Il TAR Lazio si è pronunciato con sentenze brevi nei procedimenti promossi da Zeno D’Agostino e dall’AdSP del Mar Adriatico Orientale contro la delibera a firma del Presidente dell’ANAC in data 4 marzo 2020, n. 233 «relativa all’accertamento di una situazione di inconferibilità di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 39/2013, con riferimento all’incarico di Presidente dell’AdSP del Mare Adriatico Orientale». Il Tribunale amministrativo ha accolto il primo motivo di ricorso, dichiarandone la fondatezza dirimente.
L’ANAC ha infatti fondato la delibera impugnata sulla asserita violazione dell’art. 4 del D.Lgs. 39/2013, che così recita: «A coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’incarico ovvero abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico, non possono essere conferiti: a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali; b) gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale; c) gli incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico settore o ufficio dell’amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento».
La norma si basa su tre presupposti indefettibili e necessariamente coesistenti:
• che il potenziale destinatario dell’incarico abbia svolto, nei due anni precedenti, incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato finanziati o regolati da una amministrazione o da un ente pubblico;
• che gli incarichi non conferibili siano quelli indicati alle lettere a), b) e c);
• che a conferire l’incarico sia l’amministrazione o l’ente pubblico che finanzia o regola l’ente di diritto privato in cui il destinatario dell’incarico abbia svolto incarichi o rivestito cariche nei due anni precedenti.
Il TAR fa notare ad ANAC che:
• l’Autorità competente alla nomina dei Presidenti delle AdSP è il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,
• il MIT non svolge alcuna attività di finanziamento né ha poteri regolatori su TTP S.p.A.
L’inapplicabilità della norma citata è dunque di palese evidenza per il TAR Lazio, secondo il quale l’ANAC – in virtù di un evidente intento giustizialista – pretenderebbe di estendere l’applicazione di norme di tale portata a casi non strettamente contemplati, facendosi interprete di una presunta, ma non espressa, volontà del legislatore.
La pronuncia del TAR è di rara forza laddove statuisce che «trattandosi, dunque, di norma di stretta interpretazione, non ne è consentita l’applicazione estensiva operata dall’ANAC». Il Tribunale prosegue aggiungendo che «trattandosi di conflitto di interessi che deve sussistere ed essere rilevabile al momento del conferimento, è precluso all’ANAC di intervenire in fattispecie in cui l’ipotetico conflitto di interessi non sussista nel momento genetico del rapporto ma sopraggiunga, in ipotesi, nella fase funzionale, per di più in ragione di un mutamento di giurisprudenza che, in quanto tale, in una materia quale quella in esame, non può che essere maturato con specifico riferimento alle singole fattispecie ivi di volta in volta esaminate».
Il TAR non manca infine di sottolineare una sorta di malafede di ANAC nell’applicazione di una norma che ben sa essere inapplicabile in difetto dei presupposti, tanto da averne lei stessa ripetutamente richiesto la correzione al legislatore. A tal proposito il Tribunale amministrativo fa osservare come l’ANAC, ancora con segnalazione n. 1/2017 (dunque successiva alla nomina del dott. D’Agostino a Presidente dell’AdSP), insistesse su quanto già rilevato con l’atto di segnalazione n. 4/2015 (antecedente alla nomina del dott. D’Agostino), chiedendo al legislatore un intervento correttivo volto, tra l’altro, ad «eliminare, per la figura del Presidente, il riferimento alle deleghe gestionali dirette, fonte fin qui di equivoci e di interpretazioni contrastanti».
Il rilievo che precede corrobora la conclusione che l’atto di conferimento, nel momento in cui è stato adottato, era pienamente legittimo anche sotto tale profilo, alla stregua del significato letterale della disposizione dettata dall’art. 1, comma 2, lett. l), D.Lgs. 39/2013, (ben noto all’ANAC tanto da aver avvertito ripetutamente l’esigenza di sollecitare al legislatore un intervento correttivo), disposizione sulla quale non si era ancora delineata l’interpretazione estensiva predicata dalla giurisprudenza successivamente formatasi.
Il TAR conclude dichiarando l’annullamento del provvedimento impugnato e respingendo la domanda risarcitoria patrimoniale avanzata da Zeno D’Agostino, puntualizzando che andrà reintegrato nel suo ruolo con elisione del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, meramente enunciato, per l’eco che avrà la pubblicazione della sentenza.
Una brutta pagina per ANAC che esce dal procedimento con le ossa rotte, non tanto per la sconfitta processuale quanto per le motivazioni che evidenziano un atteggiamento sopra le righe di un’Autorità indipendente che risulta ancora una volta inadeguata al ruolo e rabbiosa nel perseguire obiettivi ultronei rispetto al compito istituzionale.
Questa volta la Giustizia ha fatto il suo corso in tempi rapidissimi, ma il rischio di danni irreparabili per il sistema portuale dell’Adriatico Orientale e per il Paese non deve essere sottovalutato, il ruolo di ANAC deve essere ripensato alla luce degli accadimenti e un’indagine sulle circostanze che hanno portato all’emissione di un provvedimento, tanto infondato giuridicamente quanto grave e poco meditato dal punto di vista sostanziale e degli effetti, è sicuramente auspicabile per evitare situazioni analoghe in futuro.
Nel frattempo non sorprenderebbe del tutto se ANAC, che ha già dato prova di non curarsi granché del principio di leale collaborazione tra Enti dello Stato, decidesse di interporre appello avverso le sentenze del TAR Lazio.