Interviste

Colloquio con Augusto Cosulich

Quell’italianità da difendere, anche nello shipping…

di Marco Casale

Chi lo ha detto che gli investimenti diretti esteri da parte delle imprese straniere debbano essere per forza considerati come un fattore di rischio, un elemento negativo?

In un quadro generale in cui le preoccupazioni per la crescente influenza cinese nelle infrastrutture strategiche europee e internazionali stanno gradualmente portando gli Stati Uniti e l’Europa a rivedere la propria politica commerciale con Pechino, favorendo l’adozione di politiche di decoupling (nel caso statunitense) e derisking (nel caso dell’UE) orientate essenzialmente alla riduzione dell’interdipendenza economica con il Paese della Grande Muraglia, c’è chi vede nelle operazioni di acquisizione straniera in ambito marittimo e logistico una opportunità di crescita, a patto che si creino le giuste sinergie tra l’investitore e l’imprenditoria locale.

“Quando si parla di investimenti esteri si tende a fare confusione tra quelli di natura squisitamente finanziaria e quelli finalizzati alla creazione di una nuova ricchezza e capacità produttiva” afferma a Port News il presidente del Gruppo Fratelli Cosulich, Augusto Cosulich.

“Da imprenditore noto come si stiano moltiplicando, anche sul territorio nazionale, i processi di integrazione verticale che vedono come parte attiva le grandi compagnie di navigazione. Si tratta di una tendenza in atto da tempo, che interessa da vicino i principali gruppi armatoriali, tra cui anche Cosco”.

Come interpretare questi processi? “Come sempre capita, la verità sta nel mezzo. Alcune acquisizioni sono esclusivamente utili al rafforzamento strategico della presenza sul territorio di chi investe, altre, invece, generano opportunità di sviluppo diretto per tutti”.

L’operazione di acquisizione del 100% di Trasgo portata a termine attraverso Coscos, la joint venture tra Cosco Shipping e la F.lli Cosoluch è per Augusto Cosuluch un caso esemplificativo: “Trasgo è un’azienda attiva a livello nazionale e internazionale nella logistica integrata; siamo stati noi a proporre a Cosco la possibilità di acquisirla” ammette. “All’investimento abbiamo partecipato in parti uguali e abbiamo fatto in modo che venisse salvaguardata l’italianità dell’azienda, mantenendo i livelli di occupazione attuali e garantendoci un management che, ad eccezione della carica del presidente, è tutto italiano”.

I Ft.lli Cosulich vantano una collaborazione ultra trentennale con il gruppo armatoriale cinese, con il quale hanno fondato due partnership di livello: Coscos, specializzata nella logistica, e Cosco Shipping Line Italy, focalizzata nel trasporto dei container. “In questi anni non abbiamo mai avuto problemi nei rapporti con i partner cinesi. Con l’affare Trasgo abbiamo intravisto un futuro per lo sviluppo dei nostri interessi nel core business della logistica. L’alleanza con Cosco ci permette di portare in dote alla società acquisita nuovi traffici mentre noi portiamo il valore aggiunto della nostra esperienza come imprenditori locali”.

Per Cosulich si tratta di un’alleanza win-win: “Da gennaio i volumi movimentati da Trasgo sono aumentati, tanto che oggi abbiamo bisogno di nuovi magazzini e spazi. E per il futuro stiamo studiando con Cosco nuove possibilità di collaborazione: al momento abbiamo avviato una serie di due diligence per l’acquisizione di altre società e con il nostro partner stiamo valutando nuovi business anche nel settore del marine energy, legati in particolare allo sviluppo e diffusione del metanolo e dell’idrogeno”.

Secondo Cosulich, la collaborazione virtuosa attivata con Pechino dimostra che è possibile strutturare un rapporto di mutuo vantaggio con le grandi compagnie di navigazione . Ma l’imprenditoria italiana deve fare la propria parte: “In questi anni il gruppo Cosulich ha investito in una molteplicità di attività nel ramo logistico, marine energy e nel campo dell’acciaio. Ci siamo indebitati sino al collo ma siamo contenti di averlo fatto, perché è solo spendendo le proprie risorse che si fa impresa. In Italia c’è invece una certa riluttanza agli investimenti. Non è un mistero che i conti correnti dormienti abbiano raggiunto in ciascun istituto bancario nazionale, quanto meno in quelli più importanti, un valore compreso tra i 15 e i 30 miliardi di dollari”.

La mancanza di coraggio è un elemento che secondo Cosulich caratterizza l’imprenditoria italiana. Che nel campo marittimo-portuale ha gradualmente perso col tempo i suoi di riferimento: “Il nostro Paese vantava una forte tradizione nel settore, penso ai Ravano, ai Cameli, Fassio, ai Costa. Questa tradizione è sparita. Sia pure con qualche importante e prestigiosa eccezione, oggi l’Italia non ha player globali nel settore e non ha imprenditori che abbiano il coraggio di attivare collaborazioni sinergiche con i grandi colossi dell’armamento”.

Il motivo per cui in Italia non si riesca a sviluppare una imprenditoria italiana interessata a fare impresa nel settore è legato, secondo Cosulich, a molteplici aspetti: “I problemi di successione aziendale rappresentano paradossalmente uno degli ostacoli all’affermazione di grandi realtà imprenditoriali ma la scarsa tendenza ad investire è sicuramente il vulnus principale”. Altro elemento da prendere in considerazione sono le divisioni continue nel campo associativo: “Le disarmonie tra Confitarma ed Assarmatori non hanno fatto il bene dell’Italia” ammette Cosulich.

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