Tornano in territorio positivo i margini operativi medi dei principali armatori mondiali attivi nel trasporto container. Lo certifica Alphaliner nel suo ultimo report, che analizza i risultati delle nove maggiori compagnie di linea che rendono pubblici i loro resoconti finanziari ogni trimestre.
Nel primo trimestre di quest’anno, il margine operativo medio si è mantenuto attorno al +11,4%, registrando una netta inversione di tendenza rispetto all’andamento negativo (-3,8%) dell’ultimo trimestre dell’anno precedente.
Il merito di questo improvviso cambio di fronte è da attribuirsi alla crisi del Mar Rosso e alle deviazioni da Suez. Il re-routing delle spedizioni marittime verso il Capo di Buona Speranza ha di fatto prolungato i viaggi, rendendo necessario l’impiego di una capacità aggiuntiva per garantire le partenze settimanali per tutti i servizi di collegamento programmati.
Sea Intelligence fa osservare come dall’Asia (North & South East Asia) al Mediterraneo (East, West, & Central MED), il transit time minimo sia aumentato del 39% nei primi tre mesi dell’anno.
Mentre tra l’Asia e il Nord Europa il tempo minimo di percorrenza è aumentato complessivamente del 15%. Secondo i dati forniti da Linerlyitica, su questo trade è stato impiegato un 17,8% di capacità aggiuntiva per rispettare le schedule programmate. Nonostante ciò, la capacità effettiva su questa rotta risulta essere inferiore del 5,1% rispetto ai valori di un anno fa.
La temporanea mancanza di tonnellaggio disponibile sta chiaramente creando squilibri sul lato dell’offerta, facendo schizzare verso l’alto le tariffe di trasporto, che nel primo trimestre sono aumentate del 27% rispetto a quello precedente.
Se si esclude il periodo pandemico, “l’aumento dei noli, che promettono di produrre un’altra serie di dati finanziari eccezionali e ancora più forti nel secondo trimestre, ha portato il margine operativo collettivo al livello più alto mai raggiunto dall’industria dello shipping dal 2010 ad oggi” afferma Alphaliner.
L’analista di mercato di Xeneta, Emily Stausboll, sottolinea come da aprile ad oggi i noli spot abbiano fatto registrare incrementi notevoli lungo tutte le principali rotte.
L’aumento maggiore si è registrato negli scambi tra l’Estremo Oriente e il Nord Europa: qui i valori sono aumentati del 30% dal 1° aprile, a 3349 dollari a FEU, per attestarsi il 16 maggio scorso attorno ai 4343 dollari a FEU. Si tratta di un aumento del 198% rispetto a 12 mesi fa (1.456 USD).
Dall’Estremo Oriente alla costa occidentale degli Stati Uniti, le tariffe sono aumentate del 29% dall’inizio di aprile (3.456 dollari) e il 16 maggio scorso hanno raggiunto i 4.468 dollari a FEU, con un aumento del 214% rispetto a 12 mesi fa (1.422 USD).
Dall’Estremo Oriente al Mediterraneo, le tariffe sono aumentate del 22% dal 1° aprile (4.144 dollari) arrivando il 16 maggio scorso a toccare i 5.044 dollari, con un aumento del 100% rispetto a 12 mesi fa (2.521 dollari).
Dall’Estremo Oriente alla costa orientale degli Stati Uniti, le tariffe sono aumentate del 21% dal 1 aprile (4.617 dollari), arrivando una settimana fa attorno a una media di 5.584 dollari e facendo registrare un aumento del 129% rispetto a 12 mesi fa (2.434 dollari).
Se la capacità offerta è temporaneamente diminuita, la domanda ha fatto registrare invece un andamento diverso, raggiungendo livelli record nel primo trimestre, con un incremento del 9,2% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente.
Secondo la Stausboll, gli importatori si aspettano nuovi importanti incrementi tariffari in vista dell’imminente peak season e starebbero quindi valutando l’opportunità di importare in anticipo quanta più merce possibile, esercitando con ciò una nuova pressione rialzista sui noli spot.
“Molti shipper statunitensi hanno utilizzato il 2023 per ridurre i livelli delle scorte rispetto ai massimi della pandemia, il che significa che probabilmente c’è spazio nei magazzini di nuova costruzione per anticipare le importazioni prima dell’alta stagione e creare così un buffer nelle catene di approvvigionamento” afferma l’analista di Xeneta che precisa: “il rischio di avere scorte troppo elevate è più appetibile del rischio che le merci arrivino troppo tardi”.
Se i tassi spot sono aumentati, quelli fissati nei contratti a lungo termine sono rimasti invece relativamente stabili nel secondo trimestre, il che suggerisce che i vettori stanno operando sui due mercati separatamente.
“I liner hanno per lo più concordato nuovi contratti a lungo termine per i prossimi 12 mesi a tassi più bassi di quelli che forse avrebbero potuto ottenere, dato che il mercato spot è ancora elevato” fa notare ancora la Stausboll, sottolineando che i carrier hanno in questo modo valutato la possibilità di garantirsi volumi a lungo termine nella prospettiva di una prossima normalizzazione della crisi del Mar Rosso, una situazione, quella attuale, che sta assorbendo gran parte della sovraccapacità di mercato.
Il direttore di Drewry, Timothy Power, ne è certo: ““La crisi del Mar Rosso ha salvato i liner da un disastroso 2023”. Secondo Power, le tariffe potrebbero abbassarsi nella seconda metà di quest’anno, a causa dell’impennata delle importazioni anticipate di merce ma è chiaro che “i vettori hanno già dimostrato di più di una volta negli ultimi anni di essere in grado di rispondere rapidamente ai cali temporanei della domanda, grazie ai blank sailing e agli altri strumenti di gestione della capacità”.