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Nei porti di Livorno e Piombino la prevalenza maschile è schiacciante

Porti rosa, la strada da percorrere è ancora lunga

di Redazione

Porti rosa, la missione è possibile ma la strada da percorrere è ancora lunga.  Il valore percentuale del settore marittimo portuale risulta essere ancora oggi particolarmente basso rispetto al totale delle donne che lavorano e che rappresentano, in media, oltre il 42% degli occupati del Paese.

Negli scali portuali del Mar Tirreno Settentrionale (Livorno, Piombino, Portoferraio, Rio Marina, Cavo, Capraia Isola) la prevalenza dei lavoratori maschile è praticamente schiacciante, con un rapporto di uno a dieci.

Su un totale di 1750 unità, le donne sono infatti 174, poco meno del 10%. I dati aggiornati a giugno 2024 sono stati pubblicati nel primo numero della nuova newsletter realizzata dal Comitato Unico di Garanzia (CUG) dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale, l’organismo insediatosi lo scorso luglio con l’obiettivo di promuovere e garantire le pari opportunità, il benessere organizzativo e la non discriminazione nel contesto lavorativo.

L’analisi sviluppata dal CUG non lascia spazio a dubbi. Stando ai numeri disponibili, le donne mancano in modo ancora importante nel settore.

Anche la suddivisione tra gli artt. 16-17 e 18 nei porti dell’Alto Tirreno vede numeri importanti nella componente maschile.

Tre le imprese autorizzate allo svolgimento delle operazioni e dei servizi portuali risultano essere impiegate 61 lavoratrici su un totale di 626 unità. Tra i concessionari di aree e banchine le donne impiegate sono 100 su un totale di 892 occupati. Mentre nell’art.17 hanno trovato occupazione 13 donne su un totale di 58 unità.

Insomma, le sfide da affrontare per garantire una maggiore rappresentanza femminile nei ruoli dirigenziali e operativi all’interno del porto sono tante.

“L’ambiente portuale, tradizionalmente dominato dagli uomini, presenta ostacoli unici dovuti a fattori storici, culturali, strutturali e pratici” spiega il presidente dell’AdSP, Luciano Guerrieri, in una intervista pubblicata nella newsletter. “Nel settore portuale – aggiunge – mancano modelli di riferimento femminili: la mancanza di donne in posizioni di leadership rende difficile per le nuove generazioni di lavoratrici vedere il settore portuale come un ambiente accogliente e capace di offrire opportunità di carriera”.

Per Guerrieri, l’evoluzione del porto di Livorno in termini di parità di genere nei prossimi cinque, dieci anni dipenderà dall’adozione e dal consolidamento di politiche strategiche, che includano sia misure strutturali sia cambiamenti culturali all’interno dell’organizzazione e della comunità portuale.

Una formazione esaustiva sulla gender equity, gli adeguamenti degli spazi di lavoro dedicati, l’adattamento dei turni di lavoro e l’innalzamento dei livelli di sicurezza sui luoghi di lavoro, sono tutti obiettivi percorribili per favorire il raggiungimento della parità di genere.

“Superare queste sfide richiede un impegno congiunto di istituzioni, sindacati, aziende portuali e comunità, per creare un settore portuale più equo e aperto a tutti, capace di valorizzare le competenze e il talento delle donne a tutti i livelli” conclude Guerrieri.

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