«Trovare un equilibrio tra il pubblico e il privato nell’ottica dello sviluppo del Paese». Per Edoardo Rixi è questa la vera scommessa che si dovrà aprire sulla portualità marittima nazionale nella prossima legislatura. «Non si può pensare che il mare sia considerato materia di serie b, un luogo buono solo per farci il bagno d’Estate» dice il deputato della Lega.
L’ex vice ministro delle Infrastrutture durante il primo Governo Conte promette di voler riprendere il percorso da dove l’aveva lasciato nel lontano 2019, quando, poco prima di essere raggiunto dalla sentenza di condanna del Tribunale di Genova sulla questione delle cosiddette “spese pazze” in Regione Liguria, aveva indetto gli Stati Generali della Portualità, avviando un percorso di confronto con gli operatori e le associazioni di categoria sulle riforme da portare avanti in ambito logistico portuale.
A distanza di pochi mesi dalla conferma, da parte della Cassazione, della sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte di Appello di Genova sui fatti contestatigli nel biennio 2010/2012 – e mentre fervono i preparativi per la compilazione delle liste e la presentazione delle candidature nella strana campagna elettorale seguita dalla caduta del Governo Draghi – l’uomo forte della Lega ligure torna a parlare in modo approfondito di portualità.
Promette che darà battaglia perché nel programma di coalizione del centrodestra trovino posto alcune importanti riforme che – sottolinea – non possono più essere rimandate.
«Occorre ripensare la struttura della governance portuale» afferma, sottolineando che se da una parte il Governo e, quindi, il Ministero delle Infrastrutture, deve continuare a coordinare le linee di indirizzo sulle grandi scelte che attengono alla portualità, alla logistica nazionale e ai grandi investimenti infrastrutturali, dall’altra occorre conferire una maggiore autonomia alle Autorità di Sistema Portuali.
«La riforma Delrio – spiega – ha contribuito a ridurre il numero delle Port Authority, senza però procedere ad un effettivo snellimento delle procedure. Il Ministero competente ha avocato a sé funzioni che avrebbe ben potuto delegare agli stessi enti portuali».
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. «Oggi le AdSP devono chiedere il permesso al Ministero per sapere se possono assumere un ingegnere idraulico o un ingegnere strutturale. Ci sono delle rigidità che impediscono a questi enti di definire le piante organiche in modo autonomo sulla base delle proprie esigenze contingenti».
Questo è soltanto uno dei problemi. Se ne potrebbero citare molti altri: a cominciare dai dragaggi, per i quali – afferma Rixi – «non riusciremo mai a trovare una soluzione se continueremo ad affidarci unicamente ad un Ministero, quello dell’Ambiente, che mantiene competenze generaliste su un tema estremamente complesso: non può essere la stessa cosa fare un dragaggio nelle isole, nell’estuario di un fiume o nel Mar Tirreno. A causa delle note lentezze procedurali, i porti dell’adriatico si sono praticamente insabbiati».
E se da una parte Rixi considera l’istituzione di un Ministero del Mare (o di un sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio con delega sui porti) una necessità «se vogliamo riunificare sotto un unico soggetto le molteplici competenze distribuite tra i vari ministeri in seguito alla scomparsa del dicastero della Marina Mercantile», dall’altra annuncia di voler promuovere un percorso di decentramento amministrativo che ridefinisca confini e margini di operatività delle stesse Port Authority.
In che modo? «Penso a un sistema di governance duale» sottolinea il coordinatore della Lega in Liguria. «I porti principali, quelli di rilevanza internazionale, dovrebbero trasformarsi in vere e proprie società a controllo pubblico mentre gli altri Sistemi portuali, perlomeno sino a un certo ordine di grandezza, dovrebbero rimanere enti pubblici non economici».
Nella visione di Rixi, sulla base di questo modello societario, porti come Genova e Livorno avrebbero la possibilità di muoversi liberamente nel mercato, di attirare investimenti privati senza dover attendere le risorse dello Stato: «A differenza dei porti nord europei, noi non riusciamo a fare gli investimenti o non riusciamo a farli nei tempi necessari» fa notare e aggiunge: «Il gettito portuale, che supera oggi i 10 miliardi di euro e che potrebbe arrivare a 25 miliardi se riuscissimo a sviluppare pienamente le nostre potenzialità, non viene riutilizzato dalle AdSP ma finisce nella contabilità generale. Solo una piccola parte viene reinvestita nel settore portuale. Troppo poco, comunque, per consentire al nostro Sistema di sfruttate il vantaggio competitivo datogli dalla sua collocazione geografica».
Sta tutto qui il problema. Un problema che le AdSP modello Spa potrebbero risolvere, «in quanto sarebbero in grado usare liberamente il proprio avanzo di amministrazione, ricorrendo addirittura all’indebitamento sul mercato pur di portare avanti determinati investimenti. Con queste regole, avremmo già potuto trovare le risorse per realizzare la Diga di Genova, senza intaccare quelle del Fondo Integrativo» afferma il deputato leghista.
In fondo, la forza di Rotterdam, e degli altri scali portuali del Northern Range, risiede in questa loro autonomia, e nel fatto che sono partecipate dalle autonomie locali: «In Nord Europa hanno una visione centralizzata sull’economia del mare ma va anche detto che se crescono i porti crescono anche i Comuni e le Regioni interessate. Sono anzi gli stessi enti locali ad anticipare, quando necessario, gli investimenti per la realizzazione di un’opera infrastrutturale, perché sanno di poterne trarre un beneficio diretto».
Il Sistema duale pensato da Rixi permetterebbe poi allo Stato di liberare risorse importanti per lo sviluppo della portualità del Mezzogiorno e del Centro Italia: «Il Governo – ammette -avrebbe finalmente la possibilità di occuparsi pienamente di quei porti che non riescono a generare appetibilità sul mercato. Oggi, invece, ci troviamo a dover concentrare la maggior parte delle risorse soltanto in due, tre scali portuali italiani».
Secondo l’intervistato, questo modello di Governance «ci permetterebbe di risolvere definitivamente la contesa con Bruxelles sulla tassazione dei porti senza dover ricorrere a bizantinismi contabili», come l’emendamento al Decreto Legge Infrastrutture e Mobilità presentato dal Salvatore Margiotta (Pd, ex sottosegretario ai Trasporti) , in base al quale l’attività concessoria è stata qualificata come attività di impresa. «Ho condiviso l’impostazione di quell’emendamento ma sappiamo bene che si tratta di una pezza che non va a risolvere la questione in modo sistemico» dice.
Il deputato della Lega vuole invece ragionare in prospettiva e dimostra di aver già tracciato una road map sul futuro della portualità nazionale: «Mi piacerebbe che i famosi Stati Generali della Portualità, che avrei voluto organizzare e presiedere quando ero viceministro, si tenessero con una certa regolarità nel nostro Paese, almeno a scadenza annuale. Il confronto con gli operatori su questi temi è fondamentale e da essi ho imparato tanto».
Allo stesso modo, dovrebbero essere rivitalizzate le Conferenze di Coordinamento dei Presidenti delle AdSP, rendendole obbligatorie: «Oggi sono una facoltà del Ministro e non è un caso che in taluni Governi non siano mai stati convocate».
Rixi si augura insomma che il prossimo Governo provi «a rispondere alle esigenze reali del nostro sistema trasportistico, creando strutture che siano in grado di dare quelle risposte che la portualità da tempo attende. Dobbiamo capire che il mare è e può essere un elemento strategico attraverso il quale poterci rilanciare pienamente a livello economico e industriale».
Il messaggio è stato lanciato. Ora occorre capire se nel Centrodestra abbiano su tali questioni una visione condivisa.