«Assoporti? Deve ricucire al più presto lo strappo dei porti siciliani con il resto del Mezzogiorno: il comparto ha bisogno di una rappresentanza forte e universalmente riconosciuta». Raggiunto al telefono, il viceministro ai Trasporti Edoardo Rixi non nasconde il proprio disappunto per la frattura che si è venuta a creare dentro l’associazione dei porti italiani. «Il presidente Annunziata ha ragione» aggiunge, dopo aver letto la sua intervista su Port News: «Non ha infatti alcun senso che singoli porti vadano in giro per il mondo a promuovere se stessi senza prima avere acquisito una visione strategica del sistema Paese».
Già, la visione. Gli ricordiamo come l’altro giorno a Bari, al convegno sugli scali marittimi del Mezzogiorno, il presidente dell’Autorità di Sistema del Mar Tirreno Centrale, Pietro Spirito, abbia denunciato l’assenza di prospettive sulla portualità («Tutto si è schiacciato sul brevissimo termine, su quello che accade domani mattina. Ma domattina, ovviamente, non accade nulla»). Una critica alla quale Rixi reagisce precisando che «non spetta soltanto alla politica trovare un’unità di intenti. Occorre che ciascun attore svolga al meglio la propria parte: tanto il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti quanto i presidenti delle Autorità di Sistema Portuale, che non possono più essere autoreferenziali».
Occorre insomma evitare «contrapposizioni insensate tra AdSP». Al contrario, ciascun sistema portuale deve «sviluppare vocazioni differenziate sulla base delle specificità del proprio territorio. L’Alto Tirreno e l’Alto Adriatico sono le due spalle della nostra penisola, le bocche di accesso della merce di entrata nell’Europa centrale e centro-orientale. I porti del Mezzogiorno rappresentano invece un importante alter ego rispetto ai dirimpettai dell’Africa. A questo si aggiungono gli scali di Sicilia e Sardegna, che devono riscoprire la vocazione crocieristica».
Anche il tema della natura giuridica delle Autorità Portuali è un punto sul quale non si riesce a trovare un’opinione condivisa. «Ricordo come alla Shipping Week di Napoli gli organizzatori abbiano chiesto per gioco ai singoli Presidenti delle AdSP di esprimersi su questo argomento. Risultato? Dodici intervistati, tre gruppi di pensiero differenti».
Per Rixi invece «rimane aperto il tema della trasformazione delle Autorità Portuali in Spa. A maggior ragione oggi a causa della trattativa in itinere tra il Ministero e Bruxelles, che vorrebbe equiparare le AP a imprese commerciali e di servizi, quindi soggette al pagamento dell’Iva su ogni attività svolta».
Di questa soluzione gli piacerebbe parlarne, «tranquillamente e in modo franco», con gli stessi presidenti delle Autorità di Sistema. «Ho chiesto loro di far pervenire al Ministero le proprie valutazioni al riguardo. Non è ancora arrivato nulla…».
Restando al presente, a giudizio del viceministro le AdSP sono realtà istituzionali «decisamente ingessate nello svolgimento della loro attività. Anche dragare un porto appare impresa estremamente complicata. La nostra priorità resta quindi quella di semplificare finalmente i processi burocratici, non certo quella di trovare le risorse. Diciamola tutta: i porti hanno anche troppi soldi da spendere». Un esempio? «Lo scalo marittimo di Genova è pieno di soldi ma non riesce a utilizzarli. Abbiamo provato a dargli delle deroghe anche seguendo l’esempio di quanto deciso per la ricostruzione del ponte Morandi. Vediamo se in questo modo si sbloccano finalmente gli investimenti».
Per Rixi il vero obiettivo per un’Autorità portuale rimane così quello di riuscire ad appaltare tutte le opere: «Vorrei che alla fine dell’anno la condizione contabile di ciascuna fosse quella del pareggio di bilancio. Perché soltanto quando saremo in overcapacity di realizzazione, potremo cominciare a parlare di autonomia finanziaria».