Primo trimestre del 2023. Secondo molti analisti, è questa la data a partire dalla quale saranno completamente risolti i problemi di congestione di cui ha sofferto il mercato del trasporto marittimo di container durante il periodo pandemico.
I dati forniti da Sea Intelligence non lasciano alcun dubbio al riguardo: il deciso miglioramento nell’affidabilità degli orari fatto registrare ad Agosto dai principali vettori oceanici fornisce le basi per ipotizzare un nuovo cambio di rotta nelle attuali dinamiche di mercato.
La flotta globale indisponibile per problemi di congestione e ritardi nel rispetto delle schedule si è ridotta ad Agosto ad appena l’8% di quella totale. A gennaio del 2022 le navi non utilizzabili erano molte di più: il 13,8% di quelle operative.
Considerato che, in condizioni normali, risulta di media non disponibile il 2% della flotta globale (per via della presenza dei ritardi fisiologici), il risultato finale è chiaro: in sette mesi, da Gennaio ad Agosto, la capacità ritirata dal mercato si è praticamente dimezzata.
Bene, dunque. O no?
Se analizziamo il mercato dal punto di vista degli armatori, il bicchiere mezzo pieno diventa mezzo vuoto. E’ il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jensen, a far osservare sul Baltic Exchange come nei primi sette mesi dell’anno la domanda di container rapportata alla miglia percorse (TEU/Miles) sia calata del 3,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Mettendo insieme i due dati (dimezzamento della capacità non operativa e indebolimento della domanda), risulta evidente come i vettori non abbiano ad oggi alcun tipo di strumento per provare a frenare il crollo delle tariffe di trasporto.
«A meno che non annuncino nuovi blank sailing, aggiuntivi rispetto a quelli già programmati, è difficile se non impossibile che i carrier riescano a correggere l’inevitabile discesa dei tassi» afferma Jensen, che ricorda come ad Ottobre siano state complessivamente annunciate sul trade pacifico verso la west coast USA cancellazioni per un totale di 48 partenze. Ciò non ostante, «la capacità offerta su questo collegamento risulta essere superiore dello 0,4% rispetto ai livelli dello stesso mese dell’anno precedente».
L’analista ne è convinto: «Quest’anno non ci sarà alcuna stagione di picco».
D’altronde, è un fatto che le navi non viaggino più da tempo al massimo della loro capacità di carico. «Le portacontainer che lasciano l’Asia per la costa occidentale degli Stati Uniti sono piene soltanto per tre quarti» afferma sul periodico The Loadstar, Mike Wackett.
Secondo i dati del Freightos Baltix Index, i tassi spot sul trade Cina-USA sono calati del 20% in una settimana, arrivando oggi a 2361 dollari a FEU. Il rischio paventato da Wackett è che già a partire dalla prossima settimana le tariffe scendano sotto la soglia dei 2000 dollari a FEU.
«Senza una correzione di rotta da parte dei vettori, le tariffe potrebbero scendere al di sotto dei livelli pre-pandemici prima ancora che abbia inizio la fase delle rinegoziazioni dei contratti di lungo periodo in scadenza» spiega l’articolista.
Per Lars Jensen, il sentiment dei clienti non va affatto trascurato. «Molti caricatori nutrono emozioni negative nei confronti dei vettori, a causa soprattutto dei livelli altissimi che hanno raggiunto le tariffe negli ultimi due anni». Un periodo burrascoso, difficile, in cui molti clienti si sono visti costretti a pagare agli armatori tariffe extra pur di ottenere uno slot disponibile a bordo di navi strapiene e sempre meno puntuali.
La situazione adesso è cambiata e molti shipper stanno ragionevolmente premendo per rinegoziare le tariffe concordate nei contratti di lungo periodo firmati tempo fa e oggi in via di scadenza.
Il chief analyst di Xeneta, Peter Sand, parla di uno sviluppo accattivante: «Dopo essere stati messi per anni con le spalle al muro, i caricatori si trovano oggi nella condizione di spostare tre container di 40 piedi allo stesso prezzo che soltanto pochi mesi fa avrebbero dovuto pagare per muoverne uno solo».
Gli esperti della consultancy firm norvegese fanno osservare come i vettori abbiano impegnato gran parte della propria capacità di stiva in contratti a lungo termine: Maersk, ad esempio, ha rivelato di aver “immobilizzato” il 71% dei TEU disponibili in contratti con scadenza annuale. In attesa, quindi, di una loro rinegoziazione, i long term contract dovrebbero riuscire a contro-bilanciare le transazioni spot a basso prezzo ancora per un po’ di tempo.
Un altro fattore sta poi accelerando il declino delle tariffe: il prezzo del carburante. Jensen ricorda come le variazioni del costo del bunker a basso tenore di zolfo abbiano un impatto significativo sulle tariffe di trasporto, specie su quelle spot, che vengono adeguate immediatamente sulla base dei valori assunti dai bunker fuel surcharge.
«Da luglio e fino all’inizio di ottobre il prezzo del carburante ha continuato a scendere e a fine settembre si è attestato al di sotto degli 800 dollari a tonnellata» sottolinea l’analista, aggiungendo che si tratta di un calo del 27% rispetto ai valori di Giugno, quando il bunker viaggiava attorno ai 1100 dollari a tonnellata. L’adeguamento, al ribasso, dei bunker fuel surcharge inciderà ulteriormente sui valori delle tariffe spot, livellandole.
Intanto, a partire dal prossimo anno, dovrebbero cominciare ad essere consegnate le newbuilding ordinate negli anni precedenti. Complessivamente, verrà iniettata nel solo 2023 una capacità aggiuntiva di 7 milioni di TEU. Non proprio una bella notizia per un settore sul quale cominciano a soffiare forti i venti di recessione che hanno investito le economie mondiali.