Il 2023 del mercato liquid bulk del trasporto marittimo merci si chiude all’insegna dell’ottimismo e ad oggi non si intravedono all’orizzonte segnali che lascino presagire la possibilità di una inversione di rotta per il prossimo futuro.
E’ l’esperto broker Ennio Palmesino a indicare a Port News i trend di questo settore. «Nell’ultimo biennio – ricorda – i rendimenti delle navi si sono mantenuti su livelli altamente remunerativi. La guerra in Ucraina ha creato una situazione favorevole agli armatori, spingendo verso l’alto i noli delle navi più piccole, più adatte alla caricazione di greggio nei terminal vetusti presenti nel Mar Nero e nel Mar Baltico».
Palmesino sottolinea come nel 2022 e nel 2023 le più versatili Aframax, da 80.000 tonnellate di portata lorda, abbiano fatto premio sulle Suezmax (da 130.000 tonnellate di portata), adatte a caricare il greggio nel Mar Nero ma non nel Mar Baltico, e sulle VLCC, le super petroliere, che invece caricano nel Golfo Persico.
Con l’Europa fuori gioco a causa del permanere delle sanzioni nei confronti dell’importazione di petrolio russo, il Cremlino ha continuato a vendere il proprio oro nero all’India, alla Cina e ai Paesi africani, arrivando a guadagnare tra gli 80 e i 9o dollari al barile, alimentando quindi la domanda di stiva. Si tratta di valori superiori al tetto da 60 dollari al barile introdotto dall’Unione Europea per la commercializzazione del petrolio russo verso paesi terzi.
Nel suo ultimo oil market report, l’Agenzia Internazionale dell’Energia sottolinea come a Settembre i ricavi derivanti dalle esportazioni di petrolio russo siano aumentati di 1,8 miliardi di dollari, a 18,8 miliardi di dollari, il livello più alto da luglio 2022.
Le esportazioni totali dell’oro nero russo sono aumentate di 460mila barili al giorno, a 7,6 milioni di barili al giorno mentre la media ponderata del prezzo all’esportazione del greggio è aumentata di 8 dollari al barile, arrivando a 81,80 dollari al barile.
«Non credo che la situazione subirà sostanziali cambiamenti nel breve-medio periodo. Gli armatori continueranno ad avere dei rendimenti remunerativi molto alti per tutta la durata della guerra. La situazione si normalizzerà a confitto concluso» è la previsione dell’ex l’ex presidente di Genoa Sea Tankers.
La banca di investimento Jefferies prevede che le tariffe medie per le VLCC si attesteranno attorno ai 35.000 dollari al giorno durante il quarto trimestre e per il 2024 si stima che raggiungeranno una media di 60.000 dollari di guadagni giornalieri, il 26% in più rispetto alla media del 2023.
Sempre secondo Jefferies, i guadagni medi delle aframax dovrebbero toccare anch’essi i 35.000 dollari al giorno nell’ultimo trimestre dell’anno mentre nel 2024 dovrebbero arrivare a raggiungere una media di 40.000 dollari giornalieri. I guadagni giornalieri delle Suezmax dovrebbero attestarsi attorno a una media di 45.000 dollari al giorno nel 2024.
Il broker di carichi liquidi evidenzia come i noli siano oggi sostenuti dalla domanda di petrolio, che entro la fine dell’anno potrebbe raggiungere quota 102 milioni di barili al giorno, subissando il record dei 100 mbpd stabilito nel 2022.
D’altra parte, l’offerta di tonnellaggio in questo settore rimane comunque molto limitata. «L’armatore è oggi confuso e non sa quale tipo di nave ordinare, sia a causa delle incertezze legate al conflitto in Ucraina, che incentiverebbe l’acquisto delle aframax a scapito delle più sicure VLCC, sia per via delle incognite derivanti dall’entrata in vigore delle nuove normative ambientali e dalla necessità di valutare la scelta migliore tra le varie tipologie di combustibili green disponibili».
La flotta sta invecchiando rapidamente e, di contro, le società armatoriali ordinano pochissime navi, mantenendo in servizio quelle vecchie. Le dinamiche attuali disincentivano di fatto l’acquisto di nuove unità e ciò mette al riparo gli armatori dalle oscillazioni di una domanda che potrebbe subire pressioni al ribasso nel breve periodo a causa della decisione di Arabia Saudita e Russia di estendere per ulteriori tre mesi, da ottobre sino a fine dicembre, il taglio alla loro prodizione di greggio rispettivamente di 1 milione e di 300mila barili al giorno.
Il discorso è invece diverso per il trasporto via mare di gas liquido, dove si stanno delineano trend opposti. Negli ultimi due anni, la domanda di gas è aumentata nonostante le pressioni per passare alle energie rinnovabili e raggiungere gli obiettivi di emissioni nette zero. La guerra in Ucraina e la necessità da parte dell’Europa di diversificare le proprie fonti di approvigionamento energetico hanno sostenuto, in particolare, la domanda di GNL e la richiesta di investimenti sostanziali nella nuova capacità di liquefazione. Nel 2022 l’UE ha importato 155 miliardi di metri cubi di GNL, il 60% in più rispetto all’anno precedente. L’AIE prevede che i nuovi impianti di liquefazione del gas in fase di costruzione aggiungeranno 250 miliardi di metri cubi all’anno di capacità di liquefazione entro il 2030, pari a quasi la metà dell’attuale fornitura globale di GNL.
Data la situazione attuale, non sorprende la decisione da parte di molti armatori di investire massicciamente nell’acquisto di nuovo naviglio, da mettere a disposizione di una domanda in crescita costante. «Se gli ordini di nuove navi tanker per i prossimi due anni non arriveranno a coprire il 5% della flotta esistente, nel settore delle metaniere l’orderbook fissato per il quadriennio 2024-2027 è pari al 76% della flotta esistente. E’ la conferma che si prevede una forte domanda di trasporto di gas in futuro. Da osservatore ritengo comunque che l’ingresso in acqua di un numero così cospicuo di nuove unità finirà alla lunga con il creare nuovi squilibri sul lato dell’offerta, andando ad impattare sul mercato» spiega Palmesino.
«Le dinamiche di mercato di questo settore così come in quello tanker rimangono estremamente solide. E al netto di eventuali nuovi cigni neri, eventi esogeni in grado di alterare gli equilibri in gioco, non sono previsti rovesci di fortuna nel breve periodo» precisa l’analista.
Secondo il broker il conflitto militare arabo-israeliano non avrà effetti significativi sul settore, a meno che il mondo occidentale non decida di punire l’Iran per il suo sostegno ad Hamas: «L’eventuale inasprimento delle sanzioni nei confronti del greggio iraniano potrebbe avere come conseguenza quella di sottrarre al mercato 2, 3 milioni di barili al giorno rispetto ai 102 che consumiamo. Non è un granché, ma la mossa potrebbe avere un impatto psicologico sul sentiment di mercato, spingendo ad esempio qualche trader a comprare in modo compulsivo greggio iraniano nel timore di non trovarlo più in un secondo momento».
Il collegamento tra Teheran e Hamas – afferma comunque Palmesino – è più chiacchierato che non praticato ed è difficile immaginare che l’Occidente arrivi a inasprire le sanzioni sulla base di un semplice sospetto. «Comunque ciò sia, al pari della Russia, anche l’Iran ha ampliato la propria flotta ombra e la sta utilizzando per vendere il greggio alla Cina, disinteressandosi completamente delle sanzioni esistenti. Esperienze di navi ombra ne abbiamo in abbondanza: si ipotizza che quelle russe siano addirittura duecento».