L’Europa, l’Italia e la crisi del Mar Rosso. Al Caffé della Versiliana, il celebre salotto culturale promosso e organizzato dalla Fondazione Versiliana in collaborazione con il Comune di Pietrasanta e con il sostegno di Regione Toscana e Toscana Promozione Turistica, oggi giunto alla sua 45esima edizione, il viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Edoardo Rixi, ha fatto il punto della situazione sull’attuale situazione geopolitica internazionale e sull’impatto che sta avendo sulle dinamiche commerciali dello shipping.
“E’ cambiato lo scenario globale” ha detto, durante un confronto vis a vis con il segretario generale dell’AdSP del Mar Tirreno Settentrionale, Matteo Paroli. “L’industria tedesca, che negli ultimi 150 anni ha sempre guardato a est per l’approvigionamento delle materie prime, si è trovata isolata dalle sule linee logistiche principali. Il Mar Baltico, un mare dove il porto di Amburgo faceva prima transhipment verso la Russia, ha perso per la Germania questa funzione strategica, perché le frontiere sono bloccate”.
L’escalation della tensione del Mar Rosso e le crisi che si sono succedute nel corso di questi anni, a cominciare da quella innescata dalla guerra in Ucraina, ha insomma messo l’Europa con le spalle al muro: “Nel frattempo – ha ricordato Rixi – non va dimenticato che la Gran Bretagna è uscita dall’Europa, stiamo parlando di uno dei pochi paesi europei ad avere una visione marittima. Se escludiamo l’Olanda, che però non è una grande nazione, l’unico paese ad avere una vocazione all’altezza del Regno Unito è l’Italia”.
Già l’Italia: “Il Bel Paese si è aperto sempre di più sul mare, perché ha una posizione centrale nel Mediterraneo e perché si trova di fronte a un continente, l’Africa, che secondo le ultimi proiezioni è quello che nei prossimi vent’anni farà registrare i maggiori margini di crescita economica”.
Secondo il viceministro, il Continente nero non ha ad oggi una chiara collocazione geopolitica, a differenza del sudest asiatico, che è dominato dalla Cina e dall’India, e a differenza del Medio Oriente, dominato da Israele e dall’Arabia Saudita.
Ed è da qui che deve partire l’Europa. “L’UE e, in particolare l’Italia, ha il compito di riandare a trovarsi nuove linee logistiche, resilienti e flessibili, e sfruttare appieno la propria vocazione marittima”. Perché, è questo il punto, nessun altro continente può vantare una tradizione nel settore dello shipping e della logistica all’altezza dell’Europa. “Abbiamo la prima flotta cargo al mondo, con MSC, che possiede il 20% delle portacontainer mondiali e il presidente dell’armamento mondiale è Manuel Grimaldi, primo operatore RO/RO a livello internazionale. Se aggiungiamo al pacchetto Maersk, Hapag Lloyd e gli altri grandi player, siamo indubbiamente in una posizione di leadership”.
Da qui l’importanza strategica “di adeguare al contesto internazionale le nostre regole e la nostra visione sul mare”. L’obiettivo, per Rixi, è quello di far diventare l’Italia centrale a livello mondiale, “prima di tutto per la posizione, perché l’UE senza il Mediterraneo non ha stabilità” e poi anche “perché abbiamo una capacità marittima che nemmeno il continente nord americano ha: a differenza di quest’ultimo, infatti, l’UE ha saputo sviluppare nel tempo un’industria manifatturiera con un output internazionale”.
Una cosa per Rixi è chiara: “la centralità dell’Europa sulle linee marittime è la caratteristica su cui si svilupperà la resilienza della nostra catena del valore. Non sappiamo prevedere quale sarà la prossima crisi geopolitica che dovremo affrontare, per questo motivo l’Europa ha bisogno di avere una proiezione su altri contenitenti anche perché non è autosufficiente come il Nord America. Senza le basi commerciali al di fuori del nostro continente, l’industria europea appare infatti sovradimensionata rispetto alle esigenze di mercato intra-comunitarie. Da questo punto di vista siamo più globalizzati di altri”.
L’Africa rimane per Rixi la meta da raggiungere. “Il Governo italiano ha rilanciato non a caso il tema del piano Mattei. Il problema, oggi, è quello di evitare che qualcun altro prenda possesso delle coste africane. Penso, ovviamente, alla Cina, che ha penetrazioni molto forti nel Continente”.
Il Nord Africa va poi presidiato anche per un altro motivo, riconducibile all’estensione al trasporto marittimo del sistema di scambio delle emissioni (ETS) e alle tasse sul carbonio: “Quella di applicare al trasporto marittimo il sistema ETS è stata una scelta infelice dell’Europa” ammette Rixi, che aggiunge: “Le navi navigano e se un continente applica una tassa e un altro no, è chiaro che le compagnie di navigazione privilegino quest’ultimo. Questo è uno dei motivi per cui le portacontainer preferiscono oggi fare scalo a Tunisi o a Tangeri piuttosto che a Gioia Tauro: scaricano la merce nei porti nordafricani e successivamente la dirottano su quelli italiani a bordo di navi più piccole. Fino a poco tempo fa, invece, le portacontainer arrivavano a Livorno o Genova, da dove la merce veniva successivamente ridistribuita verso la Spagna o la Francia”.
E’ insomma evidente che il Sistema ETS rischia di tradursi in un vantaggio competitivo per l’Africa, un vantaggio che i suoi porti possono sfruttare a danno di quelli europei e a danno della sostenibilità ambientale: “La competizione viene giocata sul mancato pagamento di questa tassa di scopo: è chiaro quindi che scegliendo l’Africa i liner non siano in qualche modo incentivati ad innovare la propria flotta per renderla sempre più sostenibile a livello ambientale. Alla fine die giochi, il rischio è che le carrette del mare continuino a girare e che non si abbassino nemmeno le emissioni di Co2. Ecco perché l’Africa va presidiata: non si può pensare di sviluppare una economia sul mancato rispetto delle regole vigenti sul suolo europeo”.
Passando all’Italia, Rixi rimane convinto che il Paese debba strutturare un sistema portuale più efficiente, che abbia una visione più omogenea: “Il nostro Paese – dice – serve con la sua catena logistica il 70% dell’industria nazionale. Dobbiamo arrivare al 100% e dobbiamo anche arrivare a diventare un punto di riferimento per i mercati del centro Europa. Con gli scenari globali che si stanno ridefinendo, l’Europa non può più puntare infatti sui porti del Northern Range. Se infatti la crisi del Mar Rosso ha inizialmente avuto come conseguenza quella di un aumento delle tariffe lungo i servizi di collegamento con il Mediterraneo, oggi i noli su queste rotte sono più economici rispetto a quelli applicati ai viaggi verso il Nord Europa”.
Il viceministro conferma insomma l’importanza strategica di rafforzare le leve di coordinamento delle delle strategie di sviluppo dei porti del Sistema. E l’autonomia differenziata? Per Rixi rappresenta opportunità per quelle Regioni che vogliano sviluppare la propria vocazione marittima, a cominciare dalla Toscana. Dalle osservazioni di Rixi emerge insomma come l’acquisizione da parte delle Regioni di particolare forme di autonomia su una materia concorrente con lo Stato non vada a interferire con l’orizzonte nel quale il Governo e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno cercato di muoversi in questi mesi, sviluppando, nell’ambito di una possibile riforma della legge 84/94, una visione che favorisse lo sviluppo di un modello di coordinamento centralizzato della materia portuale, sulla falsa riga di quello spagnolo di Puertos del Estado.