© Michela Canalis
Interviste

Colloquio con Davide Tabarelli

Caro energia, ambientalismo insostenibile

di Marco Casale

«Sulle strategie energetiche abbiamo sbagliato qualcosa». Il problema del caro prezzi che ha investito l’Italia ma soprattutto l’Europa poteva essere evitato? «Sì, se in questi anni non ci fossimo limitati a rincorrere il mito del mondo a zero emissioni».

Intervistato da Port News per esprimere un’opinione sulla crisi he rischia di mandare in lockdown produttivo centinaia di imprese, il presidente della società di ricerca Nomisma Energia, Davide Tabarelli, fornisce un quadro impietoso della situazione: «Negli ultimi vent’anni abbiamo sempre messo l’Ambiente al primo posto, affidandoci invece al libero mercato per soddisfare i nostri bisogni energetici, in un contesto caratterizzato da un eccesso di capacità produttiva. A Novembre abbiamo testato con mano che cosa accade se le forniture non riescono più a soddisfare la domanda».

Secondo Tabarelli, che è anche docente di economia all’Università di Bologna, la situazione ha messo a nudo la zoppia dell’Europa, l’inconsistenza di una visione che ha ridotto a puro flato verbale il mantra della “Decarbonizzazione” invocato da più parti in risposta alle evidenti preoccupazioni sul cambiamento climatico. «In 30 anni, l’Europa ha ridotto di un miliardo di tonnellate le proprie emissioni di C02. Il resto del mondo è andato invece nella direzione opposta, aumentandole di 13 miliardi e vanificando quindi i nostri sforzi. La battaglia di principio, e concettualmente giusta, per la carbon neutrality, ha portato l’UE a soffrire di uno svantaggio competitivo rispetto alle altre regioni del globo»

Per il n.-1 di Nomisma Energia è evidente che il mondo ha ancora bisogno delle tanto vituperate fonti di energia tradizionale, a cominciare dal petrolio e dal carbone, per le quali il prossimo anno i livelli della domanda potrebbero superare i quelli del 2019.  «Le forniture di risorse rinnovabili sono evidentemente inferiori alle previsioni e non riescono a soddisfare i nostri fabbisogni energetici. Per questo motivo, è un errore pensare di poterci sbarazzare così presto dei combustibili fossili».

Insomma, per Tabarelli il mondo a zero emissioni rimane, alla luce dei fatti, «una fuga dalla realtà» da parte di politici in cerca di slogan ad affetto, facili da annunciare ma impossibili da raggiungere. «E ci è andata bene. Sarebbe infatti potuta andare anche peggio se la crisi energetica avesse colpito anche il petrolio».

Per il docente universitario occorre dunque mettere un momento da parte la battagila contro l’inquinamento ambientale e puntare a una politica energetica meno urlata ma più efficiente. Tradotto, «Serve una maggiore diversificazione energetica, occorrono maggiori investimenti nella fornitura delle fonti di energia tradizionale. Bisogna avere, in una parola, l’atteggiamento della casalinga di Voghera, che non compra mai il pane dallo stesso fornaio».

E poi, servono delle regole chiare, a livello comunitario: «In Europa bisogna far sì che i Paesi non rimangano più senza energia».

Anche lo shipping e, in generale, il mondo dei trasporti, avrà bisogno di arrivare molto più gradualmente, e lentamente, al traguardo del net zero: «Chi non vorrebbe che le navi tornassero ad andare a vela, o che montassero batterie al litio di lunghissima durata.  Sarebbe un bel mondo ma non è quello in cui viviamo. In mancanza di tecnologie adeguate, di fuel alternativi e di reti di distribuzione efficaci in grado di garantire una facilità di approvigionamento, le politiche iper-ambientaliste del Pacchetto Fit for 55 rischiano di produrre più danni che benefici, aumentando il divario competitivo con quei Paesi ai confini dell’Ue (come Tunisia, Algeria) che verso le tematiche ambientale non hanno il nostro stesso livello di attenzione».

Quanto al cold ironing, ovvero al sistema di elettrificazione delle banchine cui il Governo starebbe puntando grazie ad un corposo piano di investimenti per i porti da quasi 700 milioni di euro, Tabarelli non si sbilancia: «Si tratta di un’ottima idea, anche se al momento non molto conveniente, soprattutto alla luce dei nuovi rincari energetici, ma nel lungo periodo potrebbe rivelarsi una battaglia vincente».

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