Con la firma avvenuta nei giorni scorsi del memorandum quadro tra il premier italiano Giuseppe Conte e il presidente cinese, Xi Jinping, è ufficialmente iniziato il cammino dell’Italia lungo la Via della Seta.
Il nostro Paese si trova probabilmente davanti a una delle migliori opportunità che abbia mai avuto dal dopoguerra a oggi. E non è nella condizione di sbagliare.
Ci troviamo al cospetto di un piano di investimenti internazionale che per la quantità dei capitali e dei Paesi coinvolti fa impallidire il Piano Marshall.
Ritrovarsi a non essere parte di questo progetto, per ignavia o per scelta, creerebbe un danno enorme all’economia italiana in termini di mancato sviluppo.
Gli investimenti nei porti di Trieste e di Genova potrebbero infatti dare il via a un processo di espansione davvero ampio.
I nostri scali portuali sono soltanto una delle maglie della fitta catena logistica intermodale: per far fluire le merci attraverso la via che si sta costruendo, saranno necessari tutta una serie di ulteriori investimenti, nelle infrastrutture così come nei settori dei trasporti ferroviari, stradali e marittimi.
Dare enfasi e corso al passaggio della Via della Seta attraverso il nostro Paese permetterebbe di sviluppare in maniera formidabile la così detta rotta via sud per le merci in arrivo dal Far East e dirette in Nord Europa.
Ma potremo riuscirci solo se sapremo fare sistema a livello portuale italiano e dimostrare che l’opzione via sud esiste, è efficiente ed è conveniente sia in termini economici che di transit time.
Per raggiungere questo obiettivo i porti devono operare assieme in modo da offrire ai carrier un ampio portfolio di scelte in termini di approdi possibili e soluzioni logistiche all’altezza della situazione.
In buona sostanza, i grandi spedizionieri considereranno la rotta attraverso il Mediterraneo solo e soltanto se saranno certi di poter avere più opzioni, ovvero più partenze durante la settimana (a seconda del carrier che sceglieranno), come accade per i servizi verso il Nord Europa. Non possono rischiare di perdere una partenza e dover aspettare una settimana o più senza avere un’alternativa.
Una volta avviato un volano di tale peso, i traffici in transito per il cluster portuale italiano potrebbero crescere in maniera esponenziale, con beneficio sia per i terminal di toccata oceanica che per quelli naturalmente e strutturalmente più devoti al traffico feeder, che – a cascata – distribuirebbero i contenitori verso i porti di sbarco finali.
Tutto questo si tradurrebbe in un potente impulso allo sviluppo dei collegamenti ferroviari imprescindibili per raggiungere il Nord Europa.
L’Italia, grazie alla sua posizione centrale, rappresenta in questo scenario “la banchina del Mediterraneo” e può fungere da approdo per l’intero bacino, dando un formidabile slancio alla competizione con i porti del Nord Europa.
Ma non c’è tempo da perdere: davanti a noi abbiamo una finestra temporale che non durerà ancora per molto, anche perché gli investitori cinesi vogliono portare a compimento il disegno il prima possibile.
Se esiste un momento storico nel quale la via Sud può prendere il sopravvento sulla rotta verso i Paesi nordici, è decisamente questo.
Conosco piuttosto bene l’approccio degli orientali, lavorando da più di vent’anni nel Gruppo taiwanese dell’Evergreen. Non c’è alcun dubbio che se l’interesse della Cina per l’Italia dovesse incontrare un ostacolo o dovesse trovarsi impantanato nell’immobilismo, a Pechino inizierebbero a guardarsi attorno. E le alternative non mancherebbero.
I cinesi potrebbero di fatto prendere in considerazione altri porti di paesi quali la Slovenia, la Croazia o magari la Francia, oppure potrebbero fermarsi nel Pireo, che diverrebbe l’unico avanposto su cui concentrate tutte le risorse per portare a compimento il collegamento ferroviario dalla Grecia al Nord Europa, progetto che se venisse realizzato escluderebbe definitivamente il nostro paese dalla Via della Seta.
Colloqui con la Slovenia e il suo porto di Koper, così come con la Croazia e il suo porto di Rijeka, hanno già avuto luogo e sebbene per il momento l’Italia sembri essere stata preferita, si evince chiaramente che tra opzioni ferroviarie attraverso i Balcani o approdi marittimi in altri Paesi limitrofi, i piani di riserva esistono.
Sullo sfondo restano poi altre due spade di Damocle: quella della ferrovia transiberiana e quella della rotta artica. Sono progetti ancora acerbi, ma che prima o poi giocheranno un ruolo fondamentale nel panorama della logistica mondiale, al pari – se non di più – di quanto lo sono stati il Canale di Suez e quello di Panama.
Viene spesso menzionato il rischio di una invasione cinese, e si cita, a volte in modo improprio, il caso del Pireo. Io conosco bene quella realtà: Cosco ha ottenuto in gestione il porto greco all’interno di strette condizioni sancite nella concessione e negoziate con il Governo ellenico. Il loro operato è monitorato da una commissione governativa apposita e la dirigenza è molto attenta a non compiere atti contrari alle regole.
Ciò premesso, non si può negare l’importanza e l’impatto che l’arrivo di Cosco ha avuto per la Grecia, sia in termini di ricadute occupazionali (la quasi totalità degli addetti è locale e non cinese), che in termini di sviluppo economico del territorio.
L’Italia vuole rinunciare a tutto questo? Può permettersi di rinunciare a tutto questo?
Credo fortemente che i 29 accordi firmati a Villa Madama siano un buon punto di partenza: ora, la prossima sfida sarà quella di portare avanti le trattative.
Pechino ha enormi disponibilità finanziarie, solidissime competenze, una grandissima spinta innovativa e una vision a lungo termine che deve incutere rispetto: dimostriamo di essere all’altezza della controparte e sfoderiamo la nostra migliore capacità negoziale, senza però farci prevaricare.
D’altronde, non abbiamo altra scelta se non quella di andare avanti: che lo vogliamo o no, l’avanzata della Via della Seta non si infrangerà sugli scogli di un pavido rifiuto italiano, ma – come un fiume – troverà rapidamente altre vie per giungere a destinazione.
Sta a noi trarre il meglio dalle possibilità che si stanno delineando in questi giorni.