Chi tra le compagnie di navigazione ha pensato di poter utilizzare i porti extra UE della Turchia come scappatoia per assicurarsi risparmi certi sul sistema di scambio di quote di emissioni dell’Unione Europea (ETS), dovrà presto cambiare i propri piani.
Pare infatti che il Governo di Ankara stia per mettere a punto un proprio sistema di tariffazione sulle emissioni di Co2 prodotte dalle navi.
Come noto, una nave che naviga tra due porti dell’UE deve pagare la carbon tax per l’intera durata del viaggio, mentre una nave che naviga tra un porto extra-UE e un porto dell’UE deve pagare la carbon tax per il 50% del viaggio. Non capitava di rado che le navi provenienti dall’Asia facessero uno scalo tattico nei porti turchi prima di approdare in Europa, un modo furbesco per eludere una parte delle tasse sull’ETS.
A differenza di porti come Tanger-Med, che sono soggetti alla regola delle 300 miglia, e che, quindi, pur essendo extra-comunitari, ricadono sotto la cosiddetta “clausola di trasbordo” che è stata introdotta dall’UE proprio per limitare i rischi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e delle imprese con l’entrata in vigore dell’inclusione del settore del trasporto marittimo nel sistema EU ETS, quelli turchi non soltanto distano più di 300 miglia dai porti europei ma gestiscono una quota di trasbordo di container ben inferiore al 65% del traffico totale, altra regola – quest’ultima – in base alla quale un porto extra ue viene escluso dalla definizione di “porto di scalo”, rilevante per la determinazione della tratta ai fini del calcolo ETS.
Non è un caso che il traffico di trasbordo di container del paese sia cresciuto fino a 1,2 milioni di TEU nel periodo gennaio-maggio, con un aumento del 54% su base annua. I paesi dell’UE hanno costituito la quota maggiore di destinazioni con un totale 340.000 TEU, il 28% del traffico totale.
Diversi porti nazionali hanno di fatto registrato nel primo trimestre dell’anno un aumento notevole del traffico di trasbordo: nello scalo portuale di Asyaport, ad esempio, il trashipment è aumentato del 50,9%, raggiungendo i 540.000 TEU, mentre ad Aliaga il trasbordo è salito del 33% su base annua, a 501.800 TEU.
La situazione potrebbe però cambiare molto presto. In qualità di aspirante membro dell’UE, il parlamento turco mira ad allineare le proprie normative sulle emissioni con quelle dell’UE. Ed è per questo motivo che ha recentemente approvato un emendamento alla legge nazionale sui porti che prevede la fissazione di un prezzo del carbonio da applicare alle unità di gas serra emesse in ambito marittimo.
La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 9 luglio. Il Governo dovrebbe ora emanare le linee guida per classificare le tipologie di navi da includere nel campo di applicazione, il tonnellaggio, le aliquote delle tasse di emissione e le procedure di monitoraggio, rendicontazione e verifica delle emissioni delle navi.
Lo step successivo sarà quello della introduzione di un trading nazionale di emissioni, in cui assegnare un numero specifico di quote di emissione che possono essere scambiate tra i vari soggetti che producono CO2. In questo caso, il mercato stabilirebbe implicitamente un prezzo variabile alle emissioni.
La mossa potrebbe avere come conseguenza quella di impattare negativamente sui guadagni economici realizzati dai porti turchi grazie all’evasione fiscale degli armatori sul fronte dell’ETS europeo, ma avrebbe l’inevitabile vantaggio di avvicinare ancora di più Ankara a Bruxelles e rendere quindi più spedito il tortuoso percorso di adesione del Paese della Mezza Luna all’UE, che rimane uno dei suoi principali partner commerciali. Nel 2023 gli scambi tra la Tirchia e il Vecchio Continente hanno infatti toccato al cifra record di 200 miliardi di euro.
Forte di questi risultati, intervenendo a maggio a un evento a Bruxelles, il ministro delle Finanze turco Mehmet Şimşek ha affermato che l’adesione della Turchia all’Unione Europea da tempo in stallo, aumenterebbe la quota del PIL globale del blocco e contribuirebbe ad affrontare il problema dell’invecchiamento della forza lavoro europea: “Credo che la Turchia debba essere riagganciata all’Unione europea e con decisione”, ha dichiarato.
L’intenzione, insomma, è chiara, resta da capire se il Governo avrà la determinazione di portare avanti fino in fondo la propria battaglia ambientalista, a costo di danneggiare sia pure indirettamente i propri porti.
Solo il tempo scioglierà del tutto i dubbi.