«Dobbiamo accettare l’idea che le situazioni emergenziali siano sempre più frequenti. In un mercato che cambia velocemente e nel quale gli eventi avversi si moltiplicano in modo imprevedibile, occorre dotare le Autorità Portuali di strumenti moderni che possano aiutarle a essere flessibili e ancora più efficienti rispetto al passato».
Parte da qui la riflessione che il presidente di Assoporti, Rodolfo Giampieri, ha deciso di condividere con Port News, in questa intervista di inizio anno.
«L’escalation della tensione politica nel Medioriente non era programmabile» dice. «La crisi innescata dai blitz marittimi degli Houthi e dal conflitto tra Israele e Hamas ha rimesso in discussione la rinnovata centralità che il Mediterraneo aveva cominciato a riacquisire per effetto delle nuove tendenze di filiera» aggiunge, sottolineando come i problemi di approvigionamento emersi durante il periodo pandemico avessero spinto le imprese a riallocare le proprie catene produttive, spostandole ai Paesi vicini ai loro mercati e in fusi orari simili per minimizzare potenziali interruzioni.
Paesi come la Turchia e quelli africani del Maghreb si erano quindi trovati ad avere un ruolo strategico, dando un nuovo impulso agli scambi commerciali intra-regionali nel Mediterraneo e favorendo un ulteriore sviluppo del traffico rotabile, su cui – precisa ancora Giampieri – «l’Italia eccelle, grazie anche all’eccellente capacità organizzativa degli armatori italiani».
La posizione di vantaggio competitivo acquisita dai paesi del Mare Nostrum rischia però di venire compromessa dalla tensione mediorientale e dalla decisione delle compagnie di navigazione di evitare il canale di Suez per motivi di sicurezza: «Sappiamo che il 40% dell’import/export italiano passa da questa via di transito. E’ evidente che la situazione economica potrebbe addirittura diventare insostenibile in mancanza di una auspicabile risoluzione della conflittualità nel Mar Rosso» è la riflessione che Giampieri consegna a Port News.
E’ indubbio, infatti, che la circumnavigazione dell’Africa sta tagliando i porti del Mediterraneo dagli scambi commerciali est/ovest, a tutto vantaggio di quelli del Northern Range: la rotta più lunga rende più conveniente risalire fino in Nord Europa, evitando il passaggio dallo stretto di Gibilterra. Per questi motivi, il presidente di Assoporti auspica «che la diplomazia riesca a stemperare la crisi e far sì che la tensione non aumenti».
Nel frattempo, però, i porti italiani e, con essi le Autorità di Sistema Portuale, non possono restare esposti alla volatilità, al caso e ai fattori stress esogeni. «Occorre reagire – dice l’intervistato -;nel mare in tempesta bisogna che il timoniere mantenga la barra a dritta. Serve una guida forte: nella certezza si lavora meglio che nell’incertezza».
Il n.1 dell’Associazione dei porti italiani si riferisce in particolar modo al percorso di riforma della governance del sistema portuale italiano avviato dal Governo l’anno scorso. Il Ministero delle Infrastrutture è al lavoro per importare il decreto di legge delega su cui avviare l’iter: «Voglio ricordare che durante la pandemia, a differenza di altri paesi, i porti italiani sono rimasti aperti. Ciò è stato possibile grazie ad una organizzazione del lavoro molto severa, precisa e professionale. Si dice spesso che nelle emergenze gli italiani danno il meglio di sé. Quello che dobbiamo fare e mettere a sistema le potenzialità della portualità nazionale e far sì che possa esprimersi pienamente a livelli di eccellenza anche al di fuori delle situazioni emergenziali».
Per Giampieri occorre uscire dalla ridotta di una visione territorialista e autoreferenziale della portualità, oggi così lontana dai processi e dalle dinamiche del mercato: «Dobbiamo superare l’ostacolo mentale rappresentato da una competizione al ribasso giocata tra porti vicini. I nostri competitor sono là fuori, si trovano in Nord Europa, in Spagna, al di fuori dei confini nazionali» dice, indicando la rotta di una strategia unica, nazionale: «I porti rappresentano l’economia reale. Nei porti ci sono gli investimenti e ci lavorano le persone. I porti definiscono momenti di crescita economica e occupazionale importanti. Una economia di mercato non può vivere di iniziative isolate, strabiche, non riferite a un contesto unico. In definitiva, vanno superati i campanilismi e gli orticelli».
Centrale in questa discussione è il tema dello sviluppo del capitale umano e dell’organizzazione del lavoro portuale discendente dall’applicazione delle norme di cui agli artt. 16. 17 e 18 della L. 84/94: «La decisione dell’Agenzia per il Lavoro Portuale di Triste di avviare i propri lavoratori alle manovre ferroviarie dà un segnale importante perché dimostra concretamente che essere resilienti non significa soltanto adattarsi ai mutamenti ma percorrere nuove strade e sostenere un approccio al lavoro più aperto. Si tratta di una soluzione da seguire con interesse, e di un elemento di cui discutere anche nell’ambito del processo di riforma della legge 84/94».
Alla opportunità di una modernizzazione dei modelli di lavoro in porto deve aggiungersi, come obiettivo parimenti prioritario, la questione del rinnovo del Contratto Collettivo dei lavoratori portuali, giunto più volte ad una fase di stallo nell’anno appena trascorso, e oggi in cima all’agenda politica di Assoporti: «La trattativa non è ancora chiusa» ammette Giampieri. «Le esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici vanno tutelate, senza con ciò andare a gravare sui bilanci delle imprese, soprattutto in un periodo congiunturale complesso come quello che stiamo vivendo, caratterizzato da un’alta volatilità. Dobbiamo trovare la quadra usando anche un po’ di fantasia: è auspicabile che la partita si chiuda con la soddisfazione di tutti e sono convinto che sarà così, anche perché abbiamo forze sindacali e datoriali molto responsabili».
Ultimo tema affrontato, quello dei dragaggi, che Giampieri considera una vera e propria spina al fianco della portualità italiana: «Il porto di Rotterdam riesce a dragare milioni e milioni di metri cubi di sedime ogni anno, utilizzando una parte di quel materiale per la realizzazione di banchine e piazzali. Vorrei che anche in Italia fosse possibile dragare con la stessa facilità ma sappiamo che non è così».
Il presidente di Assoporti dice di nutrire forti aspettative sul processo sul processo di semplificazione avviato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica in materia di dragaggi portuali. «La sfida da vincere – afferma – è quella di far capire che il materiale risultante dalle attività di dragaggio non è un rifiuto da trattare e smaltire ma un elemento di ricchezza che una volta selezionato potrebbe essere reintrodotto nell’economia circolare e adattato ai più svariati usi. Se riusciremo mai ad ottenere questo risultato, avremo fatto un enorme passo in avanti in direzione dell’efficienza e dell’efficacia operativa dei nostri porti».
La guerra in Medioriente, le incertezze legate all’escalation della tensione geopolitica nel Mar Rosso, le aspettative sul percorso di riforma della legge 84/94 e sull’avvio di un processo di modernizzazione del lavoro portuale e delle attività di dragaggio. Le grandi sfide per il 2024 non sono poche. Al centro di tutto ci sono i porti, gli investimenti e, soprattutto, le persone che ci lavorano.
Al centro di tutto c’è, in poche parole, la comunità, che direttamente e indirettamente fruisce dei beni e dei servizi “prodotti” dai nostri sistemi portuali. Non è un caso che Giampieri dedichi l’ultimo suo pensiero al rapporto porto/città: «Qualunque sia l’idea di portualità che abbiamo in mente di sviluppare – dichiara -, essa non può essere promossa in contrasto con la comunità. Dobbiamo far sì che il dialogo con la città sia sempre aperto, laico e pragmatico. E’ importante far capire ai cittadini che avere un porto alle spalle della propria città è una vera e propria fortuna. Sta a noi a impegnarci perché questa fortuna crei una ricchezza diffusa e riconoscibile».