Dopo i buoni guadagni incamerati a cominciare dalla fine del 2021, il mercato del break bulk si avvia ora verso una fase di leggera correzione verso il basso, anche se i noli si mantengono comunque ben al disopra dei livelli Pre-Covid.
«Sono finiti i tempi in cui i noli elevati del trasporto marittimo di container avevano indotto molti operatori a caricare la propria merce in break bulk sulle navi multipurpose» afferma a Port News lo Shipbroker Fulvio Carlini, spiegando come la scarsa capacità offerta dal settore contenitori e la maggiore convenienza ad utilizzare le unità bulk carrier avesse favorito col tempo una impennata dei costi per quest’ultimo tipo di trasporto.
«Se nell’ultimo anno e mezzo il mercato charter del Multipurpose ha beneficiato di una situazione congiunturale favorevole, oggi le tariffe di nolo stanno progressivamente calando anche se rimangono comunque più alte del 75/80% rispetto ai livelli di inizio 2021. Tutto ciò è valido per navi di dimensioni fino a 7/8.000 tonnellate di Deadweight Cargo Capacity, mentre nel Deep sea le cose sono andate e stanno andando in maniera molto diversa».
Il presidente designato della Federazione mondiale degli agenti marittimi (Federation of National Associations of Ship Brokers and Agents, FONASBA) conosce molto bene il settore, gestendo personalmente la Conti Carwil Ltd, joint venture con l’armatore belga Conti Lines, specializzata nel traffico short sea dal Mediterraneo al Nord Africa e dal Nord Africa al Nord Europa.
«Il super-ciclo economico iniziato un paio di anni fa e durato fino a quasi tutto il 2022 ha sicuramente favorito i big carrier attivi nel trasporto dei contenitori ma ha anche messo in evidenza la duttilità di un traffico, quello del break bulk, che rimane fondamentale nei trasporti regionali e oceanici» aggiunge Carlini, sottolineando come nel mondo soltanto il 10/12% delle merci si muova nei box. «Ormai impera la monocultura del contenitore – dice – ma non dobbiamo dimenticarci che il grano o la carta arrivano a bordo di navi Break-Bulk, come quasi tutte le materie prime o la gran parte dei semi-lavorati».
Chiaramente, l’andamento del settore va analizzato sotto due profili diversi. In ambito regionale, costiero (il cosiddetto short sea), dove operano principalmente navi tra le sette e le quindicimila tonnellate di capacità, e dove si trasportano prevalentemente prodotti semi-finiti o finiti, «i noli sono più che raddoppiati nell’arco di otto mesi, da settembre/ottobre 2021 a metà 2022. Il settore è riuscito ad assorbire, meglio di altri, il problema del caro bunker, mentre le nuove tendenze di reshoring (lo spostamento in Europa di produzioni prima localizzate nel Far East) hanno sostenuto la domanda di trasporto, mantenendola su livelli alti».
L’ultimo picco dei noli è stato registrato tra Luglio e Agosto 2022, poi il mercato ha iniziato la sua discesa. «In questo momento ci troviamo in un periodo di calma, e non si è vista per ora una reale ripartenza» fa osservare ancora Carlini.
Oggi a mantenere stabili i noli sono soprattutto i problemi di operatività di cui soffrono molti porti del Mediterraneo e del Nord Europa, derivanti più che altro dalla mancanza di personale: «Dopo il Covid, i terminal portuali si sono trovati a corto di personale e non hanno ancora provveduto, o hanno provveduto in minima parte, ad assumere i lavoratori che servono per soddisfare le attuali esigenze di carico» dice Carlini, aggiungendo che «specie in quest’ultimo periodo, i tempi di permanenza delle navi break bulk nei porti si sono allungati. Al mercato è quindi stata sottratta la capacità di stiva di cui aveva bisogno per soddisfare la domanda».
In ambito deep sea (nei trasporto oceanici), dove vengono trasportate principalmente materie prime e dove le scelte di consumo della Cina hanno un impatto profondo sul settore, la situazione è molto diversa. «Fattori chiave come la guerra in Ucraina e la bassa produttività cinese hanno chiaramente inciso sull’andamento dei traffici, soprattutto transpacifici. I noli oggi sono di poco superiori ai livelli di metà/fine 2021, dopo che fino a metà 2022 erano saliti in maniera considerevole».
Lo shipbroker guarda al futuro con un misto di speranza e preoccupazione. «La decarbonizzazione – afferma – impatterà pesantemente su tutto lo shipping e, soprattutto, sul break bulk, dove abbiamo navi molto vecchie, con un’età media che si aggira tra i 23 e i 25 anni, specie nelle piccoli size».
Il perché è presto detto: «Il mercato è rimasto sostanzialmente depresso dal 2009 al 2021, disincentivando gli ordini di nuove navi da parte degli armatori attivi in questo settore. L’effetto è stato quello di una progressiva obsolescenza della flotta break bulk».
Con l’introduzione delle nuove normative relative alla sostenibilità ambientale, dal CII dell’IMO, al più articolato Fit for 55 dell’UE, «avremo sicuramente un progressivo ringiovanimento della flotta navale, con la dismissione delle unità più vecchie o il loro utilizzo in impieghi diversi. In attesa dell’immissione di nuovo naviglio, il settore soffrirà di una carenza di capacità. Cosa, questa, che contribuirà ad alzare i noli».
Fulvio Carlini conclude le sue osservazioni con una riflessione sull’Italia: «Tempo fa, riferendomi per altro a un commento rilasciato dal presidente dell’AdSP di Trieste, Zeno D’Agostino, dissi che solo facendo squadra i porti avrebbero potuto offrire le risposte che le merci chiedevano. Purtroppo, l’Italia rimane ancora oggi il Paese delle piccole Repubbliche marinare dove scali portuali vicini si fanno concorrenza tra di loro».
Il broker pensa ad Anversa e a Zeebrugge. «In Belgio sono riusciti a fare sistema. I due porti si sono divisi i traffici, quello che fa l’uno non fa l’altro e viceversa. Dovremmo prendere esempio da loro. Purtroppo, dobbiamo ancora imparare a fare sistema e per farlo abbiamo bisogno di menti illuminate e di una scelta di campo netta a livello nazionale: ogni porto dovrebbe avere una sua specializzazione».
Carlini ne è convinto: «Nel nostro Paese manca la politica con la P maiuscola, vista come capacità di visione. Continuiamo ad essere troppo localistici e a non pensare in grande. In questi anni non si è sviluppata una reale cultura industriale e logistica».
Diversa è la situazione dal punto di vista armatoriale: «Grimaldi è un esempio chiaro di quello che si può fare quando c’è una visione precisa e quando un gruppo di persone riesce a fare squadra, specializzandosi in un traffico preciso. Nel break bulk ci sono diversi armatori che operano nell’area napoletana. Se unissero le forze, potrebbe nascere un operatore importante in questo settore e ciò sarebbe di enorme beneficio per l’economia nazionale e, in particolare, quella regionale».