Sanzioni penali e non amministrative, confisca della merce, rischio quasi certo di essere rinviati a giudizio anche per errori formali che nei fatti verrebbero equiparati al reato di contrabbando. Il tutto con un effetto perverso immediato: il dirottamento dei maggiori quantitativi di merce e prodotti possibili su altre Dogane europee e quindi anche su altri porti europei, che nella pressoché totalità dei casi continuano, anche nell’ottica di un allineamento di tutti i Paesi alle norme comunitarie, ad applicare norme meno penalizzanti e meno radicalizzate.
La denuncia dei danni potenziali e della reazione a catena che il nuovo Codice doganale italiano, appena pubblicato in Gazzetta ufficiale è in grado di innescare, arriva dalla Community portuale di La Spezia, ovvero da un porto che ha fatto della collaborazione fra Dogane e operatori, con estensione anche al retroporto di Santo Stefano Magra, uno dei suoi tratti distintivi e al tempo stesso uno dei fattori di competitività.
“Il nuovo Codice doganale che sostanzialmente si occupa solo di sanzioni visto che tutte le altre tematiche doganali sono ormai riconducibili alla normativa comunitaria – sottolinea la Community La Spezia – “penalizza” nel senso letterale del termine l’intera filiera portuale, logistica e trasportistica, trasformando contenzioni e sanzioni di tipo amministrativo in “reati di contrabbando”. Le conseguenze saranno devastanti con un effetto boomerang per le stesse casse dello Stato, visto che la inevitabile fuga di carichi e di merci verso lo sdoganamento in altre Dogane comunitarie, con un approccio meno radicale, determinerà la perdita di consistenti aggi sui dazi doganali stessi che saranno “regalati” alla casse erariali di altri Paesi comunitari”.
Secondo la Community spezzina si determineranno quindi vere e proprie forme di distorsione del mercato con diretta penalizzazione delle imprese italiane specie in porti e in aree logistiche come quella di La Spezia che, in un lineare e corretto rapporto con una Dogana oggi di fatto estromessa dai contenziosi e dalla valutazione delle sanzioni, avevano edificato un sistema meno burocratizzato e più funzionante. “Il tutto all’insegna di una colpevolizzazione preliminare quasi ideologica, in base alla quale il semplice errore in buona fede viene trasformato in potenziale reato penale (contrabbando) con conseguenze pesantissime (confisca delle merci), fatto salve le valutazioni dei giudici. Valutazioni che, considerando che solo otto Tribunali in Italia sono stati insediati con personale limitato proprio con competenza specifica relativa alle procedure doganali, difficilmente potranno essere affermate in tempi e con costi compatibili con le esigenze delle catene logistiche, dei porti e dei flussi di import ed export del Paese”.