Interviste

Colloquio con Oliviero Baccelli

“Italia ancora indietro sui carburanti marittimi alternativi”

di Redazione

“Per lo shipping l’obiettivo di emissioni zero di CO2 entro il 2050 stabilito dall’International Maritime Organization è molto chiaro, ma non altrettanto chiare sono le strade per raggiungerlo. Se dovessi scommettere su una delle soluzioni innovative attualmente in campo, punterei tutto sul carbon capture, ovvero l’insieme di tecnologie che permette la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio di anidride carbonica. Si tratta di una frontiera su cui puntare a livello nazionale”.

Inizia con queste parole l’intervista a Oliviero Baccelli. Il docente universitario di Economia dei Trasporti della Bocconi sviluppa su Port News un’analisi dettagliata delle principali sfide della decarbonizzazione nel settore marittimo, senza tacere però una critica di fondo al nostro Paese, che – ammette – “risulta essere molto indietro rispetto ad altre nazioni sulla produzione pianificata dei carburanti neutri”.

“Se ci focalizziamo sul trasporto marittimo – fa osservare – non possiamo non notare come il Gas Naturale Liquefatto sia ancora oggi il carburante più utilizzato per favorire la transizione verso il Net-Zero”.

Il successo di questo fuel è da attribuirsi principalmente all’economicità degli investimenti da sostenere per il refitting della flotta navale. “Si tratta di una soluzione oggi molto diffusa in alcuni settori del comparto navale, a cominciare da quello delle crociere e delle Pure Car, truck carrier (PCTC). Nei traffici containerizzati, invece, sono state adottate anche molte altre soluzioni green”.

Secondo il docente bocconiano, il GNL è ad oggi l’unico carburante su cui il nostro Paese è riuscito a sviluppare un importante expertise. Ciononostante, “in questi anni non siamo riusciti a realizzare una vera e propria supply chain per l’approvigionamento di questo fuel” rimarca. “All’atto pratico soltanto Ravenna dispone di un impianto che permette di valorizzare appieno l’interscambio tra il deposito costiero e il trasporto marittimo, mentre risulta ancora in fase di adeguamento l’impianto di Snam a Panegaglia”.

Che l’Italia abbia registrato in questo campo un ritardo storico è ormai evidente. “Le difficoltà di approvigionamento rimangono insormontabili” dice l’esperto economista dei trasporti, prendendo a titolo di esempio Caronte & Tourist: “E’ stata una delle prime compagnie ad investire nel GNL, eppure ad oggi è riuscita ad utilizzare poco questo carburante nei servizi di collegamento tra Villa San Giovanni e Messina, proprio a causa della lontananza della infrastrutture di ricarica. In certi casi, il vettore si è trovato costretto a far arrivare il Gas Naturale Liquefatto direttamente da Marsiglia”.

Quantunque ad oggi il GNL risulti essere considerato una falsa soluzione sostenibile per il trasporto marittimo, anche a causa delle cosiddette ‘emissioni upstream’ che si verificano prima del consumo a bordo dell’imbarcazione – cosa che ha fatto sì che venissero meno certi finanziamenti europei per il suo sviluppo, a cominciare dalle risorse messe in campo dal Connecting Europe Facility, storicamente usato per i finanziare i depositi costieri e i rigassificatori – Baccelli riscontra come siano ad oggi 1239 le navi alimentate a GNL in tutto il mondo e come alcune compagnie di navigazione puntino ancora tantissimo su questo carburante, a cominciare da CMA CGM.

“In Italia, però, il riscontro è rimasto limitato, tant’è vero che alcune delle più importanti società armatoriali nazionali, come Grimaldi o d’Amico, non hanno mai voluto sperimentare questa soluzione” fa osservare ancora Baccelli.

E che dire delle altre tipologie di carburanti green? “A mio parere, nel nostro Paese non arriveremo mai a sviluppare veramente una filiera dell’idrogeno verde o del metanolo, per gli stessi problemi che abbiamo avuto con la diffusione del GNL. Tra le criticità principali, la mancanza di massa critica; la difficoltà nel trovare infrastrutture di ricarica in tempi brevi e rischi di mercato che non vengono gestiti dal sistema finanziario e che rendono difficile da parte delle imprese l’accesso al credito bancario per questo tipo di investimenti”.

Ben più interessante appare, invece, a livello nazionale, l’attenzione crescente per i sistemi di ‘cattura’ e stoccaggio di anidride carbonica (Ccs – carbon capture and storage), ritenuti dal docente universitario una soluzione su cui in Italia sono state effettuate sperimentazioni molto avanzate: “Costa Crociere è a livello italiano la compagnia di navigazione più all’avanguardia da questo punto di vista, grazie anche alla collaborazione strategica avviata con Ecospray” precisa, sottolineando come questa tecnologia possa trovare nel nostro Paese un importante piattaforma di lancio, grazie anche al know how maturato in questi anni da Snam, Eni e Saipem e agli investimenti concentrati su Ravenna per lo sviluppo di questo tipo di filiera.

“Il CSS è chiaramente una tecnologia costosa e imporrebbe agli armatori importanti investimenti per l’ammodernamento delle proprie navi” ammette Baccelli, riferendosi indirettamente alle stime di uno studio della Oil and Gas Climate Initiative (OGCI),  secondo il quale i costi di installazione potrebbero ammontare a circa 13 milioni di dollari per un sistema in grado di catturare il 90% di tutta la CO2 emessa in mare, mentre i costi operativi annuali potrebbero anche superare i 2 milioni di dollari all’anno. “Ciononostante, si tratta di una soluzione relativamente più semplice da adottare rispetto alle altre tipologie di carburante, senza contare che le economie di scala e le standardizzazione permetteranno di ridurre drasticamente i costi, come avvenuto per tutte le tecnologie per la sostenibilità” aggiunge.

D’altra parte, il nostro Paese ha tutte le carte in tavola per riuscire a 0ttenere ottimi risultati in questo campo: “Abbiamo l’expertise specifico di grandi player e  alcune importanti compagnie di navigazione hanno già cominciato ad investire in questa tecnologia. Non dimentichiamo infine che il settore potrà presto contare anche su nuove fonti di finanziamento derivanti dalla tassazione europea ambientale degli Emission Trading Scheme. Queste risorse andranno sicuramente a rafforzare l’introduzione di nuove tecnologie e nuovi modelli organizzativi”.

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