Aumenta la flotta inattiva e, soprattutto, crescono le demolizioni di vecchie navi. L’industria dello shipping si avvia a chiudere il primo semestre del 2019 nel segno di IMO 2020.
A sette mesi dall’entrata in vigore della normativa internazionale introdotta dall’International Maritime Organization, che imporrà alle navi l’utilizzo di carburante con un tenore di zolfo non superiore allo 0,5%, i carrier stanno firmando in massa contratti di fornitura per dotare le proprie unità dei sistemi di lavaggio delle emissioni, i cosiddetti scrubber, che molti considerano una soluzione necessaria, anche se transitoria, per far fronte alle nuove prescrizioni ambientali.
Lloyd’s List Intelligence stima che i lavori di retrofitting per la catalizzazione delle unità navali sottrarranno al mercato 387 mila TEU di capacità complessiva, circa l’1,8% del totale.
Il numero delle boxship in riposo forzato è destinato a crescere in modo esponenziale: la società di consulenza Alphaliner ritiene che a partire da giugno, e per tutto il 2019, verranno messi temporaneamente fuori mercato circa 30 mila TEU al mese. Già in questo momento 16 navi con un range che va dai 2900 ai 18000 TEU sono stati portati a secco sulla terraferma per i necessari interventi di revisione.
La minaccia del Sulphur Cap sta anche contribuendo a dare un nuovo impulso al mercato delle demolizioni navali.
Se non conviene puntare sullo scrubbing, non ti resta altro che lo scrapping. È questa la filosofia che sta alla base della scelta da parte di molti carrier di sbarazzarsi delle navi meno efficienti, su cui risulta troppo costoso montare i sistemi di lavaggio dei fumi.
Nel solo mese di aprile sono state ceduti per scrap 30 mila TEU: si tratta per lo più di unità di piccole dimensioni, che si trovano a fine corsa dopo aver navigato in lungo e in largo per oltre vent’anni.
La consultancy firm britannica Drewry azzarda una previsione: nel 2019 verranno demolite navi per un totale di 300mila TEU. Numeri importanti, di gran lunga superiori a quelli del 2018, che si è chiuso con 90 mila TEU rimossi dal mercato.
Intanto, la congiuntura economica mondiale sembra avviata verso un lento ma costante miglioramento, con il trend che punta verso un maggiore equilibrio fra domanda e offerta di naviglio: sulla base dei dati forniti da Lloyds’ List Intelligence, ad aprile sono state consegnate nuove navi per un totale di 92mila TEU. In particolare, sono state messe in acqua due unità navali della Maersk da 15mila TEU, una nuova ultra large container ship da 21,237 TEU (la Cosco Shipping Galaxy) e diverse unità feeder di tipo Panamax.
Tra aprile e giugno sono per altro attese nuove consegne per un totale di 190 mila TEU, di cui oltre 100 mila ordinati da Cosco: si tratta di sei navi, tre da 13mila TEU e altrettante da 21mila TEU, che il colosso cinese userà per le rotazioni della Ocean Alliance, il consorzio armatoriale di linea costituito oltre che da Cosco Shipping Lines, da CMA CGM, Evergreen Line e Orient Overseas Container Line (OOLC).
Le new deliveries stanno insomma controbilanciando il tonnellaggio rimosso dal mercato anche per via delle demolizioni navali avviate in questa prima metà dell’anno.
Il bilanciamento tra domanda e offerta di trasporto sta per altro spingendo in alto i noli, che lungo la tratta Asia-US West Coast hanno toccato quota 1.300/1500 dollari per ogni container da 40 piedi caricato. Sono cifre superiori del 30% rispetto alle rate di nolo dell’anno scorso, che viaggiavano a una quota di 1000/1200 dollari a FEU (Forty Equivalent Unit).
Durante la negoziazione dei contratti, i carrier hanno quindi saputo strappare a caricatori e beneficial cargo owner (BCO) ottime condizioni di prezzo, applicando tariffe extra ai noli per coprire i maggiori costi derivanti dal nuovo sulphur cap.
L’industria dello shipping sta insomma rialzando la testa dopo gli alti e bassi di un 2018 condizionato da rate di nolo deboli e da costi operativi alti.
Ma sono molti quelli che faticano ancora a far quadrare i conti: nonostante i segnali di ripresa registrati nella seconda metà dell’anno scorso, i margini di guadagno dei carrier rimangono infatti bassi. Secondo Alphaliner, l’anno scorso 10 delle 12 principali compagnie di navigazione specializzate nel trasporto container hanno riportato in media profitti operativi molto modesti.
Complessivamente, il trasporto di container ha raggiunto ad oggi una capacità di 22 milioni di TEU ma i miglioramenti contrattuali ottenuti sul fronte delle rate di nolo rischiano di essere erosi dall’aumento del costo del bunker e dagli scarsi rendimenti di un mercato in via di ripresa ma ancora depresso.