Come noto, una delle tante conseguenze della crisi del Mar Rosso è stata quella di aver contribuito ad allungare i tempi di navigazione lungo le rotte transatlantiche, per via della scelta obbligata da parte dei carrier di deviare verso il Capo di Buona Speranza. Ciò ha anche favorito un aumento della domanda di trasporto lungo il trade transpacifico, diventato assai più remunerativo rispetto al passato.
Dai dati pubblicati recentemente da Alphaliner emerge come lo scorso mese risultassero essere state impiegate lungo i servizi di collegamento eastbound tra l’Asia e il Nord America ben 562 portacontainer, per una capacità complessiva di 5,37 milioni di TEU, il 4,2% in più rispetto a novembre 2024.
Ad oggi questo trade assorbe praticamente il 17% della capacità complessivamente impiegata lungo le principali rotte commerciali. Soltanto il trade Asia-Europa riesce a fare meglio, assorbendo il 24% della flotta globale.
Il periodico specializzato The Loadstar evidenzia inoltre come i traffici tra l’Estremo Oriente e il Messico stiano facendo registrare proprio in questo momento il pieno di prenotazioni. I caricatori in import sono chiaramente ansiosi di far arrivare le merci dal Messico negli USA prima che scatti la tagliola delle nuove tariffe doganali proposte dal presidente eletto Donald Trump.
Considerato da tempo la porta d’Oriente degli Stati Uniti, almeno da quando la prima presidenza Trump ha introdotto i dazi doganali sulle importazioni cinesi, costringendo Pechino ad utilizzare il suolo messicano come sito di produzione alternativo, il Paese latino-americano sta vivendo con apprensione l’evolversi della politica protezionistica trumpiana.
Il recente annuncio del presidente eletto degli USA di imporre ulteriori dazi del 10% su tutte le importazioni dalla Cina e del 25% sulle merci provenienti dal Canada e dal Messico potrebbe d’altronde ridurre gli scambi commerciali tra gli USA e questi paesi, contribuendo al contempo a fornire un nuovo stimolo alle esportazioni asiatiche provenienti dal Vietnam, dalla Corea del Sud e dalla Thailandia. La Cina, in particolare, potrebbe anche valutare la possibilità di accelerare i propri investimenti nel sud est asiatico o in India, con il chiaro tentativo di aggirare le nuove tariffe, così come fatto sino ad oggi con il Messico.
La situazione è in insomma in movimento, ma il trade transpacifico rimane ad oggi estremamente appetibile, con prospettive di sviluppo anche nel medio periodo.
Quantunque risultino essere sotto pressione da metà novembre, con delle quotazioni che ad oggi hanno toccato i 4000 dollari a FEU sull’Asia-US West Coast, c’è chi tra gli esperti sostiene che le tariffe si manterranno comunque su livelli elevati, anche per via della possibile corsa al front-loading natalizio da parte degli importatori statunitensi. Che sono in ansia non soltanto per i possibili sviluppi del neo-protenzionismo trumpiano, ma anche per le sorti della difficile trattativa tutt’ora in corso tra l’International Longshoremen’s Association e i datori di lavoro, rappresentati dall’United States Maritime Alliance (USMX). Le posizioni tra le parti rimangono distanti. E la deadline del 15 gennaio è sempre più vicina. Si materializza quindi il pericolo di un nuovo sciopero dopo quello che ha agitato le banchine dei porti della costa orientale tra il 3 e il 6 ottobre.
Sempre Alphaliner segnala come lungo i collegamenti transpacifici tra l’Asia e le Americhe si stia intanto scatenando una competizione a tre, con COSCO, Maersk e CMA CGM impegnate a contendersi il primo posto.
Questi vettori detengono i primi tre posti, ciascuno con una quota di mercato sulla rotta compresa tra il 13,2% e il 12,9%.
CMA CGM ha riconquistato la prima posizione su Maersk, che aveva superato la sua rivale a novembre del 2023 grazie alla programmazione di partenze extra. Ora Maersk è al secondo posto, rappresentando il 13,1% della capacità transpacifica.
Anche Cosco Shipping rimane saldamente in lizza per il comando, ed è oggi al terzo posto con un market share del 12,9%. Il trio controlla su questa rotta il 39,2% della quota di mercato totale.
Guadagna posizioni anche Evergreen, che ha introdotto lungo questo trade nuove portacontainer da 15000 TEU, arrivando a detenere sull’Asia-Nord America una quota di mercato dell’11%. Grazie anche alle performance del vettore taiwanese, l’Ocean Alliance composta, oltre che da Evergreen, anche da CMA CGM e COSCO, è arrivata a detenere su questo trade il 36,7% della quota di mercato complessiva.
Anche The Alliance, composta da ONE, HMM e Yang Ming, ha fatto registrare un aumento della propria presenza su questa rotta, grazie anche all’introduzione di nuovo tonnellaggio.
Al di fuori delle varie alleanze, i carrier che sono riusciti a far registrare la crescita maggiore sul traffico transpacifico sono Wan Hai Lines e Zim, con una capacità in aumento rispettivamente del 39,3 e del 24,1% su base annuale. Anche i vettori più piccoli hanno quindi sfruttato le opportunità derivanti dall’aumento dei volumi di merce containerizzata lungo i collegamento tra l’Asia e il Nord America.
Sesta posizione nella classifica per MSC, che pure controlla il 20,2% della capacità mondiale. Il vettore italo-svizzero detiene sul trade transpacifico un market share dell’8,2%.