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Interventi

Soluzioni e sfide

Caro gasolio, il conflitto da evitare

di Davide Magnolia

Avvocato LCA Studio Legale

Il mercato petrolifero, dopo le ingenti perdite subite durante il periodo pandemico, registra oggi una crescita verticale. Il costo del gasolio alla pompa di benzina è, in pochi mesi, schizzato alle stelle. Gli incrementi sembrano essere fuori controllo e senza alcuna reale logica di mercato, tanto da finire sotto la lente della Procura della Repubblica di Roma e dell’Autorità Antitrust.

Nel 2008 quando il prezzo del barile aveva toccato il suo record storico di 147,50 dollari sul listino Brent, il costo del gasolio era infatti di 1,34 euro. Oggi che il prezzo oscilla oltre “quota 100” dollari, il costo del gasolio al distributore ha superato i 2 euro. Sembra dunque che il prezzo del combustibile si muova con dinamiche non perfettamente allineate a quelle del petrolio, facendo registrare quel fenomeno che in finanza ed economia viene definito shock asimmetrico.

Gli autotrasportatori, che erano già alle prese con alcune criticità mai risolte quali la mancanza di autisti, il rincaro dei pedaggi, il problema green pass ed il “caso” accise, solo per citarne alcune, si sono trovati stretti in una morsa. Insomma, la tempesta perfetta per il trasporto su gomma.

La questione è all’ordine del giorno visto che in Italia il 70% circa delle merci viaggia su gomma ed un blocco del comparto porterebbe ad una paralisi del sistema. Negli ultimi giorni ci si è interrogati sull’esistenza di strumenti che consentano di aggiornare le tariffe di trasporto e spalmare l’incremento del costo del gasolio (anche) sulla committenza.

Ad oggi ed al netto dei prossimi interventi legislativi che, però, potranno operare solo per il futuro, si possono prospettare tre soluzioni “salvagente” per l’autotrasporto. La prima è preventiva. Le parti che stipulano un contratto di trasporto dovrebbero sempre premurarsi di inserire una “clausola gasolio” che imponga meccanismi di adeguamento automatico del corrispettivo.

La seconda e la terza sono normative. Il nostro ordinamento ha introdotto, fin dal 2008, un meccanismo di fuel surcharge (ossia di supplemento carburante) per l’autotrasporto merci. L’articolo 83bis, comma 5, del Decreto Legge 112 del 2008 dispone per i contratti di trasporto da effettuarsi in un arco temporale eccedente i trenta giorni che “la parte del corrispettivo corrispondente al costo del carburante sostenuto dal vettore per l’esecuzione delle prestazioni contrattuali, come individuata nel contratto o nelle fatture emesse con riferimento alle prestazioni effettuate dal vettore nel primo mese di vigenza dello stesso, è adeguata sulla base delle variazioni intervenute nel prezzo del gasolio per autotrazione, ove tali variazioni superino del 2 per cento”. Peraltro, aspetto non certamente secondario, la norma prevede lo stesso correttivo anche per la variazione dei pedaggi autostradali.

Questa disposizione di legge si applica però solo ai contratti di trasporti di durata superiore a 30 giorni e in caso di variazione del costo del gasolio superiore al 2% rispetto al valore preso a riferimento al momento della conclusione del contratto o dell’ultimo adeguamento effettuato. Inoltre, e questo è il vero tema, non è mai stato chiarito se la norma sia inderogabile, e quindi si applichi a prescindere da un richiamo espresso nel contratto, oppure se le parti possano modificarla o addirittura accordarsi per non applicarla.

Secondo alcuni, le parti possono derogare liberamente il meccanismo del fuel surcharge in ragione dell’autonomia negoziale nella determinazione del corrispettivo del servizio di trasporto (principio sancito dal comma 4 dell’art. 83 bis). Secondo altri, invece, la norma sarebbe inderogabile perché a tutela della sicurezza nella circolazione stradale (principio di rango costituzionale richiamato anche nell’art. 4 del Decreto Legislativo n. 286/2005 secondo cui “sono nulle le clausole del contratto di trasporto che comportano modalità e condizioni di esecuzione delle prestazioni contrarie alle norme sulla sicurezza della circolazione stradale”).

L’ultimo strumento è sicuramente più dirompente ma, al contempo, potrebbe incrementare la leva negoziale dei trasportatori e favorire degli accordi commerciali. Quando un contratto diventa, in conseguenza di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, eccessivamente oneroso per una delle parti, la legge ne consente la risoluzione. È possibile sostenere che questo incontrollato incremento del costo del carburante, che incide per oltre il 30% sui costi tipici di un’impresa di autotrasporto, esuli dalla normale alea del contratto.

Insomma, l’eccezionalità del momento dovrebbe integrare i requisiti della straordinarietà ed imprevedibilità. Ed allora, se così fosse, il trasportatore potrebbe domandare la risoluzione del contratto che il committente potrebbe evitare solamente offrendosi di riequilibrare (equamente) il compenso.

La soluzione, probabilmente definitiva, per evitare futuri conflitti tra le parti su questo tema, sarà quella di aggiungere tra gli elementi essenziali del contratto di autotrasporto anche una clausola di adeguamento del carburante, via che sembra essere stata già intrapresa dal Governo con il decreto legge di prossima pubblicazione.

Guardando oltre la situazione contingente, gli effetti delle oscillazioni del costo del petrolio sull’economia reale sono sotto gli occhi di tutti. Ed allora, forse, è il momento di accelerare il percorso di transizione ecologica verso una maggiore sostenibilità ambientale dei trasporti ed una minore dipendenza dai mercati dei combustibili fossili. Non possiamo rischiare che la battaglia di oggi tra committenti e autotrasportatori diventi domani la guerra di tutti.

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