Nei suoi ottant’anni di vita, il Codice della Navigazione assomiglia sempre di più alla vecchia imbellettata di pirandelliana memoria.
I capelli ritinti e gli abiti rattoppati con la stoffa delle numerose leggi intervenute via via in epoche successive, si offrono allo sguardo dell’osservatore più attento con la stessa impietosità con cui il Tindaro screpolato di Mitoray si impone alla vista di chi si trovi a passeggiare per il Giardino dei Boboli, a Firenze.
Frammenti mutili di una armonia perduta si trovano amalgamati in un insieme caotico, non più coeso. Specie sulla parte marittima, il tentativo di ammodernamento del quadro normativo per sovrapposizione, quasi stratificazione, di norme succedanee ha avuto come inevitabile conseguenza quella di rendere ancora più claudicante l’attempata signora.
«Sull’ordinamento portuale si avverte in modo tangibile quali criticità abbia prodotto negli anni il mancato adeguamento della disciplina codicistica alle evoluzioni del quadro normativo nazionale e comunitario in materia portuale» afferma a Port News, il presidente dell’AdSP del Mar di Sardegna, Massimo Deiana, che è anche docente universitario di diritto della navigazione all’Università di Cagliari.
«La legge 84/94 ha fatto emergere per esempio la peculiarità del demanio portuale rispetto a quello marittimo, definendo specifiche norme e comportamenti d’uso» fa osservare, ancora, il numero uno dei porti sardi.
«Purtroppo, la mancata adozione del Regolamento ministeriale cui l’84/94 rinviava per la disciplina di dettaglio delle concessioni, ha determinato incertezze sulle procedure da applicare, portando le Autorità Portuali a procedere per analogia, a colmare, cioè, i vuoti dell’art. 18 con le norme ed i principi del Codice della Navigazione».
Il fiorire di una stratificata microregolazione ha sicuramente contributo a rendere ancora più disomogeneo il panorama portuale italiano. Ma questo non è l’unico elemento critico. «Quel che è certo è che i tentativi di ammodernamento dell’impianto codicistico sono fino ad oggi stati infruttuosi, per lo meno sulla parte marittima, mentre quella aeronautica ha già ricevuto una importante rivisitazione con le riforme del 2005 e del 2006. Questo però non ci deve far desistere dal dovere di analizzare le criticità ancora oggi esistenti, prefigurando se possibile delle soluzioni».
Risponde a tale obiettivo la serie di iniziative, che il mondo accademico di settore, il Comando generale delle Capitanerie di porto ed il MIMS hanno deciso di organizzare nel corso dell’anno per affrontare la questione. «Abbiamo iniziato a Roma il 21 Aprile scorso, con un convegno ospitato alla Sapienza nel giorno dell’ottantesimo anniversario dell’entrata in vigore del Codice della navigazione. E proseguiremo con un’altra iniziativa, organizzata questa volta a Cagliari per il 9 Giugno, una il 16 settembre a Trieste per finire a Roma il 18 ottobre. Vogliamo riunire operatori, istituzioni ed esperti di diritto della navigazione per riflettere insieme in maniera coordinata».
Il tentativo è nobile, ed è quello di armonizzare il testo codicistico anche sulla base delle evoluzioni, nazionali, eurounitarie ed internazionali, che nel corso degli anni hanno interessato l’ordinamento portuale. I riferimenti potrebbero essere molteplici: «Penso ad esempio alle Autorità di Sistema Portuali, che dal ’94 hanno un ruolo strategico nell’amministrazione delle aree e dei beni del demanio marittimo, e che dal 2016 esercitano un ruolo ancora più definito».
Ebbene, «questi enti, tanto importanti per l’ordinamento portuale, non sono nemmeno citati nel Codice». Non solo. «Pur avendo un diritto di esclusività sull’amministrazione del demanio, patiscono alcune limitazioni dovute ad una normativa contradittoria. Penso ad esempio all’assegnazione in uso delle aree demaniali ad altre amministrazioni pubbliche: la cosiddetta consegna, di cui all’art.34 del Codice, la cui competenza ed i cui effetti vanno indagati a fondo”.
I temi da affrontare sono molti, dunque. Tra tutti, Deiana sottolinea la necessità modernizzare la disciplina sulle concessioni, sul cui rilascio e/o rinnovo «prevale oggi la necessità di una selezione formalmente e sostanzialmente concorrenziale del terminalista, favorita attraverso efficaci e preventivi meccanismi di evidenza pubblica».
Il docente universitario fa osservare come le Autorità di Sistema Portuale abbiano sino ad oggi mostrato un virtuoso pragmatismo, adottando autonomamente procedure che pervengono alla scelta del concessionario sulla base di criteri oggettivi, trasparenti e puntuali, impegnandosi in un lodevole sforzo di auto-regolazione, ispirato ai principi vigenti
Ciò ha portato alla sostanziale interpretazione evolutiva dell’art. 37 del Codice della Navigazione e, più in generale, del principio di mera preferenza per il richiedente che “proponga un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda al più rilevante interesse pubblico”. Mentre il famoso “diritto di insistenza”, che offriva al concessionario uscente un sostanziale diritto di prelazione sul rinnovo della concessione in presenza di più istanze concorrenti, è stato eliminato esplicitamente dalla direttiva Bolkenstein.
«Si è ormai affermato un modello concorrenziale di selezione dei nuovi concessionari di infrastrutture portuali. Sulla scorta di questa tendenza, la rivisitazione del Codice della Navigazione appare più che mai necessaria» conclude Deiana.
«Appare necessario superare il ricorso a leggi speciali a favore di una integrazione evolutiva della disciplina codicistica che rimane un punto di riferimento metodologico in virtù della sua impostazione organica e sistemica. Di questo parleremo il prossimo 9 Giugno, con l’auspicio che dal dibattito emergano utili spunti e suggestioni».