Sono tanti gli spunti di riflessione che emergono dalla lettura del nuovo numero di Port Infographics, l’aggiornamento del resoconto pubblicato da SRM e Assoporti lo scorso febbraio.
Scenari internazionali, performance portuali, i dati 2023 dei porti italiani: «Il quadro offre una panoramica sui punti di forza e sulle debolezze del Sistema produttivo e portuale italiano» afferma il vice presidente di Conftrasporto e Confcommercio, nonché managing director di Esa Group, Gian Enzo Duci, cui Port News ha chiesto un commento analitico dei dati.
«Fa specie notare che i dati consuntivi sui porti nazionali sono stati pubblicati soltanto in questi giorni, a distanza di quasi sei mesi dal termine dell’esercizio precedente” premette Duci. «Questo ritardo è esemplificativo dello scarso coordinamento dei sistemi informativi delle nostre AdSP” aggiunge. «Da questo punto di vista è evidente come il processo di digitalizzazione dei nostri porti necessiti di una spinta maggiore nel prossimo immediato futuro».
Fatta questa doverosa premessa, l’ex n.1 di Federagenti segnala come il report di SRM/Assoporti presenti alcune evidenti conferme e alcune importanti novità.
Tra le conferme più importanti c’è quella relativa alle performance dei porti italiani, «che da anni movimentano più o meno lo stesso quantitativo di merce. Il 2023 si è infatti chiuso con una movimentazione complessiva di 479 milioni di tonnellate di merce e un decremento del 3,2% su base annuale. Un risultato tutto sommato in linea con il quadro congiunturale economico, che è stabile e non presenta particolari elementi di variazione».
I dati nazionali sull’export danno invece il destro a qualche elemento significativo di riflessione: «Non possiamo non notare come gli USA si confermino oggi il primo Paese destinatario del nostro export marittimo» fa osservare il manager genovese.
«Il mercato statunitense rappresenta non soltanto il presente ma anche il futuro delle nostre relazioni commerciali globali: nel 2023 gli USA hanno assorbito il 26,6% della quota complessiva della merce esportata via mare dai porti nazionali, pari ad un valore di 41,8 miliardi di euro. Washington da sola ha assorbito più export di quanto non abbiano fatto il secondo, terzo, quarto e quinto più importante paese destinatario dell’export nazionale, nell’ordine: Gran Bretagna, Cina, Turchia e Messico».
Altro elemento di novità è rappresentato proprio dalla progressiva importanza commerciale assunta in questi anni dal paese del Centro America, verso cui sono state esportare merci per un controvalore di 3 miliardi di euro. «Il Messico si sta affermando come l’esempio più interessante di nearshoring e friendshoring statunitense – ammette Duci -, non è un caso che il Paese abbia superato nel 2023 la Cina nel commercio con gli USA».
L’analisi per tipologia di merce esportata evidenzia poi un altro elemento di valore: «La fornitura di macchinari industriali flessibili ad alto tasso di innovazione tecnologica è diventato uno dei core business dell’Italia. Nel 2023, i macchinari commerciati con gli USA hanno totalizzato un giro di affari di 12,4 miliardi (il 30% del valore complessivamente generato dall’export italiano verso quel paese). Se nel Regno Unito il food & beverage rappresenta il business più importante, per la Turchia, il Messico e la Cina siamo invece un punto di riferimento per questa tipologia di prodotto».
Per quanto riguarda i dati sull’import, Duci segnala come l’Azerbaigian sia il quarto paese fornitore marittimo italiano, dopo la Cina (al primo posto), Stati Uniti, Turchia e India. «Dall’ex repubblica sovietica importiamo più che altro gas e greggio. Da tenere alta l’attenzione sul fatto che assieme al Kazakistan, l’Arzebaigian è uno dei paesi su cui vi sono maggiori sospetti per triangolazioni al fine di aggirare le sanzioni imposte alla Russia. Il mercato tende sempre a forzare soluzioni a ciò che viene vietato dalla politica. La Russia si sta affidando a una vasta flotta di vecchie petroliere registrate in Paesi “alternativi” (si veda ed esempio la performance della bandiera Gabon, cresciuta di quasi il 100% nel 2023) per trasportare in tutto il mondo il petrolio soggetto alle sanzioni».
Dall’analisi delle prestazioni dei singoli porti emerge invece come il settore dei passeggeri e delle crociere stiano facendo registrare in Italia incrementi percentuali piuttosto rilevanti. «Il 2023 è di fatto il primo anno in cui siamo definitivamente usciti dai trascinamenti del Covid» afferma Duci.
I porti italiani confermano inoltre la propria leadership nello short sea shipping: «Come sottolineato da Olimpia Ferrara in uno studio di SRM presentato recentemente a Napoli ad un convegno organizzato da Shipping Italy, negli ultimi dieci anni il traffico RO/RO è aumentato del 56% contro un aumento del traffico complessivo del 3%».
Nel panorama dei traffici movimentati tramite vettori Ro/RO, l’Italia concentra il 60% della movimentazione complessiva. La restante quota parte si dirige verso l’area Mediterranea, con flussi sulle direttrici internazionali che collegano l’Italia alla Spagna, al Nord Africa, alla Grecia e alla Turchia. Per Duci i dati sono indicativi del fatto che il mercato del traffico rotabile stia continuando a svilupparsi in Italia pur in assenza di una pianificazione nazionale sul settore. «Se dovesse esserci anche il supporto politico, questo settore potrebbe crescere ulteriormente. Gli spazi di manovra per fare meglio ci sono» dichiara il vice presidente di Conftrasporto.
Infine, uno sguardo al futuro: «Recentemente, il centro studi di Fedespedi ha evidenziato come la crisi militare in Mar Rosso e la scelta delle compagnie di navigazione che trasportano container di circumnavigare l’Africa abbia avuto un impatto negativo sui porti dell’Adriatico mentre sembra aver penalizzato meno i traffici sugli scali portuali dell’alto Tirreno, che si trovano più vicini allo Stretto di Gibilterra, canale su cui si sta spostando il baricentro dei traffici tra l’Asia e l’Europa».
Porti come Tangeri, Barcellona, Valencia, Genova e la Spezia, hanno fatto registrare una crescita nella movimentazione dei traffici containerizzati, a differenza di Venezia, Trieste e Ravenna, che invece sono calati. «A livello globale, si evidenzia una crescita dell’export via mare dai Paesi del Far East”. Per Duci è una indicazione della vitalità della Cina, che ha deciso di spingere l’acceleratore sull’export per compensare i problemi derivanti dalla crisi economica interna».
«Pechino sta pagando cara questa nuova vivacità commerciale. Gli USA e l’Europa hanno reintrodotto nuovi dazi doganali su diversi prodotti, a cominciare dalle auto elettriche. Però è un fatto che nei primi tre mesi del 2024 i traffici containerizzati in uscita dal Far East siano cresciuti del 16% a fronte invece di una crescita dello 0,9% dei container imbarcati nei porti europei. E’ evidente qui la capacità della Cina di riuscire ad adattarsi alle esigenze del momento, e di riuscire a sfruttare appieno le conoscenze e i know-how acquisiti in settore strategici collegati alla sostenibilità ambientale per affermarsi a livello internazionale».