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Nuovo studio del Global Center for Maritime Decarbonisation

Cattura della CO2, i paesi asiatici fanno da apripista

di Redazione

Il trasporto marittimo potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nelle emergenti iniziative transfrontaliere di cattura, utilizzo e stoccaggio della CO2 (CCUS) nell’area dell’Asia Pacifica (APAC).

Alcuni paesi dell’APAC stanno adottando misure per sviluppare la CCUS come pietra angolare del proprio percorso di decarbonizzazione. In particolare, il Giappone, la Corea del Sud e Singapore stanno emergendo come potenziali esportatori di CO2 mentre Malesia, Indonesia, Australia, e Brunei si stanno affermando come potenziali importatori.

Un nuovo studio del Global Center for Maritime Decarbonisation e del Boston Consulting Group prevede che entro il 2050 saranno trasportate nell’APAC circa 100 milioni di tonnellate all’anno di Co2. Un volume importante che richiederà da 85 a 150 navi cisterna per supportare questa scala di attività.

Gli investimenti da sostenere per dotare il trasporto marittimo di queste unità navali potrebbero ammontare a 25 miliardi di dollari entro la metà del secolo.

L’analisi ha rilevato che quando si trasportano 5 milioni di tonnellate all’anno, il trasporto marittimo di CO2 è sicuramente più economico rispetto ai gasdotti che si trovino a distanze superiori ai 500 km dalla costa. Ciò rende il trasporto marittimo un’opzione interessante per le principali rotte CCUS nella regione.

Gli stakeholder devono però affrontare diverse sfide perché le reti CCUS transfrontaliere raggiungano il pieno potenziale, a cominciare da quella economica.

I costi end-to-end di tutto il processo, che va da dalla cattura allo stoccaggio al trasporto via mare della Co2 lungo le rotte dell’Asia Pacifica sono fissati in un range compreso tra i 141 e i 287 dollari a tonnellata di Co2. Sono di fatto dieci volte superiori agli attuali prezzi del carbonio, che nei mercati regionali asiatici variano dai 2 ai 18 dollari a tonnellata di Co2. Secondo lo studio, questo gap potrebbe alla lunga scoraggiare gli investimenti nella CCUS. Servono quindi sussidi statali o incentivi che ne favoriscano lo sviluppo.

Anche le nascenti normative in materia di autorizzazioni, responsabilità e standard pongono ostacoli. Gli analisti dello studio consigliano ai Paesi di accelerare sull’adozione di regole e linee guida chiare per le attività CCUS nazionali e per i trasporti transfrontalieri. L’obiettivo finale è quello di fornire certezza agli investitori.

Ultimo problema, quello correlato alla mancanza di uno standard unico di riferimento per il trasporto di Co2, cosa che potrebbe ostacolare lo sviluppo delle iniziative transfrontaliere di cattura, utilizzo e stoccaggio della Co2.

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