No, non bastavano le interruzioni della supply chain provocate dalla diffusione della variante Delta, non solo negli Stati Uniti e in Europa ma anche nelle regioni asiatiche, come Singapore, Hong Kong e Busan in Corea del Sud. Ora ci si mettono anche le inondazioni che negli ultimi giorni hanno colpito parte dell’Austria e le aree meridionali della Germania, definite da alcuni il peggior disastro naturale dell’ultimo secolo.
Se fossimo al Cinema, potremmo trovarci di fronte al classico film di spionaggio su un presunto complotto plutocratico per il dominio del mondo. Tutto contribuisce ad alimentare la vulgata di una portualità sempre più sotto pressione, costretta ad affrontare continui pericoli di congestione. Tutto contribuisce a giustificare l’aumento costante e progressivo dei noli nel trasporto della merce containerizzata.
Lo Shanghai Containerized Freight è ormai diventato un termometro per misurare i guadagni che i big carrier realizzano ogni giorno. La scorsa settimana le tariffe di nolo sono aumentate di un altro 3% sulla settimana precedente. Per trasportare un container da venti piedi da Shanghai verso il Nord Europa e il Mediterraneo ci vogliono rispettivamente 7.032 e 6.893 dollari.
Secondo gli esperti, i livelli dovrebbero continuare a rimanere elevati per tutto l’anno a causa della scarsità di slot disponibili a bordo nave. Tanto che per assicurarsi la certezza che la propria merce venga spedita, un caricatore è costretto a pagare valori più che doppi rispetto a quelli imposti dalle tariffe normali. Oggi non puoi avere la sicurezza che un container arrivi a destinazione se non sei disposto a pagare all’armatore extra tariffe sui prodotti ad alto valore aggiunto (VAD) o se non sei pronto a mettere nel conto i cosiddetti congestion surcharge imposti da molti carrier per affrontare le numerose sfide logistiche che rendono difficoltose le operazioni di trasporto.
Il fatto è che un armatore trova sempre il modo di cascare in piedi. Con buona pace per gli spedizionieri e caricatori, su cui invece si sta scaricando il costo di una emergenza che non è mai stata solo pandemica.
In una comunicazione agli investitori, il presidente di Yang Ming, Fur-Lung Hsieh, ha sottolineato come i colli di bottiglia rimangano il principale problema del mercato e ha negato che l’aumento dei noli sia riconducibile ad un comportamento monopolistico dei settore. Resta ancora da vedere se ciò sia vero.
Da questo punto di vista, lascia ben sperare la nuova, coraggiosa, iniziativa che il Governo USA ha deciso di promuovere nelle ultime settimane. Il Presidente Joe Biden ha infatti firmato un nuovo ordine esecutivo che tra le altre cose mira a rafforzare il controllo sulle ferrovie e sui vettori marittimi per reprimere eventuali comportamenti anti-concorrenziali nel trasporto delle merci.
Sull’onda emotiva generata dall’executive order, la Federal Maritime Commission e la Divisione Antitrust del Dipartimento di Giustizia americano hanno deciso di sottoscrivere un memorandum of understanding, prevendo la possibilità di lanciare un nuovo programma di audizioni.
Secondo quanto riportato in una nota stampa del Department of Justice, il protocollo d’intesa consentirà alla Divisione Antitrust e alla FMC di riesaminare le questioni normative che interessano la concorrenza nel settore marittimo.
L’obiettivo è anche quello di monitorare le dinamiche commerciali in atto e capire perché, in 12 mesi, tra marzo 2020 e marzo 2021, le extra tariffe applicate per la sosta in piazzale e/o per la riconsegna del container vuoto alla compagnia di navigazione oltre il periodo di franchigia siano mediamente raddoppiate rispetto ai valori dell’anno precedente.
Secondo quanto riportato dal Lloyds List le detention&demurrage charge oggi rappresentano mediamente il 20% di quanto complessivamente guadagnato da un armatore. Vedremo se la FMC riuscirà a a fare fino in fondo il proprio lavoro. Come scriveva Umberto Eco, la verità è una giovinetta tanto bella quanto pudica e perciò va sempre avvolta nel suo mantello.
Quel che è certo è che gli alti guadagni nel mercato stanno alimentando nuove speculazioni sul mercato delle costruzioni. La rincorsa al gigantismo navale non ha ancora esaurito la propria spinta propulsiva. A certificarlo è la stessa Yang Ming, che ai propri investitori ha affermato di voler valutare progetti per la realizzazione di nuove navi da 23.000/24.000 TEU.
Il passato è passato, dice Faust. La lezione della Ever Given, gigante da 20.000 TEU incagliatosi per traverso lungo il Canale di Suez, pare ad oggi essere rimasta inascoltata. Chi scrive ricorda quanto affermato su queste colonne da Giuliano Gallanti sul tema del prepotente ruolo esercitato nell’ambito dello shipping dalle nuove megaship. L’Avvocato dei moli riteneva necessario che i porti cominciassero a introdurre modelli operativi sostenibili, a porre vincoli di accesso a costo di scontrarsi con i propri clienti.
Per Gallanti le autorità di regolazione e la politica avrebbero dovuto esercitare un ruolo proattivo in questo senso. Sono passati più di tre anni da quando l’ex presidente dell’Autorità Portuale di Genova ha condiviso le proprie osservazioni. Quel che è accaduto da allora è sotto gli occhi di tutti.
La sensazione è che, al pari di Roberto de la Grève, ci si trovi nel meridiano antipodo, sospesi tra l’ieri e il domani. Le dissertazioni, osservazioni sui mali dello shipping si ripetono con una certa frequenza, senza che si approdi però mai all’Isola vagheggiata, alla soluzione sperata.
Spettatori antipodi dall’infinita distesa di un oceano, continuiamo a scorgere un orizzonte sconfinato.