Pubblichiamo l’intervento che il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha tenuto stamani all’Espo Conference, il conclave dei porti europei in corso di svolgimento a Livorno.
Buongiorno a tutti,
Ringrazio prima di tutto ESPO, l’Organizzazione dei Porti Europei, per aver scelto di organizzare nel nostro Paese e in un porto come Livorno la sua Conferenza Annuale. Si tratta di uno tra gli eventi più prestigiosi sul tema della portualità e la scelta di Livorno conferma l’interesse di un Paese come l’Italia a discutere e confrontarsi sui temi cardine della conferenza.
Ringrazio le Autorità presenti e gli autorevoli relatori che in questa mattinata di riflessione ed analisi hanno contribuito a delineare un quadro globale sulle prospettive dello shipping, della portualità e della logistica.
La discussione di stamattina ha riguardato le prospettive dei porti europei e da qui vorrei iniziare la mia analisi. L’Europa è il perno della rete commerciale mondiale: 28 Stati Membri, quasi 1.000 porti marittimi commerciali dai quali si genera l’1% del PIL dell’intera Unione e 2,2 milioni di soli addetti diretti. Ma anche il continente dal quale provengono le prime tre più grandi Compagnie mondiali di navigazione1 e che – tra rotte transoceaniche, mari del nord e Mediterraneo – è da sempre la patria della portualità e dei traffici marittimi.
Abbiamo condiviso fin da subito i principi che ispirano la politica europea dei trasporti e della navigazione: competitività, innovazione tecnologica, centralità delle infrastrutture logistiche, sostenibilità ambientale.
E siamo anche consapevoli che i traffici marittimi commerciali e la portualità rappresenteranno sempre più, nei prossimi anni, un terreno su cui misurarsi. Su questo terreno, gli interessi degli Stati Membri non sempre coincidono, così come non sempre convergono le posizioni tra questi e le Istituzioni europee. Lo dimostrano le delicate vertenze sul Regolamento per l’accesso ai servizi portuali, il Regolamento aiuti di stato, gli incentivi per le Autostrade del mare, tutte vertenze sulle quali ogni Stato membro ha aperto un dialogo intenso con la Commissione per far valere le proprie specificità.
La delicatezza di queste vertenze trova conferma e giustificazione nei dati più recenti sul trasporto via mare, che continua ad essere la principale modalità di movimentazione delle merci nel mondo: l’80% del commercio internazionale viaggia su nave per volumi che sono stati stimati nel 2018 di 11 miliardi di tonnellate di merci. La Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo ha stimato un tasso di crescita annuale del 3,8% fino al 2023, con il traffico containerizzato che toccherà punte del +6%.
Come risponde l’Europa a questa crescita? Tre porti del Nord Europa sono da tempo tra i top 20 degli scali mondiali (Rotterdam, Anversa e Amburgo) mentre dalla frontiera sud dell’Europa, il Mar Mediterraneo, arrivano stimoli e segnali di incredibili potenziali di crescita. I dati ci dicono che il raddoppio del Canale di Suez ha determinato un aumento della tipologia e dei volumi di traffico marittimo arrivato nel Mediterraneo: per citare un dato su tutti, il traffico delle mega porta-container da 13 a 20 mila Teus è aumentato del 56% in 3 anni. Stiamo parlando di un mare, il Mediterraneo, dove transita il 20% del traffico marittimo commerciale mondiale e il 25% dei servizi di linea container e dove negli ultimi 20 anni le merci movimentate hanno registrato un aumento del 500%.
Proprio il traffico containerizzato ha dato il suo contributo più grande all’espansione dei servizi portuali in Europa. L’esigenza di arrivare su tutti i mercati ha fatto crescere il numero delle destinazioni toccate dalle navi e ha costretto gli Stati ad avviare piani di modernizzazione delle infrastrutture esistenti per accogliere navi sempre più grandi. Per semplificare, oggi il regolatore pubblico si trova continuamente stimolato da parte del sistema dello shipping su tre diverse esigenze:
l’ampliamento delle superfici disponibili per lo sbarco/imbarco e la sosta dei contenitori, con le relative opere marittime di difesa;
l’approfondimento dei fondali;
il potenziamento delle vie d’accesso stradale e ferroviarie e la modernizzazione delle infrastrutture immateriali.
Questo terzo punto continua ad essere molto importante perché ci consente di avvicinare i nostri porti alle principali reti europee di trasporto. Proprio lo sviluppo delle reti TEN-T ha favorito le connessioni interne tra gli Stati Membri, avvicinando diverse aree di sviluppo, ma oggi sentiamo la necessità di porci anche un altro tema: quello delle connessioni tra l’UE e i mercati globali, a cominciare dai fronti Orientale (Asia) e Mediterraneo (Paesi del Nord Africa).
In questo quadro di sviluppo, si inserisce il miglioramento dei nostri rapporti con la seconda economia mondiale. La Cina, già presente in alcuni porti nord europei, ha avviato una decisa penetrazione anche nei terminal mediterranei, concentrando ingenti investimenti in Grecia, Turchia, Israele e Spagna.
Per la Cina, il Mediterraneo è il crocevia tra i mercati europei e il Nord Africa, con l’opportunità di raggiungere la costa est degli Stati Uniti. Ad oggi, il 60% del commercio cinese avviene via mare. Il Paese è dunque leader mondiale del trasporto su nave, con una quota del 35% sul traffico container.
Il Governo italiano, sottoscrivendo il Memorandum del 23 marzo scorso, ha voluto riaffermare che i porti italiani fungono da terminale privilegiato della Via della Seta marittima, si è impegnato tra l’altro a promuovere lo sviluppo di progetti bilaterali di collaborazione, a sviluppare l’interoperabilità delle infrastrutture (porti e telecomunicazioni), a facilitare investimenti e commerci reciproci, a pervenire ad un coordinamento delle politiche fiscali, ad esplorare la possibilità di collaborazione nella formazione di risorse umane. Tutto questo con l’obiettivo di valorizzare sempre di più le nostre produzioni e di aprire spazi di mercato sempre maggiori all’economia italiana.
L’Italia ha puntato sulla qualità delle sue infrastrutture e la vicinanza con i mercati dell’Europa centrale e orientale, sfruttando le opportunità dei sistemi portuali e ferrati già esistenti e operativi, come il sistema dell’Alto Adriatico, con Venezia e Trieste, e il sistema dell’alto Tirreno con Genova. Ma se Trieste e Genova, per la loro particolare posizione geografica, sono considerati i principali porti per l’arrivo delle merci provenienti dal Far-east, anche altri scali, come Livorno, possono giocare un ruolo fondamentale.
D’altro canto, la Cina non ha ignorato il ruolo strategico che la posizione geografica dell’Italia garantisce ai suoi porti, quali piattaforma di distribuzione dei beni provenienti dall’Asia e di raccolta delle merci europee da distribuire sul mercato globale.
La nuova Via della Seta è certamente una grande opportunità per noi europei, ma deve diventare anche una grande sfida: quella di non essere considerati da Pechino solo “mercato” ma anche “partner”, attraverso una forte coesione territoriale infrastrutturale e logistica, e attraverso l’innovazione.
Per quanto riguarda i porti italiani, l’impostazione strategica che stiamo portando avanti è ben chiara, e non si tratta di un impegno astratto per il futuro.
Prima di tutto, senza incorrere nell’errore di guardare al solo netto container, l’Italia deve continuare a puntare in maniera ancora più forte sui suoi asset di eccellenza. Mi riferisco, in particolare, al segmento dello Short Sea Shipping (le Autostrade del Mare) e al traffico rinfusiero. Senza dimenticare che il Mediterraneo è anche un grande mercato del trasporto persone e delle crociere.
Siamo leader in Europa per lo sviluppo delle Autostrade del Mare e ci stiamo attrezzando per sostenere la progressiva diffusione dei combustibili alternativi nell’armamento nazionale – e della sua distribuzione negli scali portuali – in vista delle importanti scadenze comunitarie del 2020.
Continuiamo a puntare con forza sui porti “core” come fulcro delle nuove Autorità di Sistema Portuale e su questi porti vogliamo concentrare le risorse pubbliche sulle connessioni materiali e immateriali: accessibilità via mare (i dragaggi), via terra (ultimo miglio ferroviario), tecnologia e semplificazioni sulle operazioni di controllo e sdoganamento della merce (fast corridor, pre-clearing, fascicolo elettronico).
Circa le opere di dragaggio, non c’è porto che abbia visitato, dove il tema non mi è stato posto in maniera pressante dalle comunità locali. Ci sono iter amministrativi bloccati e veri e propri interventi in alcuni casi fermi da anni. Stiamo lavorando con il Ministro Costa per semplificare le procedure e accelerare i tempi, consapevoli di quanto il tema sia decisivo per la competitività e la sicurezza degli scali.
Circa gli investimenti in tecnologia, stiamo lavorando per rendere maggiormente connessa la nostra logistica, ridurre le esternalità negative e dedicare una rinnovata attenzione per le connessioni immateriali, quali la digitalizzazione, un sistema di controlli e smistamento merci moderno, rapido e tecnologicamente avanzato.
L’Agenzia delle Dogane sta già svolgendo un importante lavoro in materia di digitalizzazione della catena logistica attraverso l’implementazione dello Sportello Unico Doganale (che accorpa in un unico front office tutti i 133 controlli sulla merce in capo a 13 diverse pubbliche amministrazioni), del fascicolo unico elettronico, dei Fast Corridor stradali, ferroviari ed intermodali e delle operazioni di sdoganamento a mare (queste ultime, in stretta connessione con i servizi di monitoraggio resi dal Corpo delle Capitanerie di porto).
Sul fronte dei nostri porti, per esempio, vogliamo potenziare le operazioni di sdoganamento a mare (pre-clearing), perché riducono e in molti casi eliminano i tempi di stazionamento delle merci nei terminal di sbarco, contraggono i costi del ciclo import/export e decongestionano i modesti spazi a disposizione per lo stoccaggio delle merci: meno tempi “improduttivi” per le navi e meno “sprechi” che sottraggono competitività ai porti italiani!
Se vogliamo continuare a primeggiare tra i Paesi UE per tempi di sdoganamento, dobbiamo puntare ad ulteriori investimenti per la piena digitalizzazione della catena logistica.
Circa i collegamenti di ultimo miglio ferroviario stiamo portando avanti un importantissimo lavoro con RFI. Ci sono ancora molti porti che hanno limiti enormi nel loro sviluppo dovuti alla loro scarsa accessibilità, non solo da mare ma anche via terra.
Una cosa è certa: le ferrovie devono tornare protagoniste nei porti e questo grazie alla condivisione di una strategia con RFI che ci porterà a individuare e coordinare insieme le scelte di intervento sui collegamenti di ultimo miglio ferroviario. La spesa stanziata da RFI per questo obiettivo nel quinquennio 2019/2023 cuba circa 1,2 miliardi di euro. In particolare, stiamo lavorando sul potenziamento di tutti i collegamenti della rete ferroviaria nazionale alle aree con interporti, terminal ferroviari, piattaforme logistiche e raccordi industriali in grado di incidere sull’efficienza dei processi di ingresso/uscita dai terminal.
A conferma di quanto il tema sia rilevante, oggi sono qui a Livorno anche per siglare un accordo tra MIT, Regione Toscana, Autorità di Sistema Portuale e Interporto “Vespucci” per la realizzazione dei collegamenti ferroviari del porto di Livorno con il Corridoio TEN-T nr. 1, cioè il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo.
E’ un accordo da 27 milioni di euro, destinato a potenziare i collegamenti tra il porto ed il Corridoio, promuovendo l’integrazione modale e l’interoperabilità in coerenza con le linee guida del TEN-T. Questa opera consentirà al porto di Livorno di accrescere il suo ruolo di “calamita” per gli investimenti e favorirà la cooperazione tra sistemi territoriali ed infrastrutturali più vasti, grazie ad una rete ferroviaria efficiente e performante.
Il tema dello shift intermodale gomma/ferro e gomma/mare mi consente di accennare al tema della sostenibilità ambientale: siamo certamente favorevoli all’introduzione di misure comunitarie che favoriscano un trasporto merci e passeggeri più sostenibile dal punto di vista ambientale. Le nostre imprese armatoriali stanno facendo grandi passi in avanti nell’utilizzo dei combustibili alternativi, nell’ottica di abbattere le emissioni di Co2 e delle altre sostanze maggiormente inquinanti: questo è l’orizzonte verso cui tendere. Ma il Governo sta continuando ad investire anche sugli incentivi Ferrobonus e Marebonus da destinare alla merce che sceglie il treno o la nave al posto del “tutto strada”.
Da ultimo il tema semplificazione. Ho affermato in una recente intervista che possiamo discutere sul modello di governance delle Autorità di Sistema Portuale, sulla loro natura o sulla loro autonomia finanziaria, ma passa necessariamente dalla semplificazione la crescita dei traffici e lo sviluppo delle infrastrutture necessarie per mettere i nostri scali nelle stesse condizioni dei competitor europei e internazionali.
I porti sono realtà dinamiche che devono poter correre con meno norme ma più chiare, che devono avere maggiore “agilità” amministrativa. Qualche novità cominceremo a vederla già con le prossime modifiche al Codice degli appalti che stiamo apportando con il decreto Sblocca Cantieri.
Competitività ed efficienza, insomma, richiedono procedure amministrative semplici, rapide e condivise, in grado di sfruttare le moderne tecnologie digitali per eliminare le inefficienze di natura burocratica che pesano sulla catena logistica.
Concludo evidenziando che i temi legati alla logistica stanno diventando sempre più centrali per la politica e le Istituzioni, a livello italiano ed europeo. Tutte le questioni economiche più recenti (Nuova Via della Seta, “guerra dei dazi”, Brexit, gestione dei big data, sviluppo dell’e-commerce) ci confermano che sul tema della connettività e accessibilità si gioca una partita decisiva per il futuro che coinvolgerà inevitabilmente i nostri sistemi portuali.
L’evoluzione tecnologica, digitale e telematica determinerà la velocità e la qualità dei flussi informativi relativi alle merci ed ai transiti; la logistica a terra avrà bisogno di maggiori spazi e di connessioni veloci e sicure con i mercati di riferimento. Da questi cambiamenti passa il futuro dei nostri porti, temi sui quali dovremo continuare ad impegnarci seriamente nei prossimi anni.