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Interviste

Colloquio con il presidente di Spediporto

Spedizionieri, la ricetta di Giachero per restare sul mercato

di Marco Casale

«I processi di integrazione verticale da parte delle compagnie di navigazione attive nel trasporto container sono ineluttabili e non possono essere fermati» Andrea Giachero condivide pienamente le opinioni espresse sulle colonne di Port News dall’esperto di SRM, Alessandro Panaro.

Soffermandosi sulle recente, annunciata, operazione del colosso logistico-marittimo MSC di voler acquisire una quota rilevante di HHLA (terminalista tedesco di Amburgo), Panaro aveva sottolineato la tendenza dei big carrier a diventare sempre più multiservizio, definendola una strategia chiara e definita, una necessità per un mercato che sta diventando sempre più complesso a livello di competitività.

Il presidente di Spediporto, l’Associazione degli spedizionieri genovesi, non si dice però preoccupato dai fenomeni in atto: «Il mondo dello shipping sta mutando alla velocità di una mail, rendendo superati processi e tecnologie che qualche anno fa erano avanguardistici»  afferma.

«Ciò è sicuramente accentuato dall’evento pandemico, che ha accelerato enormemente i processi legati all’evoluzione dei nostri paradigmi mentali (anche a livello di recruitment e management), così come di quelli operativi e relazionali, mettendo così sotto stress il comparto logistico» aggiunge, sottolineando come il Covid abbia fortemente incentivato lo sviluppo dell’e-commerce, attestando il suo risultato ad un quinto del valore delle vendite complessiva.

«Tutto ciò ha contribuito a dar vita ad un processo che, come afferma Panaro, è inarrestabile, ma che era assolutamente già visibile qualche anno fa, ancora prima dell’avvio di quel super ciclo economico innescato dall’impennata dei noli. Le marginalità permesse dall’alto rendimento delle tariffe di trasporto hanno comunque favorito l’integrazione verticale: i principali player, come  MSC, Maersk, CMA, Hapag, hanno e stanno acquisendo ancora oggi, in modo quasi compulsivo, tutte quelle  attività door e last mile che garantiscono all’importatore o esportatore una resa door/door (da loro gestita)» spiega ancora Giachero, citando a titolo di esempio l’acquisizione di Bolloré Africa Logistics da parte di Msc, operazione del valore di 5,7 miliardi di dollari, o l’acquisto del colosso della logistica delle automobili, GEFCO, da parte di CMA CGM.

«Di fatto, i vettori possiedono oggi piattaforme terminalistiche, operatori di varco, società di trasporto, vettori ferroviari e aerei. Si tratta di una evoluzione resasi necessaria grazie anche allo sviluppo dell’e-commerce, e alla crescita e al consolidamento di player come Alibaba e Amazon, i quali hanno investito da subito in strutture ed impianti tecnologicamente avanzati che attraverso algoritmi permettono processi distributivi sempre più efficienti ed efficaci».

Il processo di progressiva integrazione verticale e orizzontale dei global carrier marittimi nei vari settori di business della logistica merci non deve però preoccupare. Giachero, che di lavoro fa l’amministratore delegato della Priano Marchelli Spa, azienda storica fondata nel 1934, focalizzata nel business della logistica integrata indirizzata al comparto navale (mercantile, crocieristico e cantieristica), si mostra sereno: «L’aggregazione – dice – è un cambio di paradigma mentale che opera in modo sistemico e che ci proietta verso una logistica sempre più sostenibile e digitale» .

Secondo il n.1 di Spediporto, la digitalizzazione giocherà un ruolo fondamentale : «Il fenomeno in corso della deglobalizzazione sta cambiando le catene di approvvigionamento: il ricorso maggiore al reshoring e al nearshoring richiederà supply chain più corte e ottimizzate in termini di approvigionamento e distribuzione. In questo contesto sarà necessario stimolare processi di aggregazione razionale e favorire investimenti infrastrutturali e digitali che permettano di controllare ogni operazione in real time, attraverso una logica All in One» .

In tal senso, «guardando a noi, avremo l’opportunità di ampliare le catchment area  di riferimento, rafforzando la nostra presenza sul mercato italiano e del Mediterraneo. Tale logica ci permetterà di traguardare la Germania, la Svizzera e l’Austria, oggi servite soprattutto dai porti nordeuropei» .

Giachero condivide inoltre la tesi di Panaro secondo la quale in Italia i processi di integrazione verticale siano stati agevolati dal diffuso utilizzo della clausola ex-works (franco fabbrica). «Il 73% delle aziende esportatrici italiane dà in outsourcing il processo logistico contro il 30% di quelle europee. In Italia crediamo, così facendo, di sbolognare la responsabilità all’importatore senza capire che venendo indicato come shipper nel documento di trasporto marittimo (Bill of lading), nella lettera di trasporto aereo (con l’acronimo AWB) e in quella del trasporto stradale (CMR), l’impresa può comunque incorrere in responsabilità nei confronti del vettore in ipotesi di mancato ritiro della giacenza, di imballaggio inadeguato, o di merci non adeguatamente dichiarate. E si aggiunga il fatto che in questo modo l’azienda è debole e passiva nei confronti dell’acquirente della merce o del vettore, non avendo un rapporto contrattuale riguardo al trasporto dell’ordine» .

Tutto ciò ha di fatto depauperato la competitività delle Aziende Esportatrici Italiane rendendole deboli anche in termini di servizio, che è chiaramente meno efficiente e meno completo. La via d’uscita c’è ed è quella di riportare le forniture alle rese CIF (Cost, Insurance and Freight), con ciò indicando quell’accordo commerciale in virtù del quale il prezzo concordato per le merci include il costo del trasporto, l’assicurazione e il carico a bordo della nave. In questo caso, il rischio del venditore si estende fino a quando le merci non sono state consegnate a bordo della nave. Da quel momento in poi, il rischio passa al compratore. «Così facendo, riusciremmo a prendere due piccioni con una fava, in quanto sia l’export che i trasporti, strategici per l’economia italiana, ne risulterebbero avvantaggiati» è la ricetta del manager, per il quale gli spedizionieri devono farsi trovare pronti al cambiamento in atto.

«Oggi siamo forse alla fine di un’era. Il calo delle tariffe è particolarmente degno di nota in quanto segna la prima volta in cui le tariffe a lungo termine hanno registrato una flessione annua dalla fine del 2020. I vettori hanno goduto di un aumento ben documentato dei ricavi durante la pandemia, grazie alle catene di approvvigionamento interrotte, domanda elevata, congestione e mancanza di attrezzature, ma quel periodo non tornerà più e piano piano rientreremo nei ranghi della normalità» .

Il mondo sta cambiando in modo radicale: «Noi Spedizionieri dobbiamo evitare di rimanere passivi così come abbiamo fatto per anni. Siamo chiamati a reinventarci in modo dinamico sfruttando quelle opportunità che anche si andranno a creare anche per effetto di quegli stessi processi di integrazione di cui oggi parliamo con evidente preoccupazione» .

Se è vero che le case di spedizioni si trovano oggi strette tra i grandi colossi dell’armamento e della logistica e che oggi, grazie alla tecnologia, i big carrier possono raggiungere anche potenziali clienti, più piccoli, che in passato erano appannaggio degli stessi spedizionieri, è altrettanto vero che quest’ultimi «possono fare altrettanto e provare a consolidare tutti quei servizi legati alle industrie di nicchia che non sono facilmente raggiungibili dalle grandi compagnie di navigazione» .

Andrea Giachero, presidente di Spediporto