Dopo un anno di trattative e quattro scioperi nazionali è stato sottoscritto nella giornata di ieri il rinnovo del contratto dei portuali tra le organizzazioni sindacali e le parti datoriali.
Esprime soddisfazione il direttore generale di Assiterminal, Alessandro Ferrari: “Abbiamo raggiunto un’intesa equilibrata, sia dal punto di vista economico che da quello normativo” afferma a Port News.
“La proposta di rinnovo, che ora dovrà essere sottoposta attraverso un referendum a tutti i lavoratori, prevede un aumento che a regime sarà di 210 euro lordi mensili sulla parte retributiva, con 600 euro di vacanza contrattuale” spiega Ferrari. “Inoltre sono state implementate le risorse da destinare al welfare, per un totale di 120 euro all’anno: sono 10 euro al mese che in buona parte verranno usati per incrementare la polizza sanitaria. Questo significa dare più servizi al lavoratore”.
Per il dg di Assiterminal il risultato raggiunto al termine di una maratona di 30 ore di trattative è sicuramente ottimo per i portuali, anche se l’aumento offerto risulta essere ben lontano da quel +18% chiesto dai sindacati a settembre del 2023, quando sono di fatto iniziative le trattative per il rinnovo: “Allora ci eravamo appena messi alle spalle il Covid: c’era non soltanto l’esigenza, da parte dei sindacati, di difendersi da un’inflazione che tra il 2022 e il 2023 galoppava attorno all’8%, ma anche la necessità di tamponare un ulteriore perdita del potere di acquisto per gli anni successivi. Le previsioni per il futuro erano infatti molto fosche. Fortunatamente per tutti, le cose sono andate diversamente: oggi viaggiamo attorno al 2% annuo di inflazione. La migliorata situazione economica ci ha quindi permesso di concludere una trattativa su basi diverse rispetto a quelle del passato”.
Contente del risultato anche le imprese, che pure – ammette Ferrari – si sono accollate un onere non indifferente: “Va considerato che a differenza di tutti gli altri ambiti del mondo della logistica, noi abbiamo un CCNL unico. Nell’organizzazione lavorativa di ciascuna impresa portuale il rapporto medio tra operativi e amministrativi è di 60 a 40. Si tratta di un dato che non va trascurato e che si porta dietro un effetto trascinamento sul costo che è notevole: al minimo conglobato vanno infatti aggiunte le indennità di turno, con un effetto moltiplicatore sul costo medio a lavoratore che varia tra il 10 e il 15% in più. Da non dimenticare infine che abbiamo una contrattazione integrativa assai diffusa: nel nostro settore le retribuzioni sono in media più elevate rispetto a quelle di altri settori del comparto”.
Insomma, “abbiamo messo sul piatto una quantità di denaro sostanziosa e devo dire che i sindacati lo hanno capito molto bene. Forse meglio di quanto non lo avessero compreso durante la precedente tornata di trattative. La proposta economica presentata il 28 giugno scorso e rifiutata dalla parte lavorativa è in fondo molto simile a quella attuale e aveva una composizione delle cifre pressoché identica, con una spalmatura degli aumenti proposti anche nelle vigenze contrattuali successive. Rispetto a ieri è cambiato forse l’approccio: la maratona di 30 ore ci ha dato la possibilità di spiegare in dettaglio i miglioramenti contrattuali proposti e le delegazioni presenti lo hanno capito”.
Nel complesso è stata confezionata una buona proposta di rinnovo. Ferrari lo rimarca più volte nel corso dell’intervista, quasi a voler rispedire al mittente critiche e paragoni azzardati tra quanto ottenuto dai lavoratori portuali italiani e il ben più sostanzioso risultato raggiunto pochi giorni fa dai dock worker della costa orientale degli Stati Uniti al termine di una tre giorni di scioperi. “E’ vero che i lavoratori americani hanno ottenuto un incremento del 61,5% in busta paga ma è altrettanto vero che i porti statunitensi movimentano volumi di merce ben superiori ai nostri” ammette Ferrari. “Non solo, anche la composizione della forza lavoro è diversa e in ambito associativo c’è un rapporto diretto tra le compagnie e le imprese. C’è meno intermediazione: si tratta di una consuetudine tipica del mondo anglosassone che da noi ha cominciato ad affermarsi soltanto ora in alcuni ambiti e non sempre con la stessa sensibilità”.
Nell’ambito dell’accordo sul rinnovo del contratto non sono comunque stati raggiunti risultati positivi soltanto sulla parte economica ma anche su quella normativa: “Nel contratto nazionale è stato finalmente inserito il passaggio sull’adeguamento della recidiva con riferimento alle sanzioni comminabili ai lavoratori che assumano comportamenti contrari alla sicurezza sul lavoro. Si è trattato di un traguardo che è stato raggiunto non senza difficoltà e non senza qualche resistenza da parte di chi riteneva la misura troppo vessatoria nei confronti dei lavoratori. Devo dire che da parte di tutti è prevalso il senso di responsabilità: si tratta di un tema di etica; è giusto che sia punito chiunque metta ripetutamente a rischio l’incolumità propria e quella degli altri durante il proprio turno di lavoro”.
Tra le altre conquiste, la previsione di un aumento delle ore di formazione in ingresso e l’impegno ad avviare quanto prima un’indagine su come i vari protocolli di sicurezza vengano applicati nei vari porti: “C’è una forte difformità sul tema- sottolinea Ferrari -; certi porti, come Livorno, rappresentano un laboratorio e sono un punto di riferimento, altri un po’ meno. L’obiettivo è quello di capire che cosa è successo in questi anni e riavviare un percorso che porti a definire regole uniforme e valide per tutti”.
Altro tema affrontato, quello della morbilità, ovvero della frequenza con cui determinate malattie “brevi” si manifestano nella popolazione. “Abbiamo condiviso l’impegno ad affrontare la questione a livello nazionale. Avvieremo un percorso per capire quanto sia diffuso il fenomeno delle malattie brevi e dell’assenteismo e quando si presentino esattamente, se durante il weekend o all’inizio di un turno del lavoro. Vogliamo scoraggiare tutti i furbetti che utilizzano insomma la malattia breve come escamotage per non presentarsi nel luogo di lavoro”.