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FMC, nuova crociata contro le compagnie di navigazione

Porti a rischio asfissia, chi paga i danni?

di Redazione Port News

«Quando le compagnie di navigazione continuano a portare migliaia di container al mese in un porto, prelevandone solo una piccola parte, creano una situazione insostenibile: per i terminal, gli importatori, gli esportatori, per le società di autotrasporto e per lo stesso porto».

E’ duro l’attacco che il presidente della Federal Maritime Commission (FMC), Daniel Maffei, riserva ai vettori marittimi.

A margine di un incontro avvenuto la scorsa settimana nello scalo portuale di New York, Maffei ha sottolineato come la FMC stia indagando da tempo sulle numerose segnalazioni da parte dei caricatori, che addebitano ai liner comportamenti scorretti sull’applicazione delle tariffe di detentions & demurrage, comminate per la sosta dei contenitori nei terminal portuali e al di fuori di essi oltre il periodo di franchigia.

«Spesso – è questo il ragionamento dell’alto manager – gli shipper, ma anche i camionisti, si sono visti addebitare in passato extra tariffe anche quando non erano in grado di restituire il container a causa della congestione del terminal».

Adesso, però, è venuto il momento di accendere i riflettori sulla ripresa in carico dei container vuoti da parte dei liner. Occorre, insomma, «estendere l’indagine ai casi in cui caricatori e camionisti siano costretti a immagazzinare container o spostarli senza un adeguato compenso».

La Commissione – precisa Maffei – chiederà ai vettori di sapere quali piani abbiano ideato per raccogliere i container vuoti rimasti a prendere la polvere nei piazzali a causa della loro inefficienza e se non intendano risarcire gli shipper e i camionisti per il disagio loro arrecato, dovendo questi ultimi occuparsi di gestire i vuoti che la compagnia di navigazione non ha ancora prelevato.

«Il problema è in realtà abbastanza semplice – fa osservare Lars Jensen – il progressivo alleggerimento dei problemi di congestione, e la riduzione dei ritardi nella catena di approvigionamento, hanno liberato, immettendoli improvvisamente nel mercato, un numero esponenziale di container vuoti».

Per verificare la veridicità di questa affermazione basterebbe consultare l’Ocean Timeliness Index (OTI) di Flexport, utilizzato per misurare il tempo che impiega la merce proveniente dall’Asia per raggiungere un porto nordamericano.

Se da Dicembre del 2021 ad Aprile del 2022, il tempo medio è stato di circa 110 giorni, negli ultimi mesi questo si è ridotto di 16 giorni, passando a una media di 94.

«Significa che negli ultimi mesi c’è stato un contributo aggiuntivo di 16 giorni di consegna del carico» spiega il CEO di Vespucci Maritime. «Con il flusso di merci visto nella prima metà del 2022, si tratta di circa un milione di TEU aggiuntivi consegnati ai porti di riferimento». Un milione di container da venti piedi, che una volta svuotati, si sono trasformati in vuoti da rimpatriare.

Prima della pandemia, i dati di Flexport mostravano come il tempo di trasporto dall’Asia al Nord America fosse in media di circa 45-50 giorni. «Quindi – conclude Jensen – nel mentre che la catena di approvvigionamento continua progressivamente a normalizzarsi, 3 milioni di TEU vuoti andranno ad aggiungersi ai flussi di vuoti che i vettori dovranno rimpatriare».

Di conseguenza, «il problema segnalato dal presidente del FMC andrà a peggiorare» conclude Jensen.

La mossa della Federal Maritime Commission ha comunque il merito di sollevare un tema importante, quello della responsabilizzazione dei vettori marittimi, cui viene chiesto di fare tutto il possibile per garantire una piena operatività ai terminal portuali. Nessun altro deve pagare per le inefficienze altrui.

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