Buongiorno a tutti,
mi fa veramente piacere essere qui con voi oggi per l’appuntamento annuale con l’Assemblea di Confitarma, il primo per me da quando sono Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ringrazio quindi il Presidente Mattioli per la sua interessantissima ed appassionata relazione e per i tanti spunti che da essa abbiamo ricavato, sui quali non mancheremo di fermarci per una riflessione e per i necessari approfondimenti. Permettetemi di unirmi al ricordo di tutti voi per le 43 vittime dell’immane tragedia del crollo del ponte Morandi, e per mandare un messaggio di vicinanza e sostegno ai familiari delle vittime e alla Città di Genova.
Quanto è accaduto il 14 agosto ha dettato nel nostro Governo la priorità di dare una svolta nella cura della sicurezza dei cittadini e lavorare di più sulla manutenzione ordinaria, sulla prevenzione e sulla costruzione di piccole opere diffuse, le “opere utili”, quelle che veramente incidono sul miglioramento degli spostamenti, sulla qualità della vita delle persone, sulla loro quotidianità. Il “Decreto Genova” va davvero in questa direzione e con la forte dotazione economica che ci abbiamo messo dentro a beneficio della città, circa 800 milioni di euro, è destinato ad accompagnare la ripartenza di Genova, un centro così intimamente legato ai suoi traffici, al suo porto, al suo mare e all’armamento italiano.
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L’Assemblea è dedicata quest’anno ai 20 anni del Registro Internazionale, una misura ancora “giovane”, che all’epoca della sua introduzione ha rinvigorito la flotta di bandiera italiana, evitando la fuga verso altre bandiere che garantivano maggiori benefici fiscali. Un pacchetto di misure che – insieme ad un altro importante strumento fiscale quale quello della Tonnage Tax – ha dato slancio all’armamento italiano, consentendogli di raggiungere i primi posti tra le flotte mondiali, e che deve continuare a produrre effetti anche per il futuro perché i nostri armatori possano continuare ad investire in flotte giovani, tecnologicamente avanzate, sicure e “pulite”.
Credo che non ci sia in Italia l’esatta consapevolezza della rilevanza dei numeri del trasporto marittimo nell’economia, del suo ruolo di anello logistico fondamentale della catena produttiva e dell’erogazione dei servizi al Paese. Specialmente per i vantaggi ottenibili in termini di economie di scala e di sostenibilità ambientale raffrontate ai volumi trasferiti e alla percorrenza rispetto ad altri sistemi di trasporto via terra tradizionali. Per fare un esempio concreto, i fasci di traffico e i volumi di merci che intercetta il nodo strategico del porto di Genova sono balzati agli occhi di gran parte dell’opinione pubblica solo dopo il crollo del ponte Morandi e hanno determinato crescenti preoccupazioni sulle conseguenze che la limitazione di quei traffici avrebbe potuto avere sul retrostante territorio, sull’interconnessione modale e sugli ampi bacini di destinatari.
Eppure conosciamo bene quanto è cruciale il Mediterraneo nelle dinamiche dei flussi di traffico marittimo internazionali, quanto “pesa” quel 500% in più di traffico container nell’area mediterranea negli ultimi 20 anni, quali sono gli effetti a doppia cifra dell’espansione del Canale di Suez, quanto cresce il ruolo dei porti del Mediterraneo e quanto pesano gli investimenti lungo la Via della Seta (i Ministri Tria e Di Maio sono già stati in Cina anche per rappresentare le potenzialità dell’Italia come hub logistico per le navi che percorrono la Via della Seta).
Per limitare la nostra analisi all’Italia, siamo il terzo Paese per movimentazione di merci nel Mediterraneo e il primo nell’UE per trasporti a corto raggio. Il dato dell’import-export del 2017 (240 miliardi di cui 30 miliardi solo con la Cina) è lì a ricordarci ogni giorno il nostro ruolo di “pontile” nel Mediterraneo che è collegato a terra con il fiorente mercato dei Paesi Europei.
L’industria armatoriale – lo ha ricordato anche lei, Presidente Mattioli – produce 33 miliardi di euro l’anno, circa il 2% del PIL e da lavoro a circa 500.000 persone tra addetti diretti ed indotto. La flotta di bandiera italiana ha raggiunto posizioni di leadership nei settori delle unità Ro-Ro, navi da crociera, navi per prodotti chimici e grazie agli oltre 30 miliardi di euro di investimenti negli ultimi 10 anni è una flotta tra le più giovani e moderne nel panorama mondiale, cresciuta in quantità e migliorata in qualità.
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Vorrei soffermarmi in particolare su 3 eccellenze italiane che ha ricordato anche lei, Presidente Mattioli:
1) La crescita costante dell’industria crocierista, sia dal lato della produzione che da quello dell’offerta turistica. Un’industria che continua ad incontrare gli interessi dei consumatori e produce benefici per l’economia globale, oltre ad essere promozione delle nostre città di mare e dei nostri territori. È un settore produttivo forte, capace di reggere anche a contingenze negative, in cui operano centinaia di aziende (a partire dalle eccellenze e dai numeri straordinari della nostra cantieristica) che con la loro professionalità contribuiscono a creare un prodotto turistico molto richiesto che ha le sue principali attrazioni nella nave e nelle sue destinazioni. L’Italia è il Paese che più beneficia dell’industria crocieristica di tutto il Vecchio Continente, intercettando un quarto del mercato crocieristico europeo e generando un fatturato annuo di 13,2 miliardi di euro. I dati presentati a Trieste qualche giorno fa all’appuntamento di settore annuale “Italian Cruise Day” sono molto confortanti in questo senso, con una crescita di passeggeri previsti nel 2018 che sfiorerà la doppia cifra (8,6%).
2) Il settore della navigazione Short Sea, nella quale l’Italia primeggia a livello europeo. Una trama di collegamenti marittimi a corto raggio, in grado di sostenere ed alimentare le relazioni commerciali intra-mediterranee, trasformando i flussi di merci via mare in valore ed occupazione per i territori. Si attirano in questo modo nuovi volumi di traffico con maggiori vantaggi diretti ed indiretti. Pensiamo alla maggiore sostenibilità ambientale e sociale collegata alla qualità della vita delle comunità locali: minore incidenza delle emissioni, minore congestionamento del territorio, minore incidentalità e minori costi. Proprio in questa direzione va l’incentivo Marebonus che ha come obiettivo proprio quello di trasferire quote sempre maggiori di traffico dalla modalità stradale a quella marittima, riducendo così i costi economici, ambientali e sociali della mobilità. Il “ritorno” che stiamo avendo dagli operatori su questo incentivo è veramente lusinghiero: lo stanziamento Marebonus ha stimolato investimenti per nuovi servizi di Autostrade del Mare e l’upgrading di quelli esistenti di 538 milioni su un orizzonte temporale triennale e le stime prudenziali sono di 190.000 veicoli pesanti sottratti annualmente alla strada.
3) La qualità della formazione delle nuove leve, delle quali abbiamo qui oggi una bella rappresentanza, ragazzi che stanno svolgendo un percorso culturale e professionale che gli consentirà di sviluppare il valore della responsabilità e la consapevolezza delle proprie azioni e li trasformerà in “uomini di mare” capaci di decidere e gestire processi e persone, per garantire incolumità e sicurezza agli individui e ai beni che saranno loro affidati.
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C’è però una sfida che attende gli armatori a breve ed è quella ambientale perché la sostenibilità è chiaramente il filo conduttore che dovrà guidare l’industria del settore navale per lo sviluppo di soluzioni tecniche capaci di realizzare il connubio tra ambiente ed economia. Mi riferisco, come accennava anche lei Presidente Mattioli, all’obbligo di riduzione del tenore di zolfo nei combustibili marini che scatterà dal 1° gennaio 2020 e al progressivo passaggio al Gas Naturale Liquefatto.
Anche su questo punto, vogliamo condurre un aggiornamento in ottica collaborativa, con l’ausilio delle diverse associazioni di categoria sia degli armatori che dei produttori e con il coinvolgimento del Ministero dell’Ambiente, per poter avere l’esatta cognizione delle dinamiche, quanto meno con riguardo allo shipping ed ai porti nazionali, per comprendere le capacità del nostro sistema produttivo e distributivo, i tempi di approvvigionamento a fronte dell’accresciuta domanda di questi carburanti, le eventuali ulteriori criticità e le soluzioni praticabili.
Un approccio “green” che dovrà coinvolgere anche le infrastrutture e le attività portuali, con interventi mirati come l’elettrificazione delle banchine, il maggiore ricorso a fonti di energie rinnovabili applicate a strutture ed edifici portuali, l’utilizzo di mezzi di trasporto e di sollevamento ad alimentazione elettrica. Il processo “green” è ormai irreversibile, coinvolge tutti i rami della logistica ma sconta i costi iniziali dell’investimento. Per questa ragione, abbiamo necessità di capire se sia necessario prevedere forme di incentivazione, per favorire questo processo virtuoso e il conseguente beneficio collettivo.
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Abbiamo insomma dei numeri positivi che dobbiamo consolidare, mentre stiamo recuperando su alcuni ritardi storici. Ora però è il momento del salto di qualità in termini di efficienza e competitività con alcune misure importanti che vi mettano in condizione di correre di più e meglio senza che lo Stato costituisca per voi un ostacolo. E da questo punto di vista, colgo con grande favore la sua proposta, Presidente Mattioli, di lavorare insieme fin da subito per sburocratizzare, semplificare, snellire e migliorare norme e procedure che vincolano lo sviluppo della nostra bandiera. Ne parlerò anche con il Viceministro Rixi, affinché ci si possa riunire intorno ad un tavolo insieme, per impostare quanto prima un efficace lavoro per i prossimi mesi.
L’opera che condurremo insieme dovrà camminare parallelamente al miglioramento delle prestazioni logistiche del nostro Paese. Lo abbiamo detto tante volte: l’Italia per la sua collocazione geografica al centro del Mediterraneo rappresenta la naturale cerniera di collegamento per i traffici provenienti dall’estremo e medio Oriente verso l’Europa. Il nostro obiettivo è quello di far tornare il nostro Paese elemento centrale e propulsivo di una nuova politica di sviluppo del bacino del Mediterraneo e dell’Europa centrale. E la funzione strategica della portualità e della logistica è parte costitutiva della collocazione geo-economica dell’Italia e della sua competitività economica, industriale e produttiva.
Ho accennato alle misure di efficientamento cui vogliamo lavorare, nella mia relazione sulle Linee programmatiche presentata alla Commissione Trasporti. Per prima cosa dobbiamo rendere maggiormente connessi i nostri porti per ridurre le esternalità negative e i tempi di permanenza delle nostre merci in porto. C’è bisogno di una rinnovata attenzione per le connessioni immateriali, quali la digitalizzazione, un sistema di controlli e smistamento merci moderno, rapido e tecnologicamente avanzato.
L’Agenzia delle Dogane sta già svolgendo un importante lavoro in materia di digitalizzazione della catena logistica attraverso l’implementazione dello Sportello Unico Doganale (che accorpa in un unico front office tutti i 133 controlli sulla merce in capo a 13 diverse pubbliche amministrazioni), del fascicolo unico elettronico, dei Fast Corridor stradali, ferroviari e intermodali e delle operazioni di sdoganamento a mare (queste ultime, in stretta connessione con i servizi di monitoraggio resi dal Corpo delle Capitanerie di porto).
Ma il nostro obiettivo è quello di puntare ancora di più sulle operazioni di sdoganamento a mare (pre-clearing), per contrarre i tempi “improduttivi” per le navi e per ridurre quindi i tempi di stazionamento delle merci nei terminal di sbarco. Vorrei ringraziare a questo proposito il Corpo delle Capitanerie di porto per le 70 mila ore di monitoraggio della navigazione delle flotte commerciali nei 14 porti dove è operativo il pre-clearing, che hanno consentito di sdoganare a mare 1.650 navi nel solo 2017.
Competitività ed efficienza, insomma, richiedono procedure amministrative semplici, rapide e condivise, in grado di sfruttare le moderne tecnologie digitali per eliminare le inefficienze di natura burocratica che pesano sulla catena logistica portuale. Un primo segnale concreto di questa rinnovata attenzione per le connessioni immateriali, arriverà nei prossimi giorni con la proposta del mio Ministero di un DPCM di disciplina delle modalità di interscambio telematico dei dati relativi alle formalità di arrivo e partenza delle navi nell’ambito del sistema PMIS (Port Management Information System). Grazie a questo sistema, la cui realizzazione e gestione amministrativa è stata affidata alla responsabilità del Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto, si snelliranno e velocizzeranno le attività amministrative correlate all’ingresso, all’operatività portuale e alla partenza delle unità navali, con un risparmio di tempo e di costi per gli operatori del cluster marittimo e di tutte le amministrazioni coinvolte nell’arrivo e nella partenza delle navi dai porti nazionali.
Ma permettetemi di ringraziare il Corpo (vedo tra di voi e saluto affettuosamente il Comandante Generale, Ammiraglio Pettorino) anche per il supporto, in termini di sicurezza produttiva, che fornisce ogni giorno a tutti gli armatori nei nostri porti e che favorisce un’interfaccia nave-porto snella ed efficiente, a garanzia della sicurezza della navigazione e dei traffici. Così come ringrazio la Marina Militare (saluto l’Ammiraglio Marzano, in rappresentanza del Capo di Stato Maggiore della Marina) per la sua presenza visibile e “invisibile” nelle acque territoriali e nell’alto mare a tutela della sicurezza delle navi, dei loro equipaggi e delle linee di commercio.
Ma la nostra competitività non dipende solo dalla velocità con cui sdoganiamo le merci o dalla sburocratizzazione. Ci sono ancora molti porti che, purtroppo, hanno limiti enormi nel loro sviluppo dovuti alla loro scarsa accessibilità. Serve quindi lavorare di più sulle connessioni materiali, sull’intermodalità, sulle infrastrutture di ultimo miglio: avere una portualità e una logistica efficiente significa diventare “calamita” per gli investimenti nei nostri scali, favorire la cooperazione tra sistemi territoriali e infrastrutturali più vasti, disporre di una rete ferroviaria efficiente e performante, avere porti accessibili via strada ma anche via mare (penso ai dragaggi, il cui iter è un vero e proprio percorso ad ostacoli), ottimizzare l’offerta di approdo diversificando le tipologie di traffico merci senza puntare solo sui containers.
Voglio dedicare un passaggio particolare all’investimento nel collegamento ferroviario dei porti italiani per favorire il passaggio intermodale da gomma a ferro nel trasporto delle merci. Si tratta di un aspetto che consideriamo strategico per efficientare i nostri porti e abbiamo deciso quindi di condividere una politica con RFI che ci porterà a individuare e coordinare insieme le scelte di intervento sui collegamenti di ultimo miglio ferroviario. In particolare, stiamo lavorando sul potenziamento di tutti i collegamenti della rete ferroviaria nazionale alle aree con interporti, terminal ferroviari, piattaforme logistiche e raccordi industriali in grado di incidere sull’efficienza dei processi di ingresso/uscita dai terminal. Siamo molto soddisfatti delle risorse ulteriori messe a disposizione per queste finalità nel Contratto di Programma 2017/2021.
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Mi avvio alla conclusione con una breve riflessione. Ha ragione, Presidente Mattioli, quando dice che le sfide si vincono se si è uniti. E lo dico perché credo che il cluster marittimo debba presentarsi coeso e compatto per conseguire obiettivi comuni. La convergenza sulle idee e sulle proposte da sottoporre all’Amministrazione favorisce ed agevola le scelte delle Istituzioni e ci mette in condizioni di affrontare con maggiore forza le sfide non più rimandabili.
Grazie a tutti!