lavoro temporaneo, Castiglione è altrettanto chiaro: «Non comprendo perché si debba considerare il modello del comma 5 migliore di quello del comma 2. Non nego che in alcune situazioni, come a Trieste, ad esempio, l’Agenzia del Lavoro in Porto sia risultato un esperimento riuscito. In altre realtà, invece, sono stati registrati veri e propri fallimenti. Non dimentichiamoci, infatti, il caso dell’AGELP di Livorno, dalle cui ceneri è poi nata l’ALP».

Castiglione invita insomma a non fare di tutta l’erba un fascio: «Sfido a trovare un lavoratore di un’impresa comma 2 che si dica disposto a passare al modello organizzativo dell’Agenzia».

Per il presidente della CULP i problemi sono altri. «Come insegnava Giovanni Amendola, quando si ha in sorte di passare attraverso cataclismi storici – come quello della Pandemia – e quando la realtà non offre mezzi di sicuro rendimento, la storia ammaestra che bisogna ubbidire ad un unico obiettivo: vivere e durare». Una impresa per il lavoro in porto, che faccia della flessibilità la propria ragione di vita, e che abbia come voce di costo principale quella del lavoro, non può prendersi il lusso di puntare soltanto all’obiettivo dell’economicità, del pareggio di bilancio.

«Nel triennio 2017-2019, la CULP ha fatto enormi sacrifici per tirare avanti. Siamo dovuti intervenire all’interno della azienda per promuovere un maggiore efficientamento dell’organizzazione lavorativa. E siamo arrivati, alla fine del 2019, a raggiungere il traguardo del pieno risanamento. Contavamo sul 2020 e sulle prospettive di sviluppo alimentate dalle numerose intese operative che nel frattempo avevamo stretto con i terminalisti del porto».

Purtroppo, il Covid ha fatto saltare tutti gli equilibri, spazzando in pochi mesi anni di sudore e sangue. «E’ stato necessario chiedere all’AdSP l’attivazione dell’utilissimo strumento di sostegno previsto al comma 15bis dell’art.17» sottolinea Castiglione, ricordando come la legge consenta all’Autorità di Sistema Portuale (AdSP) di destinare una quota delle entrate proprie per sostenere l’occupazione, il rinnovamento e l’aggiornamento professionale degli organici dell’impresa o dell’agenzia fornitrice di manodopera.

«L’ultimo periodo del comma 15bis è ancora più importante, perché prevede che le AdSP possano finanziare interventi finalizzati a ristabilire gli equilibri patrimoniali dell”impresa o dell’Agenzia» aggiunge Castiglione, sottolineando come a Napoli l’istruttoria sia stata avviata sul finire dell’amministrazione di Pietro Spirito «grazie anche al sostegno del Ministero delle Infrastrutture, che accettò di equiparare la nostra condizione di lavoratori colpiti dall’evento eccezionale del Covid a quella della CULMV di Genova, colpita dal crollo del Ponte Morandi».

Da allora l’iter è andato avanti, anche se non troppo speditamente: «La pratica non si è ancora chiusa. A breve approveremo il bilancio di esercizio del 2021, anno non molto migliore di quello pandemico, nel quale però siamo riusciti a centrare l’obiettivo del pareggio finanziario. In attesa di avere le risorse del comma 15bis, abbiamo chiesto all’ADSP di aiutarci a sostenere un percorso di profonda riqualificazione professionale dei nostri soci».

Per Castiglione, la formazione è tutto: «Molti terminalisti ci chiedono oggi figure altamente qualificate e ci siamo resi conto che il nostro personale non è sufficientemente formato da poter soddisfare queste esigenze. Le attività formative sono uno strumento di vitale importanza per un mondo, come il nostro, che è soggetto a stimoli di continuo cambiamento. In attesa del ripristino delle fisiologiche condizioni di salute finanziaria della CULP, è questo ciò su cui dobbiamo veramente puntare per il futuro».

Ovviamente, quelli patrimoniali non sono stati gli unici equilibri ad essere stati perturbati in questi anni. Castiglione descrive la situazione a Napoli come altamente incandescente: «Nel nostro porto – afferma – abbiamo molti art.16 autorizzati all’esercizio dei servizi portuali. Ce ne sono 20, più altri due in procinto di essere autorizzati. Molti di questi soggetti hanno cominciato ad utilizzare il proprio personale in modo improprio, con un regime di flessibilità che la legge attribuisce soltanto agli art. 17».

Nella sostanza, «talune imprese si sono appropriate della caratteristica fondamentale dell’impresa/agenzia del lavoro in porto, che è quella di erogare manodopera nel momento in cui c’è un picco di traffico».

Ne è nata una guerra “tra poveri” che ha sottratto lavoro non soltanto all’art. 17 ma anche ad altri 16. «Ciò che è venuto a mancare in questi anni è stata un’attività di monitoraggio costante da parte dell’AdSP sugli sviluppi successivi dell’organizzazione del lavoro per l’esercizio dei servizi autorizzati. Nella sostanza, alcuni art.16 – che nel proprio piano di impresa avevano presentato un organico di dieci persone – hanno via via incrementato la propria pianta organica con il passare dei mesi, arrivando in certi casi a triplicarla e creando così nuovi elementi di instabilità».

Il ragionamento di Castiglione è semplice: «Non sono contrario all’occupazione. Anzi. Sono però convinto la forza lavoro debba essere incrementata soltanto in presenza di un comprovato aumento dei flussi di traffico. Quando questo non avviene, quando chi deve controllare non lo fa fino in fondo, si creano forti squilibri che alla fine vanno a danno di tutti».

E’ anche per questo motivo che il n.1 della CULP crede molto nello strumento del Piano Organico Porto (art.8, comma 3, lett. s bis della legge 84/94). «A Napoli, il primo POP è stato approvato dall’allora presidente dell’AdSP, Pietro Spirito. Quel documento venne molto contestato dalle Organizzazioni sindacali perché mancava del tutto della parte prospettica. Si trattava di un romanzo di cento pagine, di una fotografia nemmeno troppo ben fatta della situazione lavorativa in porto. Il successore di Spirito, il presidente Andrea Annunziataha ripreso l’iter di aggiornamento del Piano e speriamo possa concluderlo a breve».

Castiglione ne è convinto: «Sappiamo che, laddove sia ben realizzato, questo strumento può garantire al porto nuovi livelli di stabilità, favorendo la risoluzione di quei problemi che oggi rendono precario il nostro lavoro».

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