Prima di tutto, una premessa fondamentale: per essere sostenibili non basta tingere di verde un camion o una nave e scrivere a caratteri cubitali la parola “green”. «Non è così che funziona», Daniele Testi rifugge le semplificazioni banalizzanti con la stesso fastidio con cui un turista scaccia le zanzare durante l’estate.
Il lungo tirocinio maturato presso Contship Italia, e la presidenza di SOS Logistica – associazione per la logistica sostenibile composta da più di cento iscritti – consentono a Testi di fornire una visione di insieme in un linguaggio non edulcorato dagli slogan di moda.
La Carta di Padova, lanciata a novembre dell’anno scorso grazie alla volontà di 13 associazioni, è il punto da cui partire per tracciare una rotta per lo sviluppo di una logistica sempre più sostenibile ed efficiente, in grado di rispondere ai nuovi paradigmi strategici e operativi che la Società richiede.
Testi ha avuto modo di affermarlo anche in occasione dell’ultimo convegno organizzato da Assiterminal, “Industria 4.0 e sostenibilità tra porti”. «Sul tema della sostenibilità – afferma – dobbiamo avere un unico linguaggio e non esiste sviluppo sostenibile al di fuori di una logica cooperativa».
In un mondo sempre più globale dove la catena del valore appare parcellizzata, la sostenibilità deve essere sviluppata all’interno della filiera. «Quando si tratta di acquisire sul mercato la fornitura di un servizio logistico, il committente ha oggi come prima preoccupazione il fatto che costi relativamente poco. È il motivo alla base del quale la supply chain viene oggi vista più come un elemento di costo che non di valore».
In una logica cooperativa, «il committente dovrebbe invece rivolgere al fornitore una domanda diversa: che cosa devo fare affinché tu possa sviluppare il tuo prodotto in modo sostenibile? Si tratta di una inversione fondamentale. Solo così possiamo generare un vero scambio di valore».
Il presidente di SOS Logistica si sofferma sul momento di grande trasformazione che sta vivendo l’industria dello shipping. «La pandemia ha creato modelli di sviluppo innovativi. Sta emergendo, da parte delle Istituzioni comunitarie e sovra-nazionali, un chiaro indirizzo di governance e policy dello sviluppo sostenibile, una nuova sensibilità verso un tipo di business che dimostri una capacità rigenerativa con riferimento all’impatto ambientale».
Il momento è insomma propizio per promuovere una radicale trasformazione della logistica. Testi scomoda l’economista, sociologo, attivista e saggista statunitense, Jeremy Rifkin, per spiegare il proprio pensiero: «Lo studioso afferma che i grandi momenti economici di svolta nella storia del mondo si sono sempre verificati quando nuovi regimi energetici hanno potuto convergere con nuovi regimi di comunicazione. Forme rinnovabili di energia – solare, eolico, idroelettrico, geotermico, moto ondoso e biomasse – costituiscono il primo dei tre pilastri della Terza Rivoluzione Industriale. Il secondo pilastro è rappresentato dalla comunicazione web».
Tutto il resto è logistica: «La logistica è diventata il meccanismo attraverso il quale l’uomo ha provato ad espandere la propria fisicità, a diminuire gli spazi e i tempi ai fini dello scambio delle merci. Siamo all’alba di una nuova grande trasformazione, sul tema delle energie rinnovabili e della comunicazione. E siamo all’alba della piena affermazione di una logistica sostenibile, identificata in chiave collaborativa nell’ambito di una cartografia in cui non sono i confini amministrativi e naturali a prevalere, ma i circuiti di reti e di flussi».
Le imprese non possono infatti pensare che le nuove esigenze in materia di sostenibilità possano essere soddisfatte grazie alla messa in campo di soluzioni sporadiche e individuali. Occorre invece impostare la sostenibilità come leva competitiva di filiera: «Fare logistica sostenibile vuol dire questo: che il prodotto di largo consumo che arriva nelle mani del cliente è stato creato, distribuito, immagazzinato, ricevuto secondo logiche mitigative degli impatti sul cambiamento climatico e sugli equilibri socio-economici».
Con la carta di Padova, SoS Logistica ha fatto della sostenibilità un brand, un marchio «che abbiamo schematizzato in venti sfide e 140 elementi di macro-trasformazione attraverso i quali i committenti, gli operatori e i logisti possono fotografare il grado di maturità raggiunto sui temi green e i gap da superare per essere più sostenibili».
L’obiettivo è quello di includere il cliente a valle della catena del valore, di generare nuovi cambi di paradigmi sui modelli di economia circolare, sull’uso delle energie rinnovabili, sullo sviluppo di politiche e regole ai fini dell’efficientamento dei processi di distribuzione, movimentazione, stoccaggio e trasporto.
«No, essere sostenibili non vuol dire prendere un camion e dipingerlo di verde. C’è ben altro: per dirla con Rifkin quello che dobbiamo fare è creare una partnership del valore con lo scopo di istituire progetti faro per la Terza Rivoluzione Industriale».