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Supply chain a rischio e problemi di congestione

Sciopero nei porti USA, la miccia di una nuova crisi globale?

di Redazione

I lavoratori dei porti della East Coast degli Stati Uniti (USEC) sono entrati nel terzo giorno di sciopero. E già si cominciano a contare i danni e i disagi nel settore economico e trasportistico. La congestione dei porti e i conseguenti ritardi dei servizi marittimi potrebbero infatti creare enormi problemi al commercio mondiale.

Linerlyitica fa osservare come alcuni scali portuali della east coast, a cominciare da Savannah, Charleston e Norfolk, abbiano già iniziato ad avere problemi di congestione a partire dalla settimana precedente a quella in cui hanno avuto inizio le proteste, registrando ritardi fino a tre giorni a causa delle interruzioni provocate dall’uragano Helene, che ha colpito la costa della Virginia, la Georgia, la Florida e la Carolina.

Intanto i caricatori si stanno spostando verso porti alternativi come quelli della costa occidentale o quelli canadesi, e ci sono già segnalazioni di compagnie di navigazione che hanno deciso di saltare del tutto gli scali nei porti “compromessi” della costa orientale.

Secondo la consultancy firm britannica sono 90 le portacontainer che nei prossimi sette giorni potrebbero trovarsi costrette a rimanere in rada, in attesa di un attracco in uno dei porti dell’USEC. In ballo ci sono 500mila TEU di capacità complessiva. Tra gli scali più colpiti ci sono New York/New Jersey, Savannah, Norfolk e Houston, che dovrebbero vedere il maggior numero di attese navi.

Secondo Sea Intelligence, la prima settimana di sciopero potrebbe provocare una perdita di capacità globale molto più alta di quella prevista da Linerlytica. La società di analisi parla di una perdita potenziale di 775.000 TEU, risultato cui perviene facendo una semplice somma tra il numero di navi già bloccate sulla costa orientale e le navi in arrivo. In sostanza, si tratta del 2,5% della capacità globale.

Uno sciopero di due settimane potrebbe invece mettere fuori servizio il 3,9% della capacità complessiva. Mentre, nel caso in cui la situazione dovesse protrarsi ancora più a lungo, si potrebbe registrare una perdita potenziale della capacità globale del 5,3 e del 6,8%, nell’ipotesi in cui lo sciopero duri rispettivamente tre e quattro settimane.

La formazione di code di navi al largo delle coste statunitensi potrebbe tradursi nel giro di poche settimane in una generalizzata diminuzione della capacità di trasporto per i carichi in uscita dalle regioni dell’Asia, Sud America ed Europa, costringendo per altro i caricatori ad affrontare crescenti problemi e prezzi più elevati per il noleggio dei container vuoti.

“A meno che l’associazione datoriale, la USMX, non faccia marcia indietro e soddisfi i requisiti del sindacato, l’ILA, sembrano esserci poche possibilità che lo sciopero si risolva velocemente” afferma il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jensen, esprimendo con ciò un’opinione molto diffusa non solo tra gli analisti ma anche tra le stesse compagnie di navigazione.

Che, in vista di una prolungata situazione di emergenza, hanno già annunciato nuovi aumenti tariffari. MSC ha ad esempio rivisto al rialzo il proprio Emergency Operation Surcharge per le spedizioni marittime dal Nord Europa al Nord America. La tariffa extra che verrà applicata a partire dal 1° novembre è ora di 2500 dollari a FEU, in aumento di un migliaio di dollari rispetto ai valori extra-tariffari applicati dal vettore a partire dallo scorso primo ottobre.

Non solo, sempre a partire dal primo novembre il gruppo italo-svizzero che fa capo a Gianluigi Aponte applicherà sulle stessa rotta un Peak Season Surcharge di 2000 dollari a FEU (in aumento di 1000 dollari rispetto al supplemento precedente).

CMA CGM, che il 19 settembre scorso aveva annunciato nuovi local port charge effettivi a partire dall’11 ottobre per tutte le esportazioni e le importazioni nei porti della costa orientale USA, ha oggi dichiarato lo stato di causa di forza maggiore, annunciando che potrebbe vedersi costretta ad addebitare alla clientela eventuali costi operativi aggiuntivi per via dei ritardi eventualmente cumulati dalle proprie navi in rada sulla costa orientale.

Anche ONE ha dichiarato la forza maggiore e ha affermato che si riserverà di applicare i diritti previsti dai termini della propria polizza di carico per far fronte alla nuova emergenza. Il carrier giapponese ha anche modificato il proprio servizio Al5 Eur-America, omettendo Port Everglades e sostituendolo con quello canadese di Halifax

Infine, HMM ha annunciato che a partire dal 1° novembre applicherà un General Rate Increase di 3000 dollari a FEU per le spedizioni via mare in eastbound sia verso gli Stati Uniti che verso il Canada.

Chiaramente, la riduzione della capacità offerta nei trade mondiali potrebbe avere come conseguenza immediata quella di contribuire a rialzare le rate di nolo, in calo ormai costante da diverse settimane.

Secondo i calcoli effettuati da Sea Intelligence,  ad ogni punto percentuale di perdita della capacità dovrebbe corrispondere un aumento delle rate di 993 dollari a FEU lungo le rotte tra l’Asia e la costa orientale e di 803 dollari a FEU sul trade tra l’Asia e la Costa occidentale statunitense.

Tradotto, nella prima settimana di sciopero le rate lungo queste due rotte potrebbero aumentare rispettivamente di 2480 e 2000 dollari a FEU.

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