Il 2018 è stato un anno particolarmente impegnativo per tutto lo shipping mondiale. L’aumento del protezionismo commerciale o le tensioni commerciali tra Usa, Cina e Unione Europea potrebbero avere ripercussioni sull’economia mondiale e naturalmente sull’andamento dei traffici marittimi che, dato il loro carattere internazionale, inevitabilmente risentono di tutto ciò che accade nel mondo.
Vi sono poi altri fattori che incidono sullo shipping come i progressi tecnologici che, da un lato, rappresentano notevoli opportunità e, dall’altro, creano rischi e incertezze come nel caso degli attacchi cibernetici. Le nuove normative ambientali che imporranno procedure e adattamenti benefici per l’ambiente di sicuro creeranno nuovi oneri a carico degli operatori.
È chiaro che tutto ciò – e molto altro ancora – si riflette sul settore marittimo del nostro Paese, ove situazioni del tutto peculiari incidono sulla competitività della nostra flotta. Da genovese, credo che sia emblematica la tragedia che il 14 agosto ha colpito la mia città.
Il mio primo pensiero va alle persone che hanno perso la vita, ai loro parenti e alle oltre 300 famiglie che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni. Ma sono poi sotto gli occhi di tutti le gravi ripercussioni sociali ed economiche di questa tragedia.
All’indomani del crollo del ponte Morandi, l’armamento italiano si è messo a disposizione delle Autorità e anche il presidente Mattioli in occasione dell’assemblea di Confitarma ha ribadito con forza quanto contino per gli armatori italiani Genova e il suo porto. Penso sia importante per il Paese poter contare su una flotta forte, con cui dialogare e cercare soluzioni anche e soprattutto nei momenti più difficili.
Sulla flotta di bandiera italiana ruota l’intera economia del mare, che assicura al PIL italiano un contributo del 2,7% e circa mezzo milione di occupati a bordo e a terra. Si tratta di ricchezza che si genera e che resta sul territorio italiano sotto forma di retribuzioni e investimenti, nonché acquisti di beni strumentali.
La Commissione di Confitarma, di cui sono vicepresidente, segue tutte queste tematiche che inevitabilmente si legano alle materie connesse con la navigazione di corto raggio. Dopo anni di lavoro, è stato ottenuto un risultato molto importante per la tutela della cosiddetta “genuinità comunitaria delle imprese che effettuano servizi di cabotaggio”.
Grazie a una circolare emanata dal Ministero dei trasporti, abbiamo evitato che la concorrenza sleale di operatori solo formalmente comunitari facesse scomparire un segmento dell’economia italiana, quello del cabotaggio cisterniero di prodotti petroliferi, di vitale importanza per l’economia e la sicurezza degli approvvigionamenti energetici del Paese.
Abbiamo poi messo a disposizione delle autorità competenti il nostro know-how di operatori delle Autostrade del mare per la definizione di uno strumento di incentivazione ambientale, il cosiddetto “Marebonus”, che è già al primo anno di attuazione e che contribuisce a togliere dalla strada oltre un milione di automezzi l’anno.
Ciò determina ingenti risparmi in termini di costi esterni e di riduzione dell’incidentalità registrata sulle nostre strade a causa dei mezzi pesanti che quotidianamente circolano sulle nostre strade.
Del resto è ormai universalmente riconosciuto che le Autostrade del mare rappresentano un’eccellenza italiana. Nel solo 2017 esse hanno permesso di spostare circa 1,3 milioni di automezzi dalla strada al mare (con l’esclusione dello Stretto di Messina), confermandosi un mercato in crescita nonostante la crisi. In particolare, nell’ultimo anno le unità ro-ro hanno trasportato oltre 100 milioni di tonnellate di merce, con un incremento del 20,7% rispetto al 2014, e hanno ormai superato il traffico container, relativo ai soli volumi di traffico naturale, origine-destino Italia, che ne movimenta 89 milioni.
Abbiamo affrontato anche altre tematiche molto importanti per il settore, come le attività poste in essere dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti e alcune direttive europee come quelle relative alla registrazione delle persone a bordo delle navi da passeggeri e sulla sicurezza delle reti informatiche (Direttiva NIS).
Un altro tema spesso all’ordine del giorno della Commissione navigazione a corto raggio è quello della portualità italiana che per gli armatori italiani rappresenta un fattore di competitività molto importante.
Purtroppo a volte abbiamo la sensazione che per i nostri porti non faccia molta differenza se la nave o il suo proprietario siano italiani o meno. Vorremmo che nella politica portuale la voce dell’armamento nazionale tornasse ad avere la giusta attenzione considerato il contributo che possiamo dare: noi e le nostre navi conosciamo i porti di tutto il mondo ma meglio di tutti gli altri conosciamo i porti italiani.
Siamo ormai tutti consapevoli del gap logistico che paghiamo come Paese, quantificato in 40 miliardi di euro all’anno, al quale va sommata la complessità della nostra burocrazia e persino la geografia, che costringe molti nostri porti in spazi oramai angusti limitandone lo sviluppo. Senza contare la concorrenza dei porti mediterranei sui traffici internazionali di container.
A nostro parere solo una condivisione di sistema fra tutti gli attori pubblici e privati sulle migliori strategie per l’immediato, a medio e lungo termine, potrà contribuire a far fare al Paese quel salto di qualità da tutti auspicato.