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Non passa in Assemblea la proposta di messa al bando delle spedizioni ad alto rischio

Armi a Israele, scoppia la polemica in casa Maersk

di Redazione

E’ diventato ormai un caso politico l’ultima Assemblea Generale di Maersk. Al centro della polemica la decisione della società di respingere la duplice richiesta fatta da alcuni azionisti di mettere al bando il trasporto di armi in Israele e di fare chiarezza sul proprio operato in ordine al rispetto dei diritti umani.

La notizia, diffusa dall’agenzia di stampa Reuters, è rimbalzata su tutti i principali media e testate di shipping specialistiche.

La proposta, sostenuta peraltro da oltre 70 organizzazioni civili, come Amnesty International, Oxfam e ActionAid, richiedeva a Maersk una documentazione completa sull’attività di due diligence che la società armatoriale è tenuta svolgere al fine di prevenire e mitigare violazioni di diritti umani, con un’attenzione particolare al trasporto di spedizioni ad alto rischio come armi ed equipaggiamento militare in zone di conflitto.

Le organizzazioni avevano di fatto esortato gli azionisti di Maersk a usare il loro voto alla prossima assemblea generale annuale del 18 marzo, per chiedere che l’azienda dimostrasse di rispettare i diritti umani, fornendo un certo livello di trasparenza e responsabilità alle parti interessate.

L’urgenza di questa risoluzione era stata sottolineata dal presunto coinvolgimento di Maersk nel rifornimento militare di Israele. A dimostrarlo una indagine investigativa condotta dal gruppo giornalistico Danwatch, entrato in possesso nelle settimane scorse di alcune polizze di carico dalle quali risultava come una dozzina di navi di proprietà del liner danese avessero trasportato ad Haifa migliaia di tonnellate di beni militari durante le prime fasi di guerra a Gaza. In particolare, una di queste polizze sembrava dimostrare come Maersk avesse spedito a novembre del 2023 sette autocarri tattici pesanti ad elevata mobilità (Heavy Expanded Mobility Tactical Trucks – HEMTT).  Sebbene siano considerati veicoli cargo, gli HEMTT sono qualificabili dall’UE come equipaggiamento militare.

La proposta, presentata in particolare da un azionista, è stata però respinta da circa il 98% degli shareholder nell’incontro di ieri pomeriggio.

“Bisogna avere una quota importante per essere influenti in queste questioni” avrebbe detto un azionista a The Loadstar. “È sempre la stessa storia, le buone proposte vengono sempre respinte perché non sono favorevoli agli investimenti”.

Il consiglio di amministrazione ha difeso la propria posizione, sostenendo l’inopportunità di una iniziativa completamente sbagliata fin dalle premesse, dal momento che Maersk ha una politica rigorosa nel merito e che non spedisce armi o munizioni in zone di conflitto attive.

“La linea di demarcazione tra ciò che Maersk accetta o non accetta di trasportare potrebbe non coincidere con i desideri di tutti” ha dichiarato il ceo della società armatoriale, Vincent Clerc, sottolineando come la compagnia sia pienamente compliant con i regolamenti statunitensi e dell’UE e con le convenzioni ONU sulla materia.

Clerc ha dunque negato di aver trasportato armi e munizioni durante la guerra a Gaza ma ha però riconosciuto di aver spedito carichi di tipo limitare, sia pure nel rispetto delle norme e dei regolamenti vigenti.

Il presidente del cda, Robert Maersk Uggla, ha rispedito al mittente le accuse di aver indirettamente contribuito, con il trasporto di equipaggiamento militare a Israele, al massacro che si è compiuto a Gaza.

“Trovo abbastanza inaccettabile dire che stiamo contribuendo al genocidio. Al contrario, i colleghi di Maersk fanno del loro meglio per supportare alcune di queste aree di conflitto trasportando beni di prima necessità e di pronto soccorso” ha detto.

Bocciata anche la richiesta di fornire una rendicontazione aggiuntiva in merito alla due diligence sui diritti umani. Clerc ha asserito di non vedere la necessità di istituire tramite l’assemblea generale annuale requisiti di informativa ulteriori rispetto a quelli previsti dalla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), la direttiva dell’Unione Europea che stabilisce obblighi rispetto agli impatti negativi sui diritti umani e agli impatti ambientali generati dalle società nell’ambito delle proprie attività e nella propria catena del valore.

Stando alla direttiva, ciascuna società dovrà esercitare, entro i tempi previsti, il “dovere di diligenza” (la due diligence) basato sul rischio in materia di diritti umani e di ambiente, integrandolo nelle proprie politiche e nei propri sistemi di gestione dei rischi, prevenendo, attenuando e riparando gli eventuali impatti negativi.