La logistica, nel suo insieme, è un elemento di straordinaria importanza per tutta la filiera del “Made in Italy” ed è lo strumento attraverso cui il nostro Paese, importatore di materie prime e finite, riesce ad essere la seconda manifattura d’Europa. L’Italia, inoltre, è tra i primi paesi al mondo tra i produttori di impiantistica (i cd. “pezzi speciali”). La gestione dei traffici di pezzi speciali, pertanto, rappresenta uno snodo essenziale per l’economia del nostro Paese.
In questo contesto si inserisce quindi il project cargo che, nonostante sia stato in passato spesso oggetto di poca attenzione da parte di studi di settore se non in rari casi, si presenta come un asset importante per lo sviluppo dei nostri porti – sotto il profilo dell’implementazione dei traffici e quindi della competitività – visto il posizionamento economico e geografico dell’Italia.
A livello generale, i porti più utilizzati per questo tipo di spedizioni “fuori sagoma” sono tendenzialmente quelli adriatici. Genova, che fino a pochi anni fa vantava un peso specifico notevole in questo segmento, ha perso quote di mercato a causa di difficoltà nella ricezione del carico per problemi sia stradali sia ferroviari, e questo è andato appunto a beneficio di scali adriatici come Marghera (che, ultimo dato disponibile, ha movimentato su base annua circa 53mila tonnellate), Trieste, Monfalcone e Ravenna, ma non solo. Rivestono notevole importanza anche i porti della Puglia e, sul fronte tirrenico, quelli di Salerno, Napoli, Marina di Carrara e (soprattutto) Livorno. Domanda di trasporto sostenuta, noli marittimi ancora più che soddisfacenti e portafoglio ordini contenuto sono i tre driver che consentono di guardare al futuro di questo segmento con ottimismo.
Da questa premessa derivano quindi due considerazioni legate all’importanza del project cargo per il Sistema-Paese, la prima, di diretto interesse per i terminal portuali che gestiscono detto segmento di traffico e, la seconda, sotto il profilo del lavoro.
In primo luogo, dunque, v’è il tema di come valorizzare l’offerta di project cargo all’interno dei piani d’impresa dei terminal portuali operativi in tale contesto. Sarebbe, infatti, opportuno che i traffici di project cargo – talvolta identificato, nel suo complesso, come segmento merceologico di merce varia – iniziasse ad essere tenuto in debita considerazione all’interno dei piani di impresa dei terminal – e quindi mediante un’adeguata valorizzazione da parte delle competenti Autorità di Sistema Portuale – già in sede di valutazione delle istanze per il rilascio dei singoli titoli concessori.
E ciò proprio in ragione del significativo impatto occupazionale che questo traffico porta con sé. Ecco allora che sarebbe opportuno che le competenti AdSP definiscano un criterio unitario per stabilire una corretta modalità di calcolo dei volumi di traffico che tenga debitamente conto delle specifiche caratteristiche del project cargo in relazione al suo peculiare rapporto peso/volume, la cui lavorazione e movimentazione da parte dell’operatore di terra comporta, appunto, un elevato grado di specializzazione.
Pertanto – sul presupposto che tali valutazioni incidono poi anche sulla determinazione del canone demaniale che di fatto prevede ad oggi maggiori benefici per determinate tipologie di traffico rispetto ad altre – sarebbe opportuno ampliare il catalogo dei parametri della componente variabile del canone concessorio con particolare attenzione alla categoria del project cargo o, comunque, di slegare tali incentivi (legati ai volumi di traffico) dal consueto binomio TEU/tonnellaggio che non valorizza l’importanza di rilevanti traffici vitali per l’economia del nostro Paese, misurando invece la merce secondo una combinazione di fattori, tra i quali il volume, il peso, la densità ed il modo in cui si appalesa l’imballaggio.
Sotto altro profilo – se prendiamo in considerazione il neo approvato Regolamento concessioni del MIT che, al proprio articolo 2, disciplina le modalità di rilascio di concessione demaniale in ambito portuale ivi inclusi i criteri di valutazione delle istanze concessorie – si osserva come ulteriori criticità per la valorizzazione dell’offerta del project cargo potrebbero manifestarsi proprio in quei porti che ancora ad oggi sono dotati di un Piano Regolatore Portuale (PRP) molto risalente (e anteriore alla legge 84/94) in cui manchi una puntuale “zonizzazione” del porto: in questo caso, nell’ipotesi in cui una medesima area demaniale (sprovvista di zonizzazione) interessi sia ad un operatore specializzato, ad esempio, in traffico full container che ad uno specializzato in project cargo, potrebbe infatti manifestarsi l’ulteriore difficoltà di comparare domande tra di loro non omogenee.
In secondo luogo, il project cargo si presta a specifiche considerazioni anche sotto il profilo del lavoro portuale, vale a dire sulle modalità di imbarco/sbarco di pezzi speciali. Ciò in quanto, all’atto pratico, v’è una mancanza di idonee specializzazioni interne al porto, soprattutto in banchina, per poter eseguire tali operazioni ragion per cui o detta operazione la si fa secondo apposite modalità altamente specialistiche oppure non la si può portare a termine.
In caso di operazioni di carico / scarico di pezzi speciali, infatti, a differenza di altre tipologie di traffico (quali, a titolo esemplificativo ma non esclusivo, i traffici Ro-Ro e, nello specifico, le connesse operazioni di rizzaggio e/o de-rizzaggio dei rimorchi e semi-rimorchi) v’è, talvolta per necessità, una tripartizione di soggetti interessati nel ciclo di queste operazioni (vale a dire, l’equipaggio della nave, l’impresa portuale ex art. 16 Legge n. 84/94 che può operare di concerto con l’impresa autorizzata ex articolo 17 ed un’impresa terza esterna al porto, che deve essere autorizzata ex art. 68 Cod. Nav., specializzata nell’assistenza in tali operazioni).
In questo senso, dunque, il tema di chi gestisce l’operazione di imbarco / sbarco del pezzo speciale non è una questione di chi la effettua al minor costo possibile – a differenza di altre tipologie di traffico dove non necessariamente deve essere presente un’elevata specializzazione di terra per eseguirla – ma v’è un serio tema di mancanza di manodopera specializzata ad operare in tal senso.
Circostanza questa che, ad avviso di chi scrive, dovrebbe indurre le competenti AdSP ad affrontare la tematica, anche sotto il profilo dei potenziali riflessi in ambito safety & security, in presenza di operazioni di project cargo che, come detto, rappresentano un’importante prospettiva di sviluppo dei nostri porti.