Nei giorni scorsi si è spenta Cecilia Eckelmann Battistello, presidente di Contship Italia e moglie di Thomas Eckelmann, numero uno del gruppo tedesco terminalistico Eurokai.
«Battistello è stata una pioniera nel mondo della portualità italiana e internazionale e ha saputo imporsi in un settore dominato dagli uomini» è il ricordo che ha di lei Maria Gloria Giani Pollastrini, ceo dall’agenzia marittima Pilade Giani, e buona amica di colei che per il suo carisma ha saputo conquistarsi l’appellativo di lady shipping.
«Ci siamo conosciute quarant’anni fa, a Milano. A quel tempo, Cecilia aveva iniziato a lavorare da qualche anno per Contship, società nata nel 1969 per opera dell’armatore Angelo Ravano. Allora la Battistello, non più che trentenne, non sapeva quasi niente di shipping, aveva avuto perlopiù delle esperienze lavorative nel commerciale di tutt’altro settore, ma Ravano, da persona lungimirante qual era, aveva riconosciuto fin da subito in lei un talento unico».
Maria Gloria Giani ricorda ancora il giorno in cui si sono conosciute: «Io ero appena entrata nell’azienda di famiglia e la conobbi nella hall dell’Hotel Michelangelo, in occasione di un convegno sul tema della leadership cui era stata invitata come relatrice. Ricordo ancora il suo incedere elegante, i capelli corvini, lunghi, che le arrivavano al fondo schiena, una parlata nella quale si intrecciavano l’idioma veneto e una inflessione inglese. Era veramente una bella donna. Non passò molto tempo da allora e presto seppe acquisire una consapevolezza delle proprie capacità che ho visto in poche altre persone. Già intravedevi in lei la manager di talento che sarebbe presto diventata».
Giani sottolinea quanta importanza abbia avuto la famiglia Ravano per la sua formazione e la sua carriera: «Angelo era il suo mentore ed è stato la sua fonte di ispirazione. Ne é stata l’erede perfetta ma ha saputo adeguarsi alle sfide di un settore, quello dello shipping, che si stava evolvendo a grande velocità».
La carriera della Battistello è stata fulminea. Con Contship ha lavorato a Marsiglia per poi spostarsi a Cadenazzo in Svizzera, a Rotterdam e poi a Beirut, per seguire le nuove rotte aperte da Contship. Dal 1990 al 1994 fu la prima donna a presiedere la più antica conference marittima, quella tra Inghilterra, India, Pakistan e Bangladesh.
«Negli anni 90 stupì tutti quando decise di colorare di rosa shock e giallo le portacontainer del gruppo, finendo addirittura sulle pagine del Times. Nella vita ci vuole colore, diceva, ed anche in questo sapeva esprimere una femminilità tutta sua, originale e potente, così lontana dagli standard attuali. Non ha mai fatto del suo essere donna una bandiera da utilizzare contro la posizione di predominio che ancora oggi hanno gli uomini nel mondo dello shipping. Il suo femminismo era vero, vissuto» racconta Maria Gloria Giani. «Cecilia non credeva nelle quote rose ma nella capacità della donna di lottare contro ogni forma di appiattimento della vita, contro le imposizioni della tradizione. Assegnava all’intelligenza il grado più alto della produzione economica» aggiunge, sottolineando come fosse molto self-conceided, come dicono gli inglesi, piena di sè («ma poteva permetterselo»).
Maria Gloria Giani ha un ricordo vivido della sua amica: «La Battistello era glaciale nei rapporti umani ma tenace e determinata a lottare per i suoi obiettivi. Quando si faceva un’opinione di una persona, difficilmente tornava indietro. L’unica eccezione, forse, è stata rappresentata da Marco Simonetti, manager del La Spezia Container Terminal e vice presidente di Contship Italia, cui Cecilia è rimasta molto legata da un profondo rapporto di stima. Non è un caso che abbia sofferto moltissimo per la sua dipartita, avvenuta improvvisamente nel 2016».
Il rapporto con Thomas Eckelmann? «Lui la completava come donna, tanto da non aver mai sentito il bisogno di avere dei figli da lui. Mi raccontava che Thomas aveva la propria prole cui badare e che avevano comunque molto da fare. Si può dire che per certi versi bastasse a se stessa, era aperta alle innovazioni, era eclettica e amava profondamente la cultura e la musica a 360 gradi. Era inoltre una salutista, credeva nella medicina alternativa. Ho ancora qui un foglietto scritto di suo pugno, che mi fece avere quando persi il mio primo marito: mi consigliava i fiori di Bach, che riteneva potessero aiutarmi a equilibrare gli stati negativi emozionali».
Un tratto che di lei in pochi conoscono era la sua spiritualità: «Credeva nella vita dopo la morte, tanto che negli occhi del suo cane, un bellissimo pastore tedesco, sosteneva di rivedere occhi a lei cari».
Per Maria Gloria Giani il contributo che la Battistello ha dato allo shipping e al terminalismo internazionale è stato immenso: «Era una visionaria, guardava più in la del qui e adesso. Sapeva interpretare i segni del tempo e intercettare i cambiamenti prima di altri: a Livorno la ricordano ancora oggi per aver saputo dare al porto di Livorno un’alleanza di respiro internazionale e nuovi orizzonti grazie alla collaborazione con la Compagnia Portuale in Darsena Toscana. E’ stata per altro una delle prime a credere nelle potenzialità di sviluppo di Tanger Med, tanto da aver deciso di investire, nel 2019, nella Marsa International Tangiers Terminals, la società concessionaria del futuro terzo terminal container del porto marocchino. Era convinta che il futuro del transhipment di container si sarebbe giocato in Nord Africa e aveva dannatamente ragione».
Maria Gloria Giani ne è convinta: «Definire Cecilia Battistello la leader dello shipping è il minimo che si possa dire. Si è conquistata sul campo l’appellativo di lady shipping, un titolo che non le dispiaceva affatto. Venendo da una famiglia che non faceva questo mestiere è riuscita ad arrivare ai vertici del settore grazie esclusivamente alle sue doti manageriali, diventando un esempio per tutte le donne. Ha avuto delle intuizioni importanti e alla fine dei conti è riuscita a portare in dote al gruppo Contship importanti giri di affari e profitti: ecco, da donna laica, non amava nascondersi dietro al paravento delle disparità di genere per giustificare eventuali fallimenti, ma lottava profondamente per raggiungere i propri obiettivi: ha lasciato in eredità a noi donne l’anelito all’autodeterminazione, il desiderio di autonomia, la volontà di credere profondamente in noi stesse. E credo che questo aspetto vada valorizzato tanto più oggi, nel giorno della festa della donna».