«Il 2023 non sarà affatto un anno facile: i segnali non sono dei più incoraggianti. Occorrerà navigare a vista, senza sbilanciarsi troppo a fare le carte al futuro». Il presidente di Assarmatori, Stefano Messina, è persona che non ama lasciarsi andare a previsioni azzardate di medio e lungo termine ma invita alla cautela.
«La pandemia e il conflitto russo-ucraino – sottolinea – hanno confermato come il nostro settore sia particolarmente esposto a dinamiche internazionali, sulle quali non abbiamo alcun controllo e che quindi rendono particolarmente aleatorie previsioni sull’andamento del mercato».
Se al termine dell’emergenza sanitaria il rapido aumento della domanda e la concomitante carenza di stiva avevano portato a un repentino rialzo delle rate di nolo, «adesso stiamo assistendo al fenomeno inverso: cala la domanda, aumenta la capacità di stiva ed ecco che il trend si è nettamente invertito» fa osservare il n.1 dell’associazione di categoria degli armatori aderente a Conftrasporto-Confcommercio.
«Abbiamo sempre contrastato le tesi di chi parlava di distorsioni della concorrenza nel periodo di picco dei noli: il mercato sta confermando di muoversi secondo dinamiche quasi elementari, legate alla domanda e all’offerta. In un settore, come il nostro, così esposto e ad alta intensità di capitale, il rischio di impresa deve essere premiato» aggiunge, spiegando che per l’anno venturo la priorità è una sola: «Impegnarci ogni giorno per far sì che nonostante tutte le disruption della catena logistica il trasporto marittimo resti efficiente, regolare e affidabile».
Per Messina l’armamento ha dimostrato di sapersi adattare alle sfide che si sono succedute nel tempo: «Durante la pandemia si è confermato spina dorsale del Paese, garantendo l’approvvigionamento delle merci e la continuità territoriale, e anche nel corso del conflitto russo-ucraino, cui è dovuta in larga parte la dinamica inflativa cui stiamo assistendo, si è avuto modo di notare la sua centralità grazie ai cosiddetti corridoi del grano».
Nel corso dei prossimi mesi, «il settore saprà adattarsi con rapidità alle richieste e ai mutamenti del mercato», prevede, dicendosi certo che gli armatori saranno pronti a fare quanto necessario anche sul fronte della decarbonizzazione del trasporto marittimo: «Non è nostra intenzione tirarci indietro proprio adesso, in un momento in cui – giustamente – si è alzato il livello di sensibilità dell’opinione pubblica su un tema così importante. Quello che chiediamo è di essere messi nelle condizioni di poter agire concretamente».
Messina sottolinea che gli armatori non sono produttori di carburanti né fanno parte direttamente della filiera tecnologica che deve individuare le soluzioni per ridurre così drasticamente le emissioni: «Siamo in tal senso dei ‘clienti’, pronti a sfruttare quello che ci viene messo a disposizione dall’industria. Per tale motivo ribadisco che gli obiettivi, soprattutto quando così sfidanti, dovrebbero essere realistici, e dovrebbero tenere conto delle opzioni effettivamente percorribili».
Il n.1 dell’Associazione armatoriale guarda in tal senso con preoccupazione alle nuove normative relative alla sostenibilità ambientale, dal CII dell’IMO, che entrerà in vigore fra pochi giorni, per arrivare al più articolato Fit for 55 dell’UE.
Il Carbon Intensity Indicator, in particolare, impatterà in modo dirompente sull’industria marittima nazionale, soprattutto nel settore dei traghetti dove l’Italia è tra i leader mondiali per carico e passeggeri trasportati oltre che per numero di navi impegnate sia nel corto che nel lungo raggio.
Un recente studio del Rina per Assarmatori mostra come entro il 2025 la flotta traghetti italiana avrebbe oltre il 73% delle navi non ottemperanti alla norma e quindi potenzialmente non più in grado di navigare: «Il CII prende in considerazione le emissioni prodotte durante la sosta nei porti, peggiorando di conseguenza drasticamente in modo ingiustificato il rapporto tra CO2 emessa e miglia percorse. Per questa norma occorrono correttivi, per i traghetti ma anche per tutti gli altri segmenti del trasporto marittimo».
Allo stesso modo, anche per il Fit for 55 «c’è ancora spazio per negoziare condizioni meno impattanti per il trasporto marittimo del nostro Paese, facendo in modo che gli obiettivi prefissati – sulla carta del tutto condivisibili – siano calati nella realtà tenendo conto delle soluzioni tecnologiche e industriali effettivamente disponibili».
L’aumento del costo del bunker è certamente un altro elemento di preoccupazione per il futuro, secondo Assarmatori: «Non siamo ai picchi raggiunti nella scorsa primavera, ma siamo comunque al di sopra della media degli ultimi anni. Le compagnie monitorano l’andamento giorno per giorno e per adesso sono riuscite a non riversare interamente questo innegabile aumento dei costi sul consumatore finale».