© Luigi Angelica
Interventi

La lettura dell'esperto

Autoproduzione, dal Consiglio di Stato nessuna vera novità

di Davide Maresca

Avvocato marittimista

Le recenti sentenze del Consiglio di Stato (nn. 1393 e 2775 del 2024) sotto il profilo tecnico non hanno apportato alcuna novità nell’ordinamento in materia di autoproduzione delle operazioni portuali.

Si sono, infatti, limitate a specificare che la disciplina sull’auto produzione di operazioni portuali di cui all’art. 16 comma 4 bis della legge n. 84/94 non si applica ai soggetti autorizzati ai sensi dell’art. 16 comma 3 della legge n. 84/94.

Lasciando le opinioni ad altri, di seguito una sintesi tecnica.

L’art. 16 comma 4 bis in primis individua l’ambito di applicazione della norma ossia tutte le imprese di navigazione che non hanno un’autorizzazione ex art. 16 comma 3 o ex art. 17 commi 2 e 5 della legge n. 84/1994. Si legge, infatti che per per richiedere l’autorizzazione all’autoproduzione non deve essere “possibile soddisfare la domanda di svolgimento di operazioni portuali né mediante le imprese autorizzate ai sensi del comma 3 del presente articolo né tramite il ricorso all’impresa o all’agenzia per la fornitura di lavoro portuale temporaneo di cui, rispettivamente, ai commi 2 e 5 dell’articolo 17”.

In secondo luogo l’art. 16 comma 4 bis richiede una verifica di idoneità tecnica, in quanto la nave de essere:

a) sia dotata di mezzi meccanici adeguati;

b) sia dotata di personale idoneo, aggiuntivo rispetto all’organico della tabella di sicurezza e di esercizio della nave e dedicato esclusivamente allo svolgimento di tali operazioni;

c) sia stato pagato il corrispettivo e sia stata prestata idonea cauzione.

In altre parole, posta l’idoneità tecnica, la legislazione italiana pone un diritto di preferenza per l’erogazione delle operazioni portuali a favore delle imprese ex art. 16 comma 3 e art. 17 commi 2 e 5.

Va precisato che la norma (art. 16 comma 4 bis) pone una vera e propria regolazione del mercato – senza che ART se ne sia mai occupata –  il cui vaglio con il principio di libera circolazione dei servizi, imposto a livello europeo dall’art. 56 TFUE, non è ancora stato affrontato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, né dalla DG GROW della Commissione.

Tuttavia, nel caso della prima sentenza citata (n. 1393/2024) la “nave” (GNV) era dotata di un’autorizzazione ex art. 16 comma 3, con la evidente conseguenza che la prima condizione non era nemmeno applicabile.

In sostanza, poiché GNV era già autorizzata ex art. 16 comma 3, è evidente che la norma (art. 16 comma 4bis) sull’autoproduzione non si dovesse applicare ad essa.

La seconda sentenza (n. 2775/2024) invece affronta la necessità di adibire lavoratori della nave per l’espletamento di tali operazioni. In questo contesto, quindi, se è pur vero che l’impresa autorizzata ex art. 16 comma 3 può svolgere operazioni portuali, la possibilità di svolgere tali operazioni mediante personale di bordo si scontra con l’art. 23 del CCNL porti.

Quest’ultimo, infatti, prevede l’obbligo di preferenza di lavoratori di terra: i lavoratori marittimi possono intervenire solo laddove non vi sia disponibilità di personale “di terra”.

Del resto, come noto, le operazioni portuali sono svolte secondo il regime civilistico dell’appalto per il quale vige la libertà di organizzazione di impresa che, ovviamente, non può certo vietare il servizio reso da lavoratori a bordo di una nave (soprattutto se i servizi sono ivi resi). Infatti, anche il personale di bordo può essere inserito nell’organico degli art. 16 comma 3 purchè siano rispettati i requisiti di idoneità e sicurezza previsti dalla legge.

Infatti, per potersi avvalere di tale personale, il soggetto ex art. 16 comma 3 deve comunicare all’Autorità di sistema portuale che, all’interno del proprio organico vi sono lavoratori che eseguono operazioni a bordo come previsto dal DM n. 585/95. Richiesta diversa da quella di GNV che, invece, aveva richiesto un’autorizzazione all’autoproduzione.

In altre parole, nessuna delle due sentenze pone vere novità giuridiche ma sicuramente offrono spunti di riflessione:

a) Il lavoro nel porto rimane un perno intorno al quale gira la disciplina delle imprese e la riserva dei lavoratori di cui alla nota Sentenza Siderurgica Gabrielli pare non ancora completamente superata (nel bene o nel male, a seconda del lettore);

b) Posta la tutela dal lavoratore portuale, l’impresa è libera di autoprodurre semplicemente dotandosi di un’autorizzazione ex art. 16 comma 3 (nei casi di esercizio stabile) oppure chiedendo l’autorizzazione ex art. 16 comma 4 bis (per fattispecie occasionali).

Torna su